Da quando è scoppiata l’epidemia del nuovo coronavirus (poi diventata una pandemia), epidemiologi e virologi lavorano giorno e notte per studiare a fondo un agente patogeno ancora sconosciuto. L’ostacolo più grande è proprio questo: il Covid-19 è un virus del quale non sappiamo praticamente niente.
Gli esperti fanno ipotesi e si basano su quanto sta accadendo in questi giorni nelle corsie degli ospedali di tutto il mondo. Certo, qualcosa abbiamo imparato ma le nozioni fin qui accumulate non sono sufficienti per poter debellare un nemico più ostico del previsto.
Sappiamo ad esempio che per limitare i contagi è necessario non toccarsi naso, occhi e bocca, lavarsi spesso le mani e tenersi a distanza da persone che presentano sintomi quali tosse o febbre. Sappiamo anche che il Covid-19 è altamente contagioso, che fa parte della stessa famiglia da cui proviene la classica influenza (le due strutture sono simili ma non identiche) e che nella maggior parte dei casi i pazienti infetti riescono a guarire. Fine. Ogni conoscenza in più sul nuovo coronavirus significa un passo in più verso la scoperta del vaccino. C’è ancora tanto da fare e il tempo stringe.
Come e dove si è originato il Covid-19?
Sappiamo che l’epicentro dell’epidemia è Whuan, megalopoli di oltre 10 milioni di abitanti situata nella provincia dello Hubei, nella Cina centrale. I primi casi sono apparsi a metà dicembre anche se alcuni parlano di metà novembre (o addirittura ancora prima). L’origine resta sconosciuta. Al netto delle teorie più o meno complottiste, gli scienziati sostengono che il virus possa provenire da una specie animale. Pipistrelli, serpenti e pangolini sono gli indiziati principali.
Quando si è diffuso in Italia e in Europa?
Ripercorrere la storia epidemiologica del nuovo coronavirus è un’impresa ardua. Al momento i “casi zero“, tanto in Cina quanto in Italia, restano ancora sconosciuti. Tuttavia è utile leggere vari studi pubblicati sul tema. Una ricerca, in particolare quella condotta nel laboratorio della Clinica delle Malattie Infettive del Dibic, presso l’Ospedale Sacco di Milano, sottolinea come il Covid-19 possa essere nato in Cina tra l’ottobre e il novembre 2019
Lo studio citato, che ha preso in considerazione le variazioni del genoma virale dell’agente patogeno, ha avanzato altre ipotesi. Intanto il Covid-19 potrebbe essere entrato in Italia prima della decisione del nostro governo di bloccare i voli con la Cina (fine gennaio). Il paziente zero europeo potrebbe invece essere arrivato in Germania lo scorso 24 gennaio.
Quali sono i sintomi?
I sintomi principali sono tosse secca, febbre e difficoltà respiratoria. Non sempre il virus si comporta alla stesso modo, e in alcuni casi sono stati segnalati anche mal di gola, diarrea, mal di testa. Esiste la possibilità che i soggetti colpiti da formi lievi di Covid-19 possano presentare raffreddore, starnuti e naso che cola. Infine, secondo alcune ipotesi, perdita del senso dell’olfatto e del gusto potrebbero essere due caratteristiche presenti nelle fasi di guarigione.
Si può essere positivi senza avere sintomi?
Non c’è ancora una conferma ufficiale. Fin dall’inizio è apparso plausibile che persone infette ma senza sintomi (i cosiddetti asintomatici) potessero contagiare altri soggetti. In altri casi è stato notato come il Covid-19 possa causare sintomi lievi, così leggeri da non far sospettare il paziente di essere contagiato. Qual è il rischio? Che una persona inconsapevole di essere malata continui a vivere la sua quotidianità trasmettendo il virus a chiunque incroci sul proprio cammino.
Si diventa immuni?
Altra cosa che non sappiamo riguarda il comportamento dei pazienti guariti. Chi ha già contratto una volta l’infezione da nuovo coronavirus può infettarsi nuovamente? In generale i sistemi immunitari, dopo aver avuto a che fare con un’infezione virale, conservano un ricordo del nemico che hanno combattuto, così da rendere impossibile al virus un secondo contagio. È pur vero che il raffreddore, ad esempio, non porta una totale immunizzazione. Nel caso in cui il Covid-19 dovesse comportarsi così, produrre un vaccino potrebbe essere più complicato.
Il virus può mutare?
I virus mutano in continuazione. È altrettanto vero che la maggior parte delle alterazioni del loro codice generico non comporta differenze sostanziali. Anzi: in generale gli agenti patogeni tendono a evolversi nel lungo periodo in forme sempre meno micidiali, proprio come avvenuto alla Sars, un parente strettissimo dell’attuale Covid-19.
Due sono tuttavia le principali preoccupazioni. La prima: non è detto che tutti i virus facciano come la Sars. La seconda: nel caso in cui il nuovo coronavirus dovesse mutare in una forma più aggressiva, il sistema immunitario potrebbe non essere più in grado di riconoscerlo. E anche sviluppare un vaccino diventerebbe più complicato. Al momento sembra che il Covid-19 non stia mutando.
