Se il Regno Unito ha previsto di uscire dall’incubo Covid entro l’estate, rispettando una road map formata da quattro step, gli Stati Uniti non vogliono essere da meno. Joe Biden ha promesso che ogni adulto del Paese sarà in grado di vaccinarsi entro la fine di maggio, con ben due mesi di anticipo rispetto alle precedenti stime governative. Una previsione troppo ottimista? Difficile dirlo con certezza, anche se il ritmo di vaccinazione tenuto da Washington continua a essere imponente. A oggi si contano 51,75 milioni di persone che hanno ricevuto almeno la prima delle due dosi necessarie del vaccino, 78,6 milioni di dosi somministrate e un incremento giornaliero di quasi 2 milioni di nuovi immunizzati.
In aggiunta all’efficientissimo piano vaccinale, è importante sottolineare il progressivo rallentamento della curva epidemiologica. Il numero di nuovi casi di coronavirus registrati negli Stati Uniti diminuisce quasi quotidianamente da metà gennaio. Basti pensare che il 2 febbraio sono stati rilevati circa 53.000 nuovi casi, stando ai dati della Johns Hopkins University. Questo significa un calo pari a 58.810 unità rispetto al giorno precedente e una diminuzione di 71.436 infezioni di una settimana prima. Il numero di decessi è sempre piuttosto elevato, ma il presente sembra sotto controllo.
Fuori dall’incubo?
In 43 giorni di presidenza Biden, sono state complessivamente inoculate 62,9 milioni di dosi. Ricordiamo che il 14 gennaio il presidente americano aveva fatto un’altra promessa; il governo Usa avrebbe somministrato 100 milioni di dosi in 100 giorni. Sempre sui vaccini, è stato recentemente annunciato un accordo che prevede la collaborazione di Merck & Co alla produzione del vaccino monodose Johnson & Johnson. Quest’ultimo è il terzo vaccino arrivato sul mercato statunitense, dopo i sieri di Pfizer-BioNTech e Moderna, entrambi “a due dosi”.
Considerando il gigantesco numero di vaccinati, e le promesse di Biden, gli Stati Uniti si avviano dunque verso un graduale ritorno alla normalità. La macchina organizzativa del Paese, tanto bistrattata durante la presidenza Trump, sta funzionando alla perfezione. Emblematico il caso del Texas, dove, grazie anche all’apporto dell’esercito, si somministrano quasi 1 milione di dosi settimanali.
Nello Stato meridionale, dato il calo dei contagi, le autorità hanno abolito l’obbligo di indossare le mascherine protettive e, a partire dal prossimo 10 marzo, tutte le attività commerciali – dai ristoranti alle palestre passando per le sale cinematografiche – ripartiranno senza limitazioni. Un discorso simile può essere fatto anche per Mississipi e Florida, entrambi a guida repubblicana proprio come il Texas.
Una ricetta vincente
Nonostante la situazione stia migliorando, e si respiri quasi ovunque la voglia di tornare alla tanto agognata normalità, anche qui, come nel resto del mondo, non mancano i profeti di sventura. Siamo di fronte a un mezzo paradosso, visto che Biden, se da un lato può vantarsi degli ottimi risultati ottenuti – la maggior parte dei quali resa possibile grazie al precedente lavoro di Donald Trump -, dall’altro critica le aperture decise dalle amministrazioni repubblicane. C’è, poi, da fare i conti con l’ultimo avvertimento rilasciato dal Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), dell’ipotesi di una quarta ondata imminente e di un boom di decessi provocato dalle varianti (si parla di una media di 2mila morti al giorno).
In ogni caso, gli Stati Uniti, proprio come il Regno Unito, sembrano aver trovato la ricetta vincente. Quali sono gli ingredienti fondamentali? Intanto il fatto che Washington consideri la campagna di vaccinazione come una sorta di operazione militare, e che non ci sia spazio per la burocrazia. Tutto ciò – e arriviamo al secondo ingrediente – ha spinto le autorità a mobilitare il Pentagono e la guardia nazionale, oltre che richiamare in servizio medici e infermieri in pensione per supportare le autorità sanitarie. Prossimo step: vaccinare entro la fine del mese di marzo gli insegnanti degli istituti pubblici e federali.