Prima la Corea del Sud, poi il Giappone. La risposta delle autorità cinesi all’imposizione di restrizioni di viaggio da parte di Seoul e Tokyo ai viaggiatori provenienti dalla Cina, per le preoccupazioni legate ai contagi da Covid, si è abbattuta sull’Asia. Almeno per il momento, l’Europa è stata risparmiata dalla reazione del Dragone, infastidito da misure sanitarie considerate discriminatorie e non affini ad esigenze scientifiche. Ma nulla vieta che, da qui alle prossime settimane, Pechino possa replicare, colpo su colpo, anche all’Italia e ad altri Paesi europei.
Anche perché l’Italia, nel caso specifico, è il primo paese dell’Ue a inasprire le restrizioni, ordinando tamponi antigenici Covid e sequenziamento del virus per tutti i viaggiatori provenienti dalla Cina. E, sempre l’Italia, ha in ballo con il gigante asiatico diverse questioni scottanti: dal futuro della Belt and Road Initiative – sul quale pende un enorme punto interrogativo, visto l’attuale governo potrebbe non rinnovare il Memorandum of Understanding sulla Via della Seta – al consolidamento, se non miglioramento degli scambi commerciali con il Dragone. Senza dimenticare un'”arma” che, da qui ai prossimi mesi, la Repubblica Popolare Cinese potrebbe sfruttare a proprio vantaggio: il turismo.
Con la riapertura dei propri confini una marea di turisti cinesi è pronta a tornare a viaggiare in giro per il mondo. L’Italia, prima che il Covid stroncasse il turismo, era una delle mete più apprezzate dalla classe media, in crescita, del gigante asiatico. Nulla vieta che la Cina possa “dirottare” i suoi turisti verso altre mete – quelle che, magari, non hanno inasprito misure sanitarie per i viaggiatori in arrivo dalla Cina – danneggiando così il settore turistico italiano.
In casi estremi, e qualora la tensione dovesse salire, la Cina potrebbe anche chiudere i rubinetti relativi all’export/import, arrecando danni sostanziali a settori strategici dell’economia di Paesi terzi. Allo stesso tempo, Pechino ha la possibilità di ostacolare il ritorno oltre la Muraglia di businessman e imprenditori italiani (re)introducendo rigide misure di controllo sanitario ad hoc verso i viaggiatori provenienti da Roma. Certo, in tal caso anche la Cina dovrebbe mettere in conto danni non da poco, ma la sensazione è che, nel caso in cui il clima non riuscisse a rasserenarsi, il governo cinese sarebbe pronto a rispondere colpo su colpo.
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Le contromisure della Cina
Tutto è iniziato dalla Corea del Sud. “L’ambasciata cinese e i consolati sospenderanno l’emissione dei visti di breve periodo ai cittadini sudcoreani”, si legge in una nota postata sull’account WeChat dell’ambasciata cinese a Seul , in base “alle istruzioni” ricevute da Pechino. La misura colpirà “i cittadini sudcoreani che visitano la Cina per affari, turismo, cure mediche, transito e per affari privati in generale”.
Dopo qualche ora è toccato anche al Giappone. Secondo quanto riportato dall’agenzia nipponica Kyodo, che ha citato quanto appreso dalle agenzie viaggi, le autorità cinesi hanno sospeso il rilascio dei visti ai viaggiatori giapponesi, sempre in risposta ai maggiori controlli sanitari sui passeggeri provenienti dalla Cina.
Da Pechino, il portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin, ha sottolineato che “è deplorevole che un piccolo numero di Paesi insista ancora nell’adottare restrizioni discriminatorie all’ingresso nei confronti della Cina, indipendentemente da fatti scientifici e dalla situazione attuale dell’epidemia nel proprio Paese”.
Wang ha inoltre ribadito che la Cina “si oppone fermamente e prenderà misure reciproche“. La Cina ha quindi invitato questi Paesi a non impegnarsi in “manipolazioni politiche” e “pratiche discriminatorie”.
Come siamo arrivati a questo punto? La Cina ha riaperto i suoi confini lo scorso 8 gennaio, accantonando gran parte delle restrizioni della politica della Zero Covid Policy perseguita per quasi tre anni. Il punto è che, in assenza delle rigide misure, i contagi oltre la Muraglia sono schizzati alle stelle. Di conseguenza, la Corea del Sud, il Giappone e altri Paesi, tra cui l’Italia, hanno rafforzato i controlli sanitari sui viaggiatori provenienti dalla Cina.