A quanto ammonta il reale numero dei contagi?
Questa è una delle domande più complicate a cui rispondere. I bollettini quotidiani parlano di centinaia di migliaia di casi confermati in tutto il mondo. Eppure, cifre del genere, rappresentano soltanto la piccola parte emersa di un iceberg che si preannuncia enorme.
Al di là delle persone banalmente non ancora conteggiate, ci sono da considerare gli asintomatici, cioè quei soggetti che hanno il virus ma che non stanno male (o presentano sintomi lievissimi). Il numero, inoltre, dipende anche da come vengono effettuati i tamponi e da come i singoli Paesi scelgono di gestire la comunicazione dei casi. Alla luce di questo, per tenere conto di tutte le variabili citate, esistono studi che suggeriscono di moltiplicare per dieci il valore finale riportato dai bollettini ufficiali.
Il caldo spazzerà via il Covid?
Molti esperti hanno avanzato questa ipotesi. Un’ipotesi che tuttavia non si basa su alcuna certezza. Molti coronavirus hanno la caratteristica di essere stagionali, cioè si diffondono a raffica nei mesi più freddi dell’anno per poi scomparire in estate. E così via, in un ciclo continuo, anno dopo anno.
Non sappiamo se il Covid-19 verrà danneggiato dal caldo anche se alcuni ricercatori sperano che le abitudini delle persone nei mesi estivi – come il passare più tempo all’aria aperta, frequentare meno spesso i luoghi chiusi e affollati – possano contribuire a debellarlo. In ogni caso, a patto che il caldo neutralizzi il virus, c’è sempre la possibilità che questo possa ripresentarsi il prossimo autunno con una seconda ondata, proprio come l’influenza.
Esiste il pericolo di una seconda ondata?
I Paesi asiatici stanno fronteggiando quella che è stata soprannominata dagli esperti la “seconda ondata” di Covid-19. In poche parole, dopo aver azzerato (o comunque abbassato vistosamente) i contagi interni, molti governi devono fare i conti con i contagi di ritorno. Ovvero con persone infette provenienti dall’estero e rientrati nella loro nazione di origine.
Il rischio della reimportazione di Covid-19 esiste ed è dimostrata in Cina ma anche in Corea del Sud e a Hong Kong. Un problema del genere è difficilmente controllabile, almeno fino a quando i dati di tutti i Paesi non raggiungeranno cifre basse o irrisorie di nuovi casi.
Quanto può resistere sulle superfici?
I virus riescono a sopravvivere anche all’esterno di un organismo, ad esempio depositandosi sulle superfici. Il Covid-19 si trasmette soprattutto tramite le goccioline di saliva che emettiamo quando tossiamo, parliamo o starnutiamo ma ancora non abbiamo certezze su quanto sia in grado di resistere all’aria aperta.
I bambini possono diffondere il virus?
Anche i bambini, proprio come gli adulti e gli anziani, possono essere contagiati dal nuovo coronavirus. A differenza del resto della popolazione è stato notato come i più piccoli sviluppino sintomi lievi. In generale può capitare che i bambini siano “super diffusori” di malattie, o perché si mescolano con molte persone (basti pensare al parco giochi) o per via dei frequenti contatti con la famiglia. Per quanto riguarda il Covid-19, non è ancora stato studiato fino a che punto i bambini possano diffondere questo agente patogeno.
Qual è il tasso di letalità?
Altra domanda interessante riguarda la reale letalità del Covid-19: la percentuale di decessi oscilla tra l’1 e il 5% a seconda delle stime. Le cifre variano da Paese a Paese e risentono delle modalità attraverso le quali sono stati calcolati i contagi e i decessi.
Perché alcuni malati si aggravano?
La maggior parte delle volte il Covid-19 si manifesta con forme lievi. Attenzione però, perché nel 20% dei casi le persone possono aggravarsi, fino a richiedere il ricovero in terapia intensiva. Questo dipende dal sistema immunitario del singolo soggetto contagiato, ma anche – si ipotizza – da qualche fattore genetico. Riuscire ad approfondire il tema potrebbe aiutare i medici a sviluppare sistemi di prevenzione per diminuire l’afflusso verso le cure intensive.
Quando finirà l’epidemia?
Domanda da un miliardo di dollari. Nessuno è in grado di rispondere a un quesito del genere. Al massimo si possono fare, come sempre, le solite ipotesi. C’è chi sostiene che la diffusione del nuovo coronavirus possa rallentare progressivamente con l’ingresso nei mesi più caldi e chi ritiene che il Covid-19 possa diventare un virus ciclico come l’influenza.
A quando il vaccino?
Al momento ci sono diverse aziende farmaceutiche impegnate nella corsa contro il tempo per sviluppare un vaccino. È inverosimile, a meno di clamorosi colpi di scena, che una medicina contro il Covid-19 possa veder luce prima di un anno o un anno e mezzo.