Il venditore abusivo di verdure staziona fuori dal bazar di Tajrish, esponendo verdure di ogni colore. Quando Leila gli chiede quanto deve per i pomodori appena comprati, lui le dice il prezzo e tira fuori il pos per pagare con il bancomat. Ecco questa scena forse racconta meglio di tante altre i mille volti di Teheran.

In un paese tagliato fuori da praticamente tutti i circuiti bancari internazionali a seguito delle sanzioni americane, si paga tutto, anche una sola sigaretta, con il bancomat. E soprattutto, anche gli abusivi accettano il pagamento con il pos. Immaginatevi un parcheggiatore abusivo o un venditore abusivo di calzini che porgono il pos in Italia. Rimarremmo esterrefatti. In Iran invece, a seguito dell’iperinflazione, causata dalle sanzioni economiche e dalla mala gestione economica, ha fatto sì che le persone, invece di girare con mazzi di soldi da migliaia di rial in tasca, preferiscano usare la carta di credito. Il fatto poi che il sistema fiscale iraniano sia molto più leggero, fa sì che gli abusivi non abbiano paura di avere un pos.

Teheran è la megalopoli underground per eccellenza, dopo più di quarant’anni di regime Khomeinista, la città vive di bugie, veli metaforici che coprono la reale vita delle persone. La megalopoli è come un’enorme teatro in cui tutti giocano mille ruoli a seconda del luogo in cui si trovano o delle persone con cui parlano. La città si veste di una strana atmosfera gotica, quasi “dark”, in cui la polizia e i mille gruppi e sottoculture cittadine, a volte anche piuttosto estreme, giocano una tragica partita a guardie e ladri.

La corruzione allenta le rigidissime regole e lo stesso potere politico alterna fasi in cui chiude gli occhi per allentare la tensione politica, a fasi in cui riempie i carceri.

Anche visivamente la città è estrema. Inizia a sud, con quartieri popolari, in cui vivono tradizionalisti, ma anche gangs quasi mafiose, dedite allo smercio di droghe e alcol, come tanta gente semplicemente con pochi soldi. Arrivati verso il centro cittadino, si trova quel che resta delle architetture degli ultimi anni del potere della dinastia Qajar e poi dei quella dei Pahlavi. Palazzi ormai molto decaduti ed attorniati da brutte costruzioni nate dopo la rivoluzione del 1979. Anche se negli anni il centro sta tronando di moda, soprattutto tra i creativi.

Piano piano la città sale ed ecco prima il magnifico arco di trionfo fatto costruire dallo Shah Palahvi per i 2500 anni di Ciro il grande. L’arco è un mix di architettura anni settanta, europea e tradizionale persiana. Salendo le montagne i quartieri si fanno più ricchi, le strade sopraelevate più audaci e lo smog comincia a diradarsi. A un certo punto ecco apparire la torre delle telecomunicazioni di Teheran. Il monumento fatto costruire dagli ayatollah per soppiantare nel cuore degli iraniani l’arco per Ciro il Grande fatto costruire da Mohammad Reza Shah. Per ironia della sorte la torre delle telecomunicazioni è in stile completamente americano, sembra un inno allo stile di vita statunitense.

Le strade si fano più ripide, le montagne piene di neve appaiono a picco sui grattacieli e le ricchissime palazzine bianche dei quartieri alto borghesi. Palazzine costruite in uno strano stile haussmanniano reso persiano. Sopra ecco le montagne della catena dell’Elburz. In un’ora, se si è fortunati con il traffico, si è sulle piste da sci. Le stesse che i giovani iraniani frequentano, in alcuni casi sotto lsd o funghi allucinogeni.

La droga è molto presente nella società iraniana, da quelle tradizionali come l’oppio, hashish e marijuana, a quelle per i poveri come eroina, crystal meth e black crack, a quelle utilizzate dagli studenti e classe media, che amano moltissimo le psichedeliche, ma anche i derivati delle anfetamine. I manager e i più ricchi, in modo globalizzato usano la cocaina.

Il rapporto con le droghe psichedeliche è dovuto, sia al fatto che provocano stati affini a quelli dell’oppio, ma anche al fatto che aiutano i giovani a scappare mentalmente dalla durissima quotidianità che li circonda.

In teoria in Iran ci sarebbe la pena di morte per chi spaccia droga. Le esecuzioni tragicamente sono anche molte, ma c’è talmente tanta droga che viene da pensare che vengano arrestati e uccisi solamente gli spacciatori che non fanno parte del sistema. I giovani iraniani non amano solamente le feste, spesso estreme, nelle case. Adorano anche le feste con musica psichedelica nel deserto o sul mare. Anche queste vietate, ma proprio per questo ancora più radicali. Se si rischia, tanto vale farlo bene.

Anche il vino e l’arak, la grappa tradizionale, sono onnipresenti nella società iraniana. Per tradizione l’aperitivo si fa con la grappa, poi si mangia senza bere e si ricomincia a bere dopo cena. L’arak di solito è di qualità migliore del vino. Fare il vino richiede molto più lavoro che per un buon arak, ecco che i vini fatti illegalmente spesso sono un po’ acetosi. Lo spacciatore di arak, spesso arriva con bidoni simili a quelli della benzina, pieni di grappa.

