Cali è la terza città della Colombia ed è abitata da 2.5 milioni di abitanti. Dall’alto sembra un formicaio in cui la gente cammina frenetica sui marciapiedi e le strade sono intasate da file lunghissime di auto. I taxi gialli sono moltissimi e le vie, accerchiate dalle bancarelle, diventano strettissime. La musica latino americana fa da sottofondo ad ogni momento della giornata. Perché Cali è il regno della samba. E anche del “turismo estetico”.

Glady Gallego ha 35 anni, ma non si piace. Si vede grassa e vuole dimagrire. Ha bisogno di una liposuzione, possibilmente a poco prezzo. Decide quindi di sottoposi all’operazione da uno dei tanti chirurghi di Cali, ma qualcosa – come riporta La Stampa – va storto. Glady muore a soli 35 anni. “Il suo nome è l’ultimo nella lunga lista di vittime della chirurgia estetica: 35 nel 2017 in tutto il Paese, nove nella sola Cali”, scrive il quotidiano di Torino.

La Colombia è il decimo Paese al mondo per interventi chirurgici e Cali “l’Eldorato del turismo estetico”: “Un totale di 350 mila operazioni all’anno, 958 al giorno, con un incremento del 70% nell’ultimo decennio”. Ad operare, però, non ci sono dei chirurghi con le carte in regola, ma medici improvvisati, che spesso nascondono le camere operatorie dietro centri estetici e parrucchieri. Racconta il dottor Ernesto Barbosa, segretario della Società colombiana di chirurgia estetica, alla Stampa: “Un intervento al seno di solito costa 12 milioni di pesos (3400 euro), in questi posti possono bastarne due (570 euro)”.

Il desiderio di voler apparire più belli rispetta un preciso codice estetico: quello dei narcotrafficanti. Scrive il quotidiano di Torino: “Durante gli anni di Pablo Escobar, le giovani che affollavano i festini dei narcos facevano massiccio uso del bisturi. Ancora oggi molte giovani sono disposte a tutto pur di ottenere quelle curve esagerate e ostentate, diventate modello di bellezza”. Ma che prezzo?

Pamela è una trans di 35 anni. Sul suo corpo le cicatrici le ricordano la follia delle cliniche-garage, di folli che si improvvisano chirurghi: “Ho visto usare anche olio da cucina”. In questi centri si usa di tutto, ma questi materiali – come riporta il dottor Barbosa – possono causare deformazioni, infezioni o alterazioni nervose. E morte per embolia, nei casi più gravi”.

Ma nono sono solamente le cliniche-garage a rappresentare una minaccia. Gladys Gallego è morta in una clinica legale. Almeno sulla carta. In realtà, spiega alla Stampa un cronista che vuol rimanere anonimo, “la maggior parte, specie le più lussuose, vengono usate dai narcotrafficanti per riciclare il denaro sporco”. La giornalista Lorena Beltran è ancora più drastica: “Molte di queste in Europa non otterrebbero la licenza. Non eseguono esami preventivi e non hanno strumentazioni adeguate per le emergenze, anche una banale trasfusione. In Colombia manca una legislazione adeguata”. La stessa Lorena è stata vittima di questi chirurghi, tanto da apparire mezza nuda sulla copertina dell’Espectador con delle cicatrici vistose sui seni: “Il dottore che mi ha operato non aveva le competenze necessarie, nonostante tutti i diplomi sulla parete. Mi ha rovinato il corpo per sempre”. Come lei, tantissime donne sono rimaste sfigurate. La Beltran sta cercando di portare avanti una legge per una “chirurgia estetica sicura”. Ma nulla si muove. La legge “è ferma in Parlamento a causa delle lobby che la vogliono far naufragare. Finché non avremo una legge seria, ci saranno altre Gladys Gallego”, racconta la donna alla Stampa. Impossibile darle torto.

Dietro ai mille negozi colorati che affollano le vie di Cali, anche oggi, si sta consumando una nuova violenza. Ma la musica latinoamericana continua ad essere in sottofondo. E la gente preferisce guardare da un’altra parte.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.