Dopo aver affrontato mesi difficili sia dal punto di vista della salute pubblica sia da quello sociale, l’Europa si sta lasciando alle spalle – almeno per il momento – la pandemia di Covid-19; con la stagione stiva che lascia ben sperare per una graduale diminuzione dei contagi. Benché infatti le conoscenze in mano ai medici ed agli scienziati non siano ancora in grado di definire se la crisi si possa considerare definitivamente superata o “congelata” sino al prossimo autunno, gli ultimi giorni hanno lanciato segnali decisamente positivi.

Tuttavia, mentre ciò è attualmente valido per l’emisfero settentrionale – e per l’Australia e la Nuova Zelanda, che godono comunque di vantaggi geografici particolari – non è altrettanto vero per l’America latina: alle prese soltanto in questi giorni con i picchi di mortalità. E come riportato dalla testata giornalistica britannica The Guardian, le preoccupazioni maggiori stanno arrivando proprio dal Paese simbolo dell’America latina, dove le scelte discutibili del presidente Jair Bolsonaro hanno favorito uno scenario da incubo per la popolazione brasiliana. Ma da questa condotta, purtroppo, potrebbero derivare conseguenze ancora peggiori, rendendo un Brasile che si sta addentrando nelle stagioni più fredde dell’anno l’incubatore perfetto del Covid-19.

“Tutti prima o poi dobbiamo morire”

“Mi dispiace per le vittime e per i loro familiari, ma tutti quanti prima o poi dovremo morire”. Con queste parole Bolsonaro ha risposto negli scorsi giorni ad una giornalista che gli ha domandato una parola di conforto per il Paese, nel momento peggiore dallo scoppio della crisi sanitaria. E in questa frase, in fondo, è contenuta l’essenza del pensiero del presidente del Brasile riguardo all’attuale situazione nazionale e internazionale: una crisi drammatica, ma che deve essere affrontata senza alterare il proprio normale modo di vivere.

In Brasile gli scenari peggiori – come preannunciato – si sono verificati all’interno delle immense favelas del Paese, con Rio de Janeiro diventata già il simbolo della crisi sanitaria brasiliana. Le foto che hanno già fatto il giro del globo unite alla forse poco diplomatica frase pronunciata da Bolsonaro hanno dato l’immagine del dramma che sta attraversando il Paese; con la sensazione che il peggio ancora non sia nemmeno passato.

Il Sud America entra in “inverno”

Mentre tra meno di tre settimane noi europei entreremo nella stagione estiva, al tempo stesso l’America Latina entrerà nei mesi più freddi dell’anno. In questo scenario, i virus influenzali e para-influenzali hanno empiricamente una maggiore carica virale, che potrebbe dare vita a numeri ancora superiore rispetto a quelli attualmente attesi. E con una percentuale di contagi fuori dal controllo – come quelli che si stanno verificando proprio in Brasile – il rischio è che la crisi sanitaria non rientri completamente prima del finire della stagione, configurando quindi il Paese come un incubatore perfetto per il mantenimento dell’epidemia.

Con un Covid-19 in grado di superare i mesi più critici dell’anno, dunque, il rischio che a partire dal prossimo autunno ed in concomitanza con controlli non adeguati il virus torni in Europa è molto più elevato. E questo scenario, purtroppo, potrebbe dare vita alla drammatica previsione fatalistica della “seconda ondata” assai temuta dai virologi internazionali e che dovrebbe mettere i Paesi dell’emisfero settentrionale perlomeno in allarme.

Senza le dovute precauzioni, infatti, le possibilità che un nuovo passaggio pandemico provochi effetti devastanti sono molto alti, considerando come l’infezioni potrebbe iniziare ben prima dell’inverno inoltrato. E questa volta, però, non ci sarebbero più attenuanti per i governi in caso di mala gestione della pandemia, conoscendo molto bene le criticità alle quali si andrebbe incontro. Almeno, per evitare il compiersi di una strage che ha già segnato questa prima parte del 2020.





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