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Nell’epoca della pandemia di Covid-19, il confronto dialettico tra Occidente e Oriente si è spostato su un piano che fino ad oggi era rimasto inesplorato: quello della lotta contro il coronavirus. Chi ha saputo contenere il Sars-CoV-2 nel modo più efficace possibile? Chi è stato in grado di limitare maggiormente i danni economici e, allo stesso tempo, garantire la sicurezza sanitaria dei cittadini? Archiviata la prima fase dell’emergenza, la risposta degli analisti è stata univoca: l’Oriente ha stracciato l’Occidente al termine di una partita senza storia.

Oggi, a distanza di oltre un anno dal primo contagio ufficiale, e con i vaccini finalmente a disposizione, la bilancia continua a pendere verso l’Est del pianeta. Per quale motivo? Questione culturale, valoriale e politica, ipotizzano alcuni. In effetti le suddette differenze esistono, e sono sembrate piuttosto evidenti nelle fasi più acute della pandemia. In Asia, per via degli antichi influssi confuciani – un retaggio culturale tutt’ora visibile nell’organizzazione sociale dei popoli asiatici -, il bene della comunità ha quasi sempre prevalso sugli egoismi del singolo. In altre parole, gli individui hanno fornito un contributo fondamentale alla battaglia contro il Covid autolimitandosi per un bene superiore.

Cultura e valori, dunque. Ma sarebbe sbagliato non considerare anche il ruolo giocato dai sistemi politici, in parte governi non democratici (Cina, Vietnam) e in parte democrazie liberali vagamente assimilabili alle controparti occidentali (Corea del Sud, Giappone, Taiwan). Se, ad esempio, la Cina si è affidata tanto alla mobilitazione delle varie organizzazioni partitiche quanto alla tecnologia, la Corea del Sud ha puntato tutto su applicazioni di tracciamento all’avanguardia. In entrambi i casi, democrazia o meno, l’apparato statale ha attivato le proprie “reti periferiche” così da controllare minuziosamente il territorio, scovare i focolai e isolare gli infetti.

Occidente e Oriente a confronto

Se diamo uno sguardo ai bollettini sulla pandemia, notiamo subito un dato emblematico. È la parte occidentale del pianeta – un Occidente inteso come Europa, Stati Uniti e America Latina – ad aver pagato il prezzo più alto in termini di contagi e decessi, tanto da spingere alcuni a definire l’emergenza coronavirus “una pandemia decisamente molto occidentale”. Il settimanale La Lettura, ad esempio, ha sottolineato come l’Occidente, che conta appena il 23% della popolazione mondiale, abbia pagato il prezzo più alto, con l’82% totale dei decessi.

Calcolatrice alla mano, stiamo parlando di poco più di 2 milioni su un totale di 2,45 milioni; il rimanente 77% della popolazione terrestre ha invece contribuito al totale dei morti causati dalla pandemia per appena il 18%. Insomma, il rischio di morire di Covid in Occidente è, fin qui, 15 volte più alto che non nel resto del mondo. Non solo: dal 2021 a oggi, a parità di popolazione, in Occidente sono decedute a causa del coronavirus ben 24 persone per ogni singola persona morta delle medesime cause nel resto del mondo. Da qualsiasi prospettiva si guardi questa vicenda, emerge un fatto inquietante: l’Occidente è stata – e continua a essere – la vittima preferita del Sars-CoV-2.

I rischi “del pulito” (e non solo)

Per quale motivo l’Occidente si è risvegliato con l’acqua alla gola mentre l’Oriente ha dato l’impressione di saper nuotare in questo mare tempestoso? Difficile dare una risposta secca e univoca. Ci sono molteplici aspetti da considerare. Intanto, quando leggiamo le statistiche sulla pandemia di Sars-CoV-2, dobbiamo tenere in mente che la definizione di “morto di Covid-19” non è affatto condivisa in tutto il pianeta. Dopo di che, è importante rimarcare – almeno sulla carta – la migliore esaustività, affidabilità ed efficienza dei sistemi statistici dell’Occidente rispetto a quelli adottati da molti Paesi del resto del mondo (tranne le dovute eccezioni).

Il secondo aspetto riguarda le caratteristiche delle popolazioni occidentali, tra le più anziane e urbanizzate del pianeta, e quindi prede perfette del virus. L’ultimo aspetto è connesso ai “rischi del pulito“. I cittadini che abitano nei Paesi occidentali potrebbero essere più esposti a certi agenti patogeni per il fatto di avere minori difese organiche. Detto altrimenti, l’Occidente cresce pensando che per vivere in tutta sicurezza sia necessario sterminare tutti i germi che circolano negli ambienti. Il punto, ancora dibattuto, è – sottolineano alcuni esperti – che più si cerca di evitare il rischio e più si diventerebbe vulnerabili. Per il momento, il confronto tra Ovest e resto del mondo ha sancito chiari vincitori e vinti.

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