In diversi Paesi del mondo l’avanzata della quarta ondata del Covid-19 ha portato a un’accelerazione delle discussioni circa l’opportunità o meno di rendere obbligatoria la vaccinazione per accelerare il contenimento del Covid-19.

Pochi Paesi, essenzialmente europei, avevano prima della pandemia precise politiche sanitarie volte a rendere obbligatoria l’inoculazione di precisi vaccini come premessa, ad esempio, della frequenza scolastica. Il dibattito dunque è stato serrato e ha portato, in varie nazioni, a strategie diversificate.

La geografia dell’obbligo vaccinale va gradualmente amplificandosi sulla scia della crescita delle risposte politiche e sanitarie alla pandemia. E se sul numero di dosi necessarie per arginare il Covid la comunità scientifica è tuttora divisa, e l’esperimento israeliano sulla quarta dose in tal senso è indicativo, sulla via dell’obbligo si stanno consolidando tre diversi approcci. Identificabili rispettivamente con la definizione di categorie precise di lavoratori  come destinatarie dell’obbligo (garanzia di continuità dei servizi strategici), con l’individuazione di fasce anagrafiche target o, nell’ipotesi più radicale, con l’obbligo tout court.

Vaccinare per assicurare la continuità dello Stato

Come già dimostrato dall’ampliamento graduale dei certificati vaccinali per accesso ai luoghi della socialità, sostanzialmente una forma di obbligo surrettizio, la strategia prioritaria e maggioritaria in quest’ottica è stata la prima, ovvero l’individuazione di precise categorie di lavoratori dei servizi essenziali come soggette all’obbligo vaccinale.

L’Italia ha gradualmente ampliato dagli operatori sanitari e dal personale medico fino a poliziotti, militari e insegnanti il raggio d’azione dei destinatari dell’obbligo vaccinale. Oltre 2 milioni di persone, circa il 3% della popolazione, sono coinvolte da questa strategia impostata passo dopo passo dal governo Draghi.

La Francia ha proposto una strategia simile, estendendo l’obbligo a pompieri e personale aereo civile; discorso simile vale per la Polonia. Varsavia introdurrà l’obbligo vaccinale per insegnanti, operatori sanitari e forze dell’ordine. Il ministro della Sanità Adam Niedzielski ha detto che l’obbligo sarà in vigore dall’1 marzo: chi non sarà vaccinato non potrà lavorare.

Nell’Unione Europea nel 2022 la Croazia, l’Ungheria, la Repubblica Ceca e la Lettonia prevedono l’estensione dell’obbligo all’intera categoria dei dipendenti pubblici, de facto coinvolta anche in Danimarca, ove la presentazione della certificazione verde è obbligatoria per l’accesso ai luoghi di lavoro pubblici.

Dal primo giorno di aprile del 2022 l’obbligo varrà anche per il personale sanitario in Gran Bretagna, da metà marzo sarà in vigore in Germania e anche la Finlandia si prepara a varare una stretta simile; fuori dall’Unione Europea, negli Stati Uniti è in corso un braccio di ferro legale di fronte alla proposta di Joe Biden di rendere obbligatorio il vaccino per tutti i dipendenti federali, i contractors che lavorano con lo Stato a tutti i livelli e i dipendenti di aziende con più di cento dipendenti; il Canada imporrà l’obbligo vaccinale a tutti i dipendenti federali a partire dall’inizio del 2022, mentre per l’Australia e la Nuova Zelanda ciò varrà essenzialmente per i dipendenti sanitari e i lavoratori ad alto rischio. Nel mondo arabo Arabia Saudita, Libano e Tunisia di fatto estenderanno l’obbligo gradualmente a tutti i dipendenti che si muovono a contatto col pubblico. I lavoratori sanitari sono invece “attenzionati” in Turchia e Ucraina, mentre anche  Paesi agli antipodi come Ghana e Fiji hanno deciso di imporre l’obbligo vaccinale a tutti i lavoratori del settore pubblico.

