Una nuova narrazione si sta imponendo nei media americani: limitare il diritto di comprare e portare armi è razzista. Articoli anche su media mainstream, non solo su riviste di area libertaria, stanno iniziando a ricordare le origini razziste del “gun control”, cioè della legislazione volta a limitare il possesso di armi. Perché?
La società sta cambiando in fretta, in tempi di turbolenza politica e di emergenza sanitaria. E a comprare armi, dal 2020, sono soprattutto donne e neri. Secondo le statistiche della National Shooting Sports Foundation nel 2020 il 40% delle pistole e dei fucili è stato venduto a persone che li acquistavano per la prima volta. Si tratta di circa 5 milioni di persone in più. È quasi il doppio rispetto alla media annuale che comprendeva, negli ultimi decenni, un 24% di neofiti delle armi da fuoco. Fra questi, l’aumento di vendite a cittadini afroamericani (uomini e donne) è aumentato del 58%, mentre le donne (di tutte le etnie) costituiscono il 40% dei nuovi acquirenti. Questi dati riguardano il periodo da marzo a settembre 2020, i mesi dei lockdown e delle maggiori restrizioni di movimento. La corsa ad acquistare armi è leggermente calata nel 2021: l’anno scorso sono state comprate 18 milioni di pistole e fucili, contro i 21 milioni del 2020. Ma si tratta del secondo anno per numero di vendite, da quando le statistiche vengono aggiornate. Anche nel 2021, le donne costituiscono circa la metà dei nuovi compratori di armi. Gli afro-americani sono il 21% degli acquirenti, secondi dopo i bianchi.
Se cresce il numero delle armi fra le minoranze (le donne sono minoranza, fra i cittadini armati, circa un quarto del totale), al tempo stesso aumenta anche l’associazionismo. Quando pensiamo al Secondo Emendamento (introdotto nella costituzione nei primissimi anni degli Usa proprio per proteggere il diritto di portare armi), normalmente pensiamo al divo hollywoodiano Charlton Heston presidente della National Rifle Association (Nra) e divenuto l’incarnazione dell’America maschile, virile, conservatrice, cristiana e bianca. Anche se fu un antirazzista convinto, considerando che il grande attore due volte premio Oscar, fu uno dei protagonisti della causa per i diritti civili. Al fianco della Nra, che non fa distinzione di etnia e genere, stanno però sorgendo, negli ultimi sei anni, associazioni che rappresentano esclusivamente le minoranze.
Per i cittadini afroamericani c’è la National African American Gun Association, sorta nel 2015, che si propone di: “Educare e addestrare la nostra comunità alla ricca tradizione di proprietà delle armi dei cittadini di colore, offrendo educazione, addestramento, sostegno, standard di sicurezza e ispirazione culturale”. Douglas Jefferson, il suo presidente, dichiara che, su 35mila iscritti, ben 5mila si sono uniti all’associazione dopo lo scoppio della pandemia. Attivisti gay e altri membri della comunità Lgbt hanno fondato, sempre nel 2015, l’associazione Pink Pistols che dichiara così le sue finalità: “Siamo dediti all’uso legale, sicuro delle armi da fuoco per l’autodifesa della comunità delle minoranze sessuali. Non crediamo più che sia diritto di coloro che odiano i gay, le lesbiche, i bi e transessuali, o i poliamorosi, di prenderci a bersaglio del loro furore. L’autodifesa è un nostro diritto”.
Oltre alle minoranze etniche e sessuali, ad armarsi sono anche i movimenti politici di nicchia. Fanno notizia soprattutto quelli di destra. Ma esistono anche associazioni di armi per l’estrema sinistra. Notevole, per esempio, la nascita nel 2016 dell’associazione “antifa” (antifascista) Redneck Revolt. Redneck è il nomignolo americano di “bifolco”, uomo dalla nuca scottata dal sole mentre lavora i campi. Normalmente viene rivolto alla destra conservatrice rurale. Redneck Revolt gli dà un altro significato: “Nel 1921, il termine è diventato sinonimo dell’insurrezione armata contro lo Stato, quando i minatori del sindacato United Workers of America si sono legati fazzoletti rossi al collo durante gli scontri di Black Mountain, una rivolta multietnica dei lavoratori nelle miniere della West Viriginia”.
Nel 2017 è nata anche la risposta antifa alla National Rifle Association: la Socialist Rifle Association. Con un sito dalla grafica inequivocabilmente sovietica (basti vedere il simbolo con la consueta corona di grano e la stella rossa), la SocialistRA dichiara di aver unite “Varie comunità, online e offline, che per anni si sono raggruppate attorno all’idea del possesso e uso di armi orientato a sinistra, inclusivo e di attività di mutuo soccorso”. Non è la prima volta che minoranze ed estrema sinistra si ritrovano a difendere la libertà di portare armi per l’autodifesa. La “sorveglianza” armata dell’attività della polizia era tipica delle frange più estreme del movimento per i diritti civili, negli anni Sessanta e delle Pantere Nere.
Ma in generale, la battaglia per la difesa del Secondo Emendamento, è antirazzista nelle sue origini. Dopo la Guerra Civile (1861-65), i governi degli Stati del Sud tendevano a disarmare i neri per tenerli in uno stato di sottomissione. Furono soprattutto i Repubblicani al Congresso a premere perché i diritti di portare armi venissero rispettati anche per gli schiavi appena liberati. Nel primo periodo dell’occupazione e della ricostruzione del Sud, il generale Rufus Saxon testimoniava di fronte al Congresso che i bianchi stessero: «Requisendo le armi trovate nelle mani degli schiavi liberati. Questa condotta è una chiara violazione dei loro diritti individuali garantiti dalla Costituzione degli Usa, che sancisce che il diritto delle persone a detenere e portare armi non possa essere infranto». Gli Stati ex schiavisti sconfitti provarono ad implementare i “Codici neri” che includevano anche il divieto ai neri liberati di comprare e portare armi “di nessun tipo”. Anche nel Novecento, con l’inizio della nuova segregazione, fra il 1906 e il 1923 gli Stati sudisti, uno dopo l’altro, emisero leggi che istituivano più strette forme di “gun control”, per evitare che i neri si armassero. Si trattava di leggi implicitamente razziste, come si può leggere nell’interpretazione che ne diede un giudice della Florida «(Le leggi, ndr) sono state approvate per disarmare unicamente i lavoratori neri, non riguardano assolutamente la popolazione bianca».
Solo in tempi molto recenti, nella narrazione mediatica, la difesa del Secondo Emendamento è diventata una battaglia “da razzisti bianchi”. In un recente tweet dell’Associazione per i diritti civili (Aclu) si legge, ad esempio, questo curioso ribaltamento della storia: “Il razzismo è alla base del Secondo Emendamento e nella sua inclusione nella Carta dei Diritti”. Ed è soprattutto il Partito Democratico, lo stesso che dominava gli Stati del Sud fino agli anni Sessanta del Novecento, che preme per approvare nuove leggi sul gun control. Ed è diventata quella la causa progressista, finché non verrà scavalcata da una realtà completamente diversa”.