Ci sono Paesi nel mondo in cui si continua ancora a perseguitare gli appartenenti alle minoranze religiose. In particolar modo sono le comunità cristiane a subire gli effetti delle ritorsioni. In questo contesto le donne sono le più vulnerabili perché rappresentano la parte più viva della comunità. Gli effetti della persecuzione si sono accentuati durante l’anno della pandemia, tanto che Porte Aperte Onlus ha parlato di “pandemia ombra”.

Gli effetti della pandemia

La pandemia da ormai più di un anno ha preso in mano le redini della vita di tutti. Un importante cambiamento che ha scosso la quotidianità e lo stile di vita: entrambe hanno subito una trasformazione non indifferente. Ma ci sono alcuni territori in cui questo cambiamento ha fatto sentire ancora di più i suoi effetti per via della gravità delle conseguenze. A mettere alla luce la drammatica situazione di alcune nazioni è il report annuale di Porte Aperte Onlus dal quale emerge che gli appartenenti alle minoranze religiose stanno subendo una persecuzione come mai vista prima d’ora. Violenza di genere, rapimenti e traffico di esseri umani hanno raggiunto numeri preoccupanti: le donne cristiane sono le vittime maggiormente colpite.

“La pandemia da Covid- si legge nel report – ha reso i vulnerabili ancor più vulnerabili, soggetti a persecuzione e opposizione durante i lockdown da parte delle loro stesse famiglie e comunità ostili alla loro fede. Il report – continua il documento – ha raggiunto il livello più alto di persecuzione che questo studio annuale abbia mai registrato negli ultimi 3 anni, con le donne che spesso affrontano un rischio potenzialmente più elevato rispetto agli uomini”.

Lo studio è stato eseguito principalmente sulle 50 nazioni sottoposte all’analisi della World Watch List  e i dati registrati provengono dal personale e dai collaboratori di Porte Aperte che hanno operato sul campo raccogliendo le interviste di  uomini e donne cristiani vittime di violenza per la loro fede,  da analisti della persecuzione della stessa organizzazione, nonché  da consulenti esterni.

La persecuzione verso le donne cristiane

Dando lettura al report c’è un elemento che non può non assumere un rilievo di particolare attenzione. Ovvero la differenza nella persecuzione contro le donne e quella che invece subiscono gli uomini. In quei Paesi dove le discriminazioni sono più importanti, approfittando della  pandemia, non si è  perso tempo a colpire i corpi delle donne per “danneggiare le comunità cristiane minoritarie e limitare la crescita della chiesa”. Ed ecco quindi che ancora una volta il sesso femminile è quello che rimane il più colpito in questa persecuzione senza fine. Particolare in questo contesto è quella forma di violenza sia fisica ma anche psicologica verso le donne che si sono convertite al cristianesimo: “Loro sono esposte- si legge nel report-a un maggior rischio quando, chiuse in casa con le proprie famiglie, possono subire abusi per aver abbandonato la religione di Stato o di famiglia per il cristianesimo”.

È cresciuto anche in modo significativo il traffico e lo sfruttamento di donne  forzate in matrimoni o schiavitù sessuale. In altri Paesi, tra cui il Pakistan ad esempio, i lockdown hanno ridotto il numero di persone per strada, rendendo però allo stesso tempo donne e ragazze cristiane un bersaglio facile. Le stesse sono sottoposte continuamente a violenze e stupri. “Questa violenza- testimonia una fonte segreta di Porte Aperte – è una specifica arma di persecuzione, un mezzo per ferire le donne cristiane e traumatizzare le comunità”. C’è anche dell’altro.  In Medio Oriente, in Nord Africa e nell’Africa Sub-Sahariana, gli  estremisti ricorrono anche  all’adescamento mirato, ai matrimoni forzati e ai rapimenti “come strumento per islamizzare ragazze e donne e impoverire la tormentata comunità cristiana”. Ed ancora: “In varie parti dell’Asia- si legge nel report – ragazze di famiglie cristiane povere vengono selezionate e mandate in Cina per matrimoni combinati, dove l’aborto selettivo ha portato a una carenza di giovani donne. Gruppi criminali in America Latina e leader del narcotraffico minacciano di morte le famiglie cristiane se rifiutano di cedere le loro figlie. Questo riduce al silenzio le chiese e i responsabili di chiesa che mettono alla prova l’effettivo dominio di questi gruppi sui loro villaggi”.

La persecuzione verso gli uomini

Se da un lato è la stessa Porte Aperte a ribadire più volte la vulnerabilità delle donne cristiane nei contesti più delicati, dall’altro è anche vero che la Onlus nei suoi rapporti ha sempre specificato come anche gli uomini delle minoranze religiose sono oggetto di persecuzioni. Una situazione che durante la pandemia è ancor di più peggiorata. Il motivo è presto detto: “Si assiste – si legge nel report – a discriminazioni economiche o reclusione riguardo agli uomini”. Ai cristiani cioè viene costantemente limitata la prospettiva di accedere a lavori di prestigio, in alcuni casi addirittura viene negata la possibilità stessa di avere un lavoro. E se è questo è stato vero per gli anni passati, a maggior ragione è stato riscontrabile durante la pandemia.

Le misure anti Covid in tutto il mondo hanno provocato gravi danni economici e hanno acuito le disuguaglianze. In quei Paesi dove i cristiani erano già discriminati, gli uomini hanno avuto sempre meno opportunità lavorative. Questo ha comportato maggiore vulnerabilità da parte delle famiglie, rimaste spesso senza reddito e dunque ancora più esposte alle discriminazioni. Ma non c’è soltanto il fattore economico nella persecuzione verso gli uomini cristiani. Nell’ultimo anno Porte Aperte ha annotato un incremento del 40% della coscrizione nell’esercito nei Paesi a maggioranza musulmana: “L’arruolamento forzato di uomini cristiani negli eserciti o nelle milizie – si legge nel report – è una delle forme di persecuzione in aumento”. Da non dimenticare poi la persecuzione fisica verso gli uomini: migliaia in tal senso gli omicidi segnalati in vari Paesi nel 2020.

Il fattore fede non riconosciuto come causa di persecuzioni

C’è poi un paradosso ancora più evidente nell’anno della “pandemia ombra”. Nonostante diverse forme di discriminazione e migliaia di casi di persecuzione, a livello internazionale il fattore fede non è riconosciuto come causa di vulnerabilità nei contesti più delicati. E forse anche questo elemento ha contribuito al dilagare nel 2020 dell’epidemia discriminatoria: “È ora che il fattore fede venga riconosciuto – ha dichiarato Helen Fisher, co autrice del rapporto di Porte Aperte – mentre l’etnia e il genere sono riconosciute come vulnerabilità nelle zone di conflitto, la fede individuale generalmente non lo è”.

In poche parole, in caso di persecuzione accertata si potrebbe riconoscere una violenza attuata solo su base etnica o di genere. Un cristiano o una cristiana ufficialmente potrebbero subire discriminazioni per la loro etnia o per il loro sesso, non invece per la religione professata: “Va assolutamente riconosciuta – ha commentato in tal senso nel rapporto il direttore di Porte Aperte, Cristian Nani – questa doppia vulnerabilità delle donne cristiane nei paesi dove già esiste una forma di persecuzione anticristiana: istituzioni, governi ma anche la stessa comunità cristiana globale deve esserne consapevole e usare ogni tipo di influenza possibile affinché il destino di queste nostre madri, figlie, sorelle, cambi”.