Obbligo per età

Alcune nazioni, in termini abbastanza residuali per ora, hanno invece imposto un obbligo vaccinale diretto a precise categorie di cittadini divisi per età.

Micronesia, Tajikistan e Turkmenistan, in particolare, hanno deciso di imporre obbligatoriamente il vaccino a tutti i cittadini maggiorenni (dai 18 anni di età in su), così come il territorio francese della Nuova Caledonia (fatto che ha suscitato proteste) mentre l’Ecuador è andato oltre di recente rendendo obbligatorio il vaccino anti-Covid per tutti i cittadini con più di 5 anni di età.

In tutte queste nazioni, il problema principale è rappresentato dalla poca chiarezza e trasparenza della capacità dei governi di applicare concretamente le misure e di procedere a una capillare campagna di inoculazione.

Tra questi Stati, come sottolineato da Domani, chi ha la situazione più sotto controllo è la Micronesia, Stato insulare di soli 100mila abitanti ove, in particolare “chiunque riceve sussidi pubblici è tenuto a dimostrare di essersi vaccinato altrimenti rischia di perderli”. Dopo l’annuncio della politica avvenuto ad agosto “il presidente del paese David Panuelo ha ricevuto diverse minacce di morte via Facebook. Ufficialmente, il paese ha registrato fino ad ora un unico caso di Covid, grazie soprattutto a una serie di controlli alle frontiere molto stringenti”.

Chi ha scelto una strategia più contenuta è stata invece la Grecia. Kyriakos Mītsotakīs, il primo ministro conservatore di Atene, a inizio dicembre ha annunciato la decisione di imporre l’obbligo vaccinale per tutte le persone con più di 60 anni. Dal 16 gennaio chi all’interno di questo range di età non sarà ancora stato immunizzato e si rifiuterà di ricevere il vaccino contro il Covid-19 sarà colpito da una sanzione mensile di 100 euro valida a tempo indeterminato fino alla regolarizzazione, i cui introiti verranno devoluti agli ospedali greci. Una “prova generale” di quelle che potrebbero essere le politiche vaccinali obbligatorie che, altrove, hanno già trovato applicazione più rigorosa. Parliamo in particolare dei casi di Austria e Indonesia

Austria e Indonesia: obbligo e sanzioni

Vienna e Giacarta hanno ad ora le politiche più rigorose sull’obbligo vaccinale, avendo predisposto un complesso sistema di monitoraggio e sanzioni per i renitenti al vaccino.

Di fronte all’ondata autunnale che ha travolto il Paese l’Austria, squassata da una complessa crisi politica, oltre a imporre il lockdown per i non vaccinati ha imposto una politica di obbligo vaccinale che sarà valida dall’1 febbraio 2022. A partire da quel giorno chi non sarà vaccinato riceverà una multa da 600 euro, ripetuta ogni tre mesi in caso di mancata somministrazione e per chi non paga entro i limiti stabiliti ci sarà una ulteriore sanzione da 3.600 euro, a cui andranno aggiunte forti restrizioni nella socialità. Esenti da questa strategia, per ora, solo i guariti dal Covid da meno di 180 giorni e le donne incinte.

Ancora più draconiana, invece, la strategia dell’Indonesia. L’Indonesia ha reso obbligatorie le vaccinazioni a febbraio, avvertendo che chiunque si rifiutasse di vaccinarsi potrebbe essere multato o gli potrebbe essere negata l’assistenza sociale o i servizi governativi. La mossa è stata dettata dalla crescente incertezza della popolazione all’avvio della campagna vaccinale: parte della resistenza al vaccino era di natura religiosa, con le accuse al vaccino di non essere halal, cioè “puro”, cavalcate da diversi esponenti simili ai portavoce dei movimenti no-vax europei.

La via potrebbe presto essere seguita anche dalla Germania, ove si discute dell’obbligo generale. La tendenza è di un graduale restringimento delle maglie dell’obbligo vaccinale in tutto il mondo, con tempistiche diverse dettate dall’emergenza: nei prossimi mesi sarà possibile valutare l’