I timori di possibili nuove varianti hanno spinto diversi governi a richiedere ai viaggiatori provenienti dalla Cina un test negativo al Covid prima della partenza.
Per quanto riguarda Seoul, il governo sudcoreano ha inasprito i limiti ai viaggiatori provenienti dalla Cina, interrompendo il rilascio di visti a breve termine per i cittadini cinesi fino alla fine di questo mese, e richiedendo un test del coronavirus prima e dopo l’arrivo nel Paese. Ha anche temporaneamente interrotto l’aumento dei voli da e per la Cina.
Anche il Giappone ha rafforzato i controlli alle frontiere per i viaggiatori provenienti dalla Cina continentale, richiedendo la prova di un test Covid negativo prima della partenza.
Cosa rischia l’Europa
L’Europa trattiene il fiato, in attesa di capire se la ritorsione cinese riguarderà anche i governi del Vecchio Continente che hanno intensificato i controlli alle frontiere per i viaggiatori provenienti dalla Cina. Al momento Bruxelles non ha impartito obblighi specifici.
Come ha evidenziato la Bbc, i funzionari dell’Unione Europea hanno raccomandato “fortemente” a tutti gli Stati membri di insistere sulla richiesta di test Covid negativi dei passeggeri provenienti dalla Cina prima del viaggio. Alcuni paesi dell’Ue, Italia compresa, hanno introdotto i test. Dall’alto è comunque arrivata soltanto una raccomandazione.
Così come sono raccomandazioni, e non obblighi, quelle elencate dal gruppo di risposta politica integrata alle crisi (IPCR) dell’Ue, un organismo composto da funzionari dei 27 governi dell’Ue. È stato suggerito di far indossare le mascherine a tutti i passeggeri su voli da e per la Cina, introdurre test casuali sui voli dalla Cina nonché di monitorare le acque reflue negli aeroporti.
Ci troviamo di fronte ad uno scenario a macchia di leopardo. Francia, Spagna e Italia hanno introdotto i test, ma altri, come la Germania, stanno prendendo tempo monitorando la situazione. L’Inghilterra, al di fuori dell’Ue, richiede invece test pre-volo sugli arrivi dalla Cina. Non è noto se verrà introdotta o meno una politica unitaria, a livello europeo, su come gestire gli arrivi dalla Cina. Per adesso i singoli stati possono stabilire la propria politica. Ben consci, tuttavia, di poter ricevere da Pechino lo stesso trattamento subito da Corea del Sud e Giappone.
Come detto l’Italia è stato il primo paese dell’Ue a inasprire le restrizioni. La Spagna è diventata il secondo paese europeo ad annunciare restrizioni ai viaggiatori provenienti dalla Cina, che ora dovranno fornire un risultato negativo del test o una prova della vaccinazione. La Francia richiede un test PCR o antigenico negativo effettuato meno di 48 ore prima dell’imbarco per tutti i viaggiatori provenienti dalla Cina dal 5 gennaio.
La Svezia ha richiesto test negativi per i viaggiatori in arrivo dalla Cina a partire dal 7 gennaio mentre i Paesi Bassi dal 10 gennaio. Nel resto del mondo, Australia, Canada, India , Israele, Malesia, Marocco, Qatar, Corea del Sud, Taiwan e Stati Uniti hanno introdotto ulteriori misure Covid per gli arrivi dalla Repubblica Popolare Cinese.
Opinioni contrastanti
L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha affermato che non ci sono prove di nuove varianti in Cina, e questo al netto di un importante l’aumento dei casi oltre la Muraglia. Gli esperti hanno tuttavia avvertito che ciò potrebbe essere dovuto alla mancanza di test e dati. La stessa OMS ha anche sottolineato che la Cina stava sottorappresentando il vero impatto di Covid nel Paese , in parte a causa di quella che secondo l’agenzia sarebbe una definizione “troppo ristretta” di morte per Covid.
L’Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, ha fatto però sapere che, data la maggiore immunità della popolazione nell’Ue, nonché la precedente comparsa e la successiva sostituzione delle varianti attualmente circolanti in, “non si prevede che un’ondata di casi in Cina influirà sulla situazione epidemiologica di Covid in Ue”. Le opinioni sono dunque contrastanti. Proprio come le decisioni dei Paesi.