Il 14 marzo, presso lo Staples Center di Los Angeles, ha avuto luogo la 61esima edizione dei Grammy Awards. Per chi non lo sapesse, i Grammy rappresentano l’equivalente musicale del premio Oscar e lo stesso meccanismo di premiazione per categorie ne ricalca e ricorda stile e struttura.
Quest’anno ai Grammy si è fatta la storia, e non (soltanto) per il fatto che la cerimonia sia avvenuta sullo sfondo della pandemia, ma perché una categoria è stata vinta per la prima volta in assoluto da un artista kazako. La notizia, apparentemente scevra di elementi pertinenti alle relazioni internazionali, è, invece, madida di una magniloquenza che (ci) parla del processo di trasformazione politica e culturale che sta investendo il Kazakistan dell’era Toqaev.
Il premio
La vera sorpresa dell’ultima edizione dei Grammy Awards è provenuta da una delle classi di premiazione più giovanili previste dall’evento, ovverosia la categoria “migliore registrazione remixata, non classica”. Si tratta di un Grammy particolarmente ambito dai deejay, che nelle scorse edizioni era andato a musicisti del calibro di Skrillex, Cedric Gervais e David Guetta, e che quest’anno è stato vinto da un giovanissimo e promettente artista proveniente dalle terre remote dell’Asia centrale: Imanbek.
Imanbek, al secolo Imanbek Zeikenov, è l’artista kazako, classe 2000, che, remixando Roses del rapper Saint Jhn, ha conquistato prima i consumatori nordamericani, europei e russofoni e poi la platea e i giudici dei Grammy Award.
Fatti alla mano, il premio è stato oggettivamente meritato. La canzone, invero, pur essendo stata rilasciata nel 2016, sarebbe divenuta un tormentone mondiale – esteso dallo spazio postsovietico agli Stati Uniti – soltanto nel 2019, l’anno di un rimaneggiamento profondo (e non sollecitato) da parte del giovane e autodidatta deejay kazako. Da quel momento in avanti, per Imanbek e per lo stesso Saint Jhn si sarebbero spalancate le porte del successo: prima il passaparola frenetico su VKontakte e TikTok, poi l’entrata nella Billboard Hot 100, infine l’interesse di artisti di fama mondiale come J Balvin.
Già nominata agli MTV Video Music Awards 2020 nella categoria “canzone dell’estate”, Roses di Imanbek ha infine prevalso e trionfato ai Grammy. Una prima storica, si è scritto, perché il premio musicale non era mai andato ad un artista del Kazakistan né, escludendo le categorie classiche e corali, dello spazio postsovietico; un record nel record, quindi.
L’importanza dell’evento
Imanbek è il personaggio del momento in Kazakistan, e non soltanto tra i giovani. Celebrato ufficialmente dallo stesso presidente Qasym-Jomart Toqaev, che ha delegato al proprio portavoce ufficiale il compito di scrivere un messaggio di congratulazioni su Facebook, il Grammy ha dello storico e presenta dell’eloquenza per ragioni che vanno al di là della provenienza del deejay.
Perché, dalla musica allo sport, passando per il cinema, il Kazakistan sta lentamente aumentando la profondità e l’estensione della propria orma nel palcoscenico culturale eurasiatico e mondiale, e il caso Imanbek potrebbe contribuire in maniera determinante a dare impeto alla costituzione definitiva di un’industria dell’intrattenimento autoctona che sia strutturata e competitiva e, soprattutto, in grado di sfornare talenti universalmente riconosciuti.
È dal 2006, ad esempio, che i grandi produttori cinematografici kazaki inoltrano i propri titoli alle commissioni valutative dei premi Oscar per rientrare nella categoria del miglior film straniero. A volte, il tentativo riesce: il film epico Mongol, incentrato sulla vita di Gengis Khan, ottenne la candidatura ufficiale all’edizione 2007 degli Academy Awards.
Tornando alla musica, pur essendo innegabile che Imanbek sia un autodidatta, v’è da considerare l’intero contesto nel quale cresce a si forma. Da diversi anni, oramai, l’industria musicale kazaka è in pieno fermento, dal lato pop a quello lirico, e genera artisti come Dimash Kudaibergen e Zhanar Dugalova, capaci di riscuotere successo oltreconfine, specialmente nello spazio turcico e postsovietico, ergo di esercitare una notevole influenza culturale.
A fare da sfondo alla kazakizzazione del panorama musicale turcico e centroasiatico, il potere d’attrazione magnetica di Nur-Sultan, che negli anni recenti ha ottenuto la partecipazione ai propri eventi culturali delle più grandi personalità della musica contemporanea, come Andrea Bocelli.