Il Brasile è il Paese più letale per il mondo per i transgender. Tra il 2008 e il 2016, sono stati uccisi almeno 868 tra transgender e travestiti, secondo l’Associazione nazionale brasiliana dei travestiti e transgender (Antra), una rete nazionale che si articola in tutto il Brasile con 127 istituzioni che, con le loro azioni, promuovono lo status di cittadinanza dei travestiti e della popolazione transessuale e la Ong Transgender Europe (Tgeu), un’organizzazione benefica austriaca.

L’aspettativa di vita dei transessuali nel Paese è di soli 35 anni e la situazione non mostra segni di poter migliorare sostanzialmente nel prossimo futuro.

Alcune decisioni legali, come quella del Tribunale supremofederale (Stf), nel febbraio dello scorso anno, che riconosce il diritto dei transgender di cambiare il loro nome di nascita con nomi relativi al loro sesso, anche in assenza di chirurgia di riassegnazione sessuale o di riconoscimento legale, hanno migliorato le loro vite, ma la loro esclusione ed emarginazione rimane una triste realtà.

Nel febbraio 2017 è ampiamente circolato sui social network lo sconvolgente video di Dandara dos Santos, un travestito di 42 anni lapidato a morte nello stato di Ceará, nel Nord-est del Brasile. Nell’aprile 2018 cinque persone coinvolte nel crimine sono state condannate a 21 anni. Molte delle reazioni sui social media non hanno mostrato alcuna solidarietà con Dandara.

Ogni giorno il pregiudizio fa nascere la violenza che determina l’accorciamento della vita di transgender e travestiti. Molti sono costretti a prostituirsi dopo che genitori intolleranti li hanno cacciati da casa. Così, casi come quelli di Luma de Andrade (il primo travestito ad aver ricevuto un dottorato nel Paese), o Márcia Rocha (il primo avvocato transgender ad aver potuto usare presso l’Ordine degli avvocati brasiliano, Oab nell’acronimo portoghese) sono ampiamente celebrati.

Tali casi sono fatti salienti e motivi di trionfo ma sono rari, il che, secondo gli attivisti, sottolinea l’importanza delle iniziative che cercano di includere e integrare i trans nella società, e anche di quelle che inducono la società ad accettarli.

Uno dei modi in cui molti transgender cercano di garantire i loro diritti è attraverso la politica. La pioniera Kátia Tapety è stata eletta consigliera di Colônia do Piauí, una cittadina con poco più di 7 mila abitanti all’interno dello stato nord-orientale del Piauí. Oltre ad aver occupato la carica di vicesindaco è stata eletta nel 1992 e poi rieletta due volte. Altri transgender sono stati in grado di ricoprire cariche pubbliche dopo Tapety, come Madalena, eletta consigliera a Piracicaba, nello stato di São Paulo; che è stata eletta nel 2012, ma poi ha deciso di non tentare la rielezione dopo aver subito una serie di minacce, e anche a causa della transfobia. Pamela Pop a Uberlândia e Najara a Caldas, entrambe nello stato di Minas Gerais, sono state elette in passato.

Nel 2016, si sono candidati 80 transgender, circa il 10% di loro è stato eletto e ha preso posto nei consigli municipali. Per le elezioni di ottobre 2018 il numero totale di candidati transgender era di 52 – dieci volte il numero di candidati per le stesse cariche del 2014. L’anno scorso il piccolo partito di sinistra Psol (Socialism and Liberty Party) ha lanciato la candidatura di 19 transgender e, per la prima volta, il Brasile ha avuto un candidato transgender per il Senato Federale, Duda Salabert dello stato di Minas Gerais, e inoltre sono riusciti a eleggere Erica Malunguinho da Silva, la prima donna transessuale nella storia dell’Assemblea legislativa dello Stato di São Paulo.

Ma essere eletti non garantisce il rispetto e neppure protegge i transgender dalle minacce e dalla transfobia, come dimostrato dal caso di Madalena. Ciò nonostante la politica rimane uno dei tanti percorsi cercati dai trans per garantirsi visibilità e anche per imporre ordini del giorno che possano proteggerli e garantire sia i loro diritti sia quelli degli altri membri della comunità Lgbt (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali).

Helena Vieira è un’attivista trans che vive nello stato nord-orientale del Ceará, lo stesso di Dandara, e si è candidata per una carica di rappresentante federale. Nonostante non sia stata eletta, questo è stato un momento importante per i transgender in tutto il Brasile. Helena è una scrittrice di 27 anni, nata a São Paulo che vive da 5 anni nello Stato del Ceará, dove ha iniziato la sua transizione di genere.

Ricorda che il suo processo di “dare alla luce Elena” è iniziato quando si è trasferita nel Ceará e ha cominciato a capire se stessa non come un “ragazzo femminile”, ma come una transgender. Vittima di omofobia prima della sua transizione, Helena racconta così la prima volta che è uscita per strada in abiti femminili: “sono stata colpita da una banana e bucce di mandarino lanciati dall’interno di un autobus, e un taxi ha rifiutato di prendermi. Sono stati i pochi metri più dolorosi della mia vita che ho dovuto percorrere, perché agli occhi di ogni persona era come se fossi un ‘mostro’. Ciò mi ha fatto vergognare di essere lì (per strada) nel modo in cui volevo essere”.

Essere un transgender in Brasile, per Helena, è come “essere uno straniero in una terra che non ti vuole”, e la candidatura di una donna trans, anche se alla fine non è eletta, “significa rendere possibile immaginare una di noi al congresso nazionale”. Finisce aggiungendo che “è pazzesco, perché nemmeno noi stesse possiamo pensarci al congresso nazionale,.. Si tratta di credere in noi stesse e di poter esprimere le nostre idee”.

Nonostante la crescita delle candidature e l’elezione di Erica Malunguinho, il Brasile non si è svegliato più progressista dopo le elezioni del 7 ottobre 2018. È stato eletto presidente Jair Bolsonaro, un politico di estrema destra ed ex capitano dell’esercito che, costantemente e aggressivamente, predica contro i diritti di Lgbt.

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