Anche il sesso è ben radicato nella cultura iraniana, pensare che i ragazzi arrivino vergini al matrimonio è una pia illusione. Così come, nonostante vi sia la pena di morte per i gay, nei quartieri alla moda di Teheran non si è alla “page” se non si ha un amico omosessuale e la comunità gay organizza anche feste private in segreto.

Se nei quartieri ricchi si è gay perché lo si è, nei quartieri più popolari, dove vi sono più ragazze che arrivano al matrimonio vergini, i minorenni che non hanno soldi per andare a prostitute, hanno spesso le prime esperienze sessuali con ragazzi. Anche se nei quartieri più poveri, al contrario che nei quartieri più borghesi, i rapporti omossessuali vengono taciuti. I gay che finiscono impiccati sono spesso vittime di denunce di familiari, vicini o colleghi di lavoro. In questi casi, se non si hanno soldi per corrompere il sistema, lo stato potrebbe non chiudere gli occhi e aprire le porte dei carceri e se va male, tirare fuori la forca.  Stranamente in Iran è invece legale cambiare sesso, perché tragicamente i gay sono visti come un errore della natura.  Di conseguenza il regime pensa che la chirurgia sia utile a correggere l’errore. Per tutti gli altri non rimane che l’inferno.

Gli iraniani amano molto anche la pornografia. I film porno che vengono chiamati “super” vengono venduti dagli abusivi per strada. Anche la prostituzione è diffusa in tutti gli strati della popolazione. Celebre la storia che pur essendo proibito prostituirsi, è possibile sposare una ragazza a ore.

Gli iraniani hanno imparato a essere estremi anche nei vestiti. Per strada donne con chador neri, camminano una accanto all’altra, con ragazze con tacchi vertiginosi e capelli che escono da tutte le parti del piccolo foulard. I ragazzi spesso vestono di nero, ma si radono la barba per non sembrare islamisti. I capelli, con i loro tagli occidentali, sono stati poi per anni uno dei terreni di scontro preferito dai censori khomeinisti. La chirurgia plastica è poi diffusissima, tanto che purtroppo è diventato uno status symbol girare con il cerotto sul naso, fieri di averlo rifatto. A scapito dello splendido e caratteristico naso aquilino tipico degli iraniani.

Anche l’arte in Iran un tempo era quasi tutta underground, perché considerata immorale. Oggi la situazione è più complessa. L’arte iraniana è di moda in tutto il mondo e il regime ha compreso che non può lasciarla nelle mani degli oppositori. Cosi permette a chi fa arte più criptica di poter esporre. Molti artisti hanno quindi imparato a nascondere il vero significato delle loro opere e Teheran è un fiorire di gallerie d’arte moderna. Altri artisti invece scappano all’estero.

Anche i muri di Teheran sono il campo di battaglia di uno scontro artistico. Su di essi si fronteggiano gli streets artists illegali, la cui arte di protesta viene cancellata subito dal regime e sopravvive solo sui social media e gli artisti che hanno fatto un patto con il governo e che espongono sulle facciate dei palazzi opere dal genere spesso naif o surreale. Tra i murales poi spuntano le immagini dei martiri della guerra Iran-Iraq e la propaganda del regime. Il tutto ormai immerso tra le pubblicità commerciali, perché Teheran è una citta rampante ed estremamente capitalistica. Questo fenomeno è raccontato magistralmente dal Keyvan Karimi nel bellissimo documentario “Scrivere sulla città”.

Oggi lo stato, pur sotto le sanzioni, guarda a un modello di capitalismo islamico totalitario, simile al modello cinese. Se non protesti politicamente, puoi anche infrangere le regole senza rivendicarlo, se lo fai, ti incarcerano e forse impiccano.

Anche il cinema è nel Dna degli iraniani, non c’è festival europeo a cui non partecipano registi iraniani censurati dal governo. Molti di loro sono in esilio o entrano ed escono dai tribunali. Nonostante l’occhio censorio degli ayatollah, i film americani sono venduti dagli ambulanti in tutti i quartieri della città, ricchi come poveri. Così come ogni casa ha illegalmente la parabolica per vedere i canali tv della comunità persiana statunitense, europea e di Dubai. Canali che trasmettendo in lingua farsi sono comprensibili da tutti.

La metropolitana forse è uno dei luoghi underground per eccellenza e quella di Teheran non fa eccezione. Si possono vedere tutte le sotto tribù cittadine.

In Iran non sono solo gli studenti o i borghesi ad avere culture underground. Nei quartieri più popolari ve ne sono di ogni sorta e tradizioni, dalle palestre tradizionali, ai guappi di quartiere dallo stile fascinoso, alla meno vistosa, ma altrettanto viva lotta delle donne per avere il loro spazio. Perché non sono solo le iraniane che non usano il velo, lontano degli occhi della polizia, ad avere culture underground, perfino le più tradizionaliste spesso hanno le loro. In Iran la ragazza punk potrebbe camminare con una donna in chador. Nonstante l’occhio del regime, tutto è fluido.

Una vita estrema che nasce forse dalla tragica ebbrezza di chi rischia tutto e non ha più nulla da perdere.

 

Omar Khayyam, poeta medievale persiano

Bevi Vino, ché vita eterna è questa vita mortale,

e questo è tutto quel ch’hai della tua giovinezza;

ed ora che c’è vino, e fiori ci sono, e amici lieti d’ebbrezza,

sii lieto un istante ora, ché questa, questa è la Vita.

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