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Dalla Corea del Sud all’Iran, da Israele alla Russia: adesso l’emergenza coronavirus è diventata a tutti gli effetti globale. I focolai del Covid-19 si moltiplicano giorno dopo giorno, superano i confini nazionali ed eludendo misure di controllo più o meno ferree.

I primi Paesi caduti in questo circolo vizioso non potevano che essere gli Stati asiatici, cioè quelli più vicini alla Cina, epicentro del contagio. Il caso che sta facendo più scalpore è quello relativo alla Corea del Sud. Fino a pochi giorni fa sembrava che Seul fosse immune alla psicosi che stava iniziando a prender piede in Estremo Oriente.

Certo, la Casa Blu doveva fare i conti con alcune persone infette ma nelle ultime ore è arrivata la doccia fredda: cento nuovi casi da aggiungere in una volta sola ai precedenti, per un totale di 204 pazienti contagiati. Calcolatrice alla mano, la Corea del Sud è diventata di colpo il secondo Paese per incidenza della malattia dietro la Cina.

Corea del Sud in emergenza

Come è potuta accadere una cosa del genere? Stando a quanto riferisce la Bbc, molti dei nuovi contagi, 86, sono stati registrati tra i fedeli di una congregazione religiosa della città di Daegu, il quarto centro urbano più grande del Paese con 2,5 milioni di abitanti. Le autorità locali hanno chiesto ai cittadini di non lasciare le proprie abitazioni. Il sindaco ha descritto l’evento come “una crisi senza precedenti” e, stando a quanto riferito dall’agenzia Afp, perfino i comandanti di una vicina base militare americana hanno imposto restrizioni di accesso.

Stessa sorte è capitata ai residenti di Cheongdo, località sospettata di essere il ground zero del contagio. Qui, dal 31 gennaio al 2 febbraio, un gran numero di seguaci della Shincheonji Church of Jesus the Temple of the Tabernacle ha partecipato ai funerali allestiti in occasione della morte del fratello fondatore della congregazione. Ai 9mila membri del gruppo è stato detto di ricorrere all’auto quarantena, dopo che la setta è stata identificata come focolaio di coronavirus. In 400 presentano sintomi collegabili al Covid-19. Il contagio potrebbe esser partito da una donna di 61 anni.

“Finora il governo si è concentrato sul contenimento delle infezioni provenienti dall’estero – ha detto il primo ministro Chung Sye Kyun – ma da ora in poi darà la priorità a prevenire la diffusione locale del virus”. A Seul le autorità hanno vietato i principali raduni per cercare di combattere l’epidemia.

Giappone e Iran: sale la preoccupazione

Allarme rosso anche in Giappone dove, nonostante le drastiche misure prese dal governo di Abe Shinzo, preoccupano i crocieristi della Diamond Princess, da poco fatti sbarcare nonostante i dubbi sull’efficacia della quarantena trascorsa a bordo della nave, altro focolaio di coronavirus.

In Iran, dopo i primi due morti, ci sono stati altri contagi. Le ultime rilevazioni parlano di 4 decessi e 18 cittadini infettati anche se i media sostengono che il conto possa essere superiore. Il portavoce del ministero della Salute, Kianoush Jahanpour, ha affermato che i casi rilevati sono tutti collegati alla città di Qom, a 140 chilometri da Teheran. Le elezioni parlamentari in corso in queste ore potrebbero diffondere ulteriormente il virus tra la popolazione.

L’epidemia si estende in Libano

Confermato il primo caso di coronavirus anche in Libano. Stando a quanto riportato da AdnKronos, il ministro della Salute, Hamed Hassan, ha reso noto che si tratta di una donna di 45 anni. Il soggetto è risultato essere positivo ai test dopo essere rientrato in patria con un volo dall’Iran. Il governo ha assicurato che la donna, ricoverata al Rafiq Hariri University Hospital di Beirut, è in buone condizioni. Nel corso di una conferenza stampa lo stesso ministro Hassan ha accennato ad altri due casi sospetti, senza tuttavia fornire ulteriori dettagli. Da quel che è emerso la donna avrebbe contratto il virus in Iran, senza essere recentemente passata dalla Cina.

Le contromisure di Israele

Primo caso di Covid-19 anche in Israele: si tratta di una donna rientrata proprio dalla citata Diamond Princess. Secondo le disposizioni delle autorità israeliane i viaggiatori in arrivo da Cina, Hong Kong, Macao, Singapore e Thailandia devono isolarsi a casa per un periodo di 14 giorni. Chi violerà consapevolmente questa misura rischia fino a sette anni di carcere; in caso di negligenza, il massimo della pena è di tre anni.

Le carceri cinesi

In Cina tornano a salire i nuovi contagi. Rispetto alle scorse settimane c’è una novità: il virus si è diffuso anche all’interno delle carceri. I media hanno riferito di 512 casi all’interno di quattro prigioni: due situate nello Hubei, una nello Shandong e una nello Zhejiang. I responsabili delle strutture sono stati puniti. A Pechino c’è da registrare un focolaio di 36 casi sospetti all’ospedale Fuxing, nel distretto di Xicheng, vicino a piazza Tienanmen. Nel gruppo degli infetti figurano medici, infermieri e operatori sanitari.

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