Il governo di Pechino, piegato dall’epidemia del coronavirus – che si è allargato a macchia d’olio dal primo focolaio di Wuhan – ha deciso di fare appello alla figura del Dr. Zhong Nanshan, il noto “immunologo eroe” che nel 2003 sconfisse il virus Sars-CoV. Così il presidente Xi Jinping e gli altri alti papaveri del partito comunista cinese provano a recuperare credito agli occhi della popolazione, e di attenuare una la crisi di fiducia che si sta scatenando in tutto il territorio del Dragone.
Sebbene le strade di Pechino vengano dipinte come ancora “tranquille”, altre metropoli cinesi, a cominciare da quella di Wuhan, si sono tramutate in città fantasma dove la gente muore chiusa in casa in uno stato di quarantena volontaria, o addirittura per la strada – come l’emblematico caso dell’uomo colto da infarto – senza nemmeno essere soccorsa per il timore di un contagio. Lasciandoci immaginare lo scenario di un’apocalisse moderna provocata dai batteri: una delle trame preferite dai più catastrofici e distopici romanzi di fantascienza degli anni ’90. Attualmente il bilancio dei morti è salito a 2.663, il totale dei contagi a 77.658, e nonostante le informative diffuse dal governo centrale dichiarino che otre 20.000 pazienti sono “guariti”, nessuno riesce ancora a capire se il loro risultare comunque “positivi” al virus li renda una potenziale minaccia per i non ancora contagiati. Per fronteggiare questo disastro sanitario che ha provocato e prosegue nel provocare una psicosi collettiva in tutto il mondo, il presidente della potenza asiatica sempre più isolata cerca l’appoggio di un eroe che ha già sventato una minaccia di pari entità, (se non maggiore) nel 2003: l’epidemiologo e pneumologo che i media nazionali cinesi fecero passare alla storia come “eroe Sars”, dottor Zhong Nanshan.
È attraverso la figura risoluta e le parole “rassicuranti” di questo anziano professore che i funzionari del governo di Pechino impegnati a combattere una guerra su due fronti – quello dell’epidemia che non accenna a fermarsi e quello con la perdita della fiducia del popolo cinese terrorizzato – intendono recuperare la loro credibilità. Mentre lo stesso Xi Jinping tenta di mostrarsi rassicurato e convinto che la Cina possa essere salvata “imparando dai propri errori”. La figura dell’eroe della Sars e i suoi messaggi stanno quindi letteralmente inondano i canali digitali cinesi per rafforzare una fiducia che si fa sempre più flebile alla lettura del numero dei contagi in aumento. Come riportato da The Diplomat, le immagini pubblicate da giornali cinesi ritraggono Zhong in tutta la sua prestanza fisica con frasi celebrative quali “Il ritorno del combattente di 84 anni – è in prima linea”, per comunicare al popolo cinese che uno dei migliori scienziati del Dragone è stato investito del ruolo di consigliere di alto livello del team che sta lottando per arginare la nuova epidemia virale così simile al quella Sars che era stato in grado di sconfiggere 17 anni fa. Anche allora, l’epidemia del Sars-CoV – abbreviazione di sindrome respiratoria acuta grave – sarebbe derivata dal un contatto tra animali e umani in qualche remoto mercato della Cina rurale.
Il dottor Zhong divenne noto alle cronache nel momento in cui il governo centrale di Pechino fu costretto ad ammettere pubblicamente che il virus Sars non era sotto controllo come i media statali aveva tentato di affermare. Dimotrò così un elemento di “rottura” che, una volta debellata la minaccia, gli portò un grande successo mediatico dovuto alla sua “onestà” intellettuale e professionale: qualità che non sempre possono trovare spazio e riconoscenza in un sistema come quello cinese, che fin dal primo momento aveva scelto la linea di minimizzare l’epidemia. Ora Zhong è stato nominato a capo dell’indagine della National Health Commission sul nuovo coronavirus, divenendo per estensione portavoce di tutte le informazioni relative alla malattia. Dunque l’uomo da cui tutte le labbra dell’Asia pendono in attesa di un antidoto che possa debellare questo nuovo virus, o almeno una frenata nei contagi. Questo dimostra come il partito comunista, negli anni, abbia già fatto pratica nell'”imparare dai propri errori”, cercando di “evidenziare i suoi sforzi per gestire la crisi in modo trasparente e deciso”, a differenza di tentare di insabbiare un’epidemia che ha isolato il Paese e rischia di devastare la sua economia in “preoccupante” ascesa. Secondo gli analisti di politica internazionale, la scelta di una figura “famigerata” come quella dell’onesto eroe del popolo Zhong rappresenterebbe anche la strategia di un governo in difficoltà che vuole necessariamente spostare l’attenzione dalle proprie colpe in attesa di una soluzione tangibile.
La figura di Zhong, legittimata dall’opinione pubblica, serve inoltre a fare da contrappeso al fenomeno delle fake news che non stanno risparmiando nemmeno i blindati social media cinesi, dove una popolazione di quasi 1 miliardo e mezzo di persone sta sfogando le proprie paure, confrontandosi sulle proprie perplessità. Per quando rassicuranti, o almeno più rassicuranti di altre, le parole del dottor Zhong confermano in ogni caso che non è ancora stato scoperto alcun vaccino, e che il picco del virus, che ottimisticamente era stato considerato per i giorni del 4-7 febbraio (poi modificato con la data del 12-16 febbraio), dovrebbe essere raggiunto nel mese di maggio, o forse in quello di giugno. Notizia poco rassicurante, sia per l’Asia che per l’Europa e sopratutto il nostro paese, che oggi è il terzo al mondo per numero di contagiati e si trova al centro di una palese crisi di panico e di governance più che acuta. Sebbene quindi le parole del dottor Zhong non siano per forza rassicuranti, sembra esserlo stata la foto che gli hanno scattato mentre dormiva esausto nel vagone di un treno di ritorno dalla città focolaio di Wuhan: l’immagine perfetta di un eroe del popolo che lotta per sconfiggere il virus che minaccia di rivelarsi una pandemia globale, a 84 anni.