I progressi della Cina nella lotta al coronavirus sono evidenti. Dopo quasi due mesi di fuoco, adesso sembra che nell’ex Impero di Mezzo stia lentamente tornando la calma. Sono più di 36mila le persone dimesse dagli ospedali dove erano state ricoverate dopo essere risultate positive ai test per il Covid-19.
Stando agli ultimi dati delle autorità, aggiornate al 27 febbraio, sono 36.117 i soggetti rimandati a casa dopo le cure ospedaliere. La Commissione nazionale ha specificato che soltanto nella giornata di giovedì sono stati dimessi 3.622 cittadini.
Accanto ai numeri è importante anche ascoltare il parere degli esperti. Zhong Nanshan, noto pneuomologo cinese, stando a quanto riportato da Xinhua, si è lanciato in una previsione ben precisa: entro la fine di aprile il focolaio del nuovo coronavirus sarà sostanzialmente sotto controllo.
“Con le forti misure adottate dal governo centrale e gli sforzi congiunti dei medici in tutto il Paese – spiega l’esperto – siamo fiduciosi che l’epidemia sarà sostanzialmente sotto controllo entro la fine di aprile”. Non solo: il signor Zhong solleva un dubbio in merito al luogo d’origine della malattia, la quale potrebbe non essere nata in Cina. In ultima battuta, il pneumologo ha ribadito la necessità “di una maggiore cooperazione internazionale.” perché “questa è una malattia umana, non una malattia nazionale”.
La ripresa economica
Appurato dei progressi ottenuti in campo sanitario, anche l’economia cinese sta iniziando a ripartire. Al momento, circa il 90,5% delle aziende cinesi che lavorano metalli non ferrosi, rame e alluminio ha ripreso la produzione. Il tasso è aumentato di 7,1 punti percentuali rispetto a quello del 19 febbraio (dati dell’Associazione cinese dell’industria dei metalli non ferrosi), con 241 imprese considerate.
“Nel corso dell’epidemia – ha dichiarato Jia Mingxing, vicepresidente dell’Associazione – è stata mantenuta la normale produzione di fusione dei metalli non ferrosi, con un tasso di utilizzo della capacità produttiva superiore all’85 per cento”. Le previsioni, anche qui, non sono apocalittiche: “Si prevede che il buon funzionamento dell’industria dei metalli non ferrosi riprenderà gradualmente nel secondo trimestre del 2020 e che le prestazioni dei prodotti che riflettono l’industria dei metalli non ferrosi potrebbero tornare a un livello normale in sei mesi”.
Mentre le aziende più grandi sono pronte a tornare in pista – si calcola che il 91% di loro siano praticamente pronte a ritornare a produrre a regime – quelle piccole sono ancora in difficoltà. Shu Zhaohui, ufficiale del ministero per l’Industria e la Tecnologia, ha spiegato al South China Morning Post che “più le aziende sono piccole e più faticano a riprendere la produzione”. La motivazione è semplice: il coronavirus ha provocato la disgregazione delle filiere produttive con la chiusura di vari stabilimenti.
Il piano di Pechino
Per aiutare la società a rimettersi in piedi, il governo cinese ha predisposto una serie di misure economiche. L’obiettivo è quello di venire incontro tanto alle imprese colpite dal Covid-19 quanto ai cittadini. Basti pensare, giusto per capire l’entità del problema, che in Cina si contano 30 milioni di piccole e medie imprese, le quali contribuiscono al 60% del pil nazionale. Xinhua aggiunge anche che queste società sono responsabili dell’80% dell’occupazione lavorativa all’interno del Paese.
Nei dieci giorni successivi al Capodanno cinese, le autorità hanno ideato 600 politiche ad hoc per superare il momento complicato. Tra le misure troviamo il taglio degli affitti, sussidi, prestiti, e riduzione delle tasse. Vedremo nei prossimi mesi se quanto fatto dalla Cina saprà dare gli effetti sperati.