Negli ultimi giorni, Pfizer-BioNTech, la prima casa farmaceutica produttrice di vaccini anti Covid approvata in Europa, ha comunicato ritardi nella distribuzione dei sieri ai vari Paesi membri dell’Ue. L’azienda ha fatto sapere di doversi preparare per potenziare la propria capacità di produzione. Dunque: lavori in corso e tanti saluti alle consegne previste e programmate, per la gioia, va da sé, dei governi europei che aspettavano con ansia nuovi vaccini. Lo stabilimento Pfizer incaricato di rifornire sia l’Europa che gli Stati Uniti si trova a Puurs, in Belgio. Ebbene, anche questa struttura ha dovuto frenare per rispettare le esigenze aziendali.

Solo che – sarà sicuramente un caso – il giorno dopo l’annuncio del neo presidente americano Joe Biden di voler somministrare 100milioni di dosi Pfizer-BioNTech ai cittadini statunitensi in 100 giorni, il 15 gennaio il colosso farmaceutico ha informato la Commissione europea del taglio della distribuzione dei vaccini ai membri dell’Unione europea. Stiamo parlando di una riduzione che dovrebbe toccare quasi un terzo degli antidoti precedentemente pattuiti dai contratti, i cui contenuti restano tutt’ora coperti dal segreto. Il punto è che il congelamento della consegna degli antidoti ha, di fatto, riguardato soltanto l’Europa. Non gli Stati Uniti e altre nazioni extra Ue.

Una questione economica?

Per quale motivo, quindi, soltanto l’Europa rischia di dover fare i conti con gli incomprensibili ritardi delle consegne Pfizer? Il motivo potrebbe essere prettamente economico. Secondo quanto riportato dal Fatto Quotidiano, la causa del differente trattamento di riguardo starebbe principalmente nel prezzo che ogni governo sta pagando per ricevere i vaccini dalle singole case farmaceutiche. Sia chiaro: le cifre sono segrete. Anche se, usando le dichiarazioni dei politici e altri numeri ufficiosi, è possibile farsi un’idea generale della situazione.

L’Unione europea è riuscita a stipulare con Pfizer-BioNTech un accordo assai vantaggioso. Bruxelles paga ciascuna dose 5 dollari in meno di Washington e, addirittura, 15 in meno di Israele. L’Europa, infatti, paga 14,50 dollari per ogni singola dose Pfizer, contro i 19,50 degli Stati Uniti e i 28 di Israele. Nei dati, ripresi da Airfinity, troviamo anche i 10 dollari a dose sborsati dal Sudafrica e i 6,75 dell’Unione africana. E il costo degli altri vaccini? La tabella è incompleta. Ma, da quel che sappiamo, una dose di AstraZeneca costerà all’Ue 2,15 dollari, a fronte dei 3 che dovrà sborsare il Sudafrica e i meno di 4 dell’America Latina. Moderna costa invece 18 dollari all’Ue e 15 agli Stati Uniti. Proseguiamo con le dosi di Johnson&Johnson (8,5 dollari per l’Europa, 10 per gli Usa e l’Unione africana), Curevac (12 per Bruxelles) e Sanofi-Gsk (9 per Bruxelles, meno di 12 per Washington).

Effetto boomerang

Dando un’occhiata alle cifre, e considerando le dosi Pfizer, potrebbe sembrare che l’Europa, per una volta, abbia portato a casa un grande accordo a discapito del resto del mondo. Peccato che quell’intesa d’oro rischia adesso di trasformarsi in un boomerang. Pfizer ha infatti rallentato le consegne in Europa; guarda caso, il partner con il quale aveva stretto l’accordo meno vantaggioso del lotto dei Paesi “più ricchi”. La casa farmaceutica, fanno notare in molti, avrebbe potuto ritardare la distribuzione negli Stati Uniti o in altri Paesi; ma non l’ha fatto e probabilmente non lo farà mai.

Il dubbio, incrociando questi elementi, è che chi ha speso di più per acquistare il vaccino stia ricevendo un trattamento migliore. Resta, poi, da capire che cosa succederà ai prezzi dei sieri da qui ai prossimi mesi, quando arriveranno sul mercato internazionale nuovi vaccini. In particolare, i riflettori sono puntati su AstraZeneca, il cui prezzo per singola dose, come detto, si aggirerà intorno ai 2,50 dollari. Chissà che l’invasione di nuovi antidoti più economici non possa cambiare le cifre sul tavolo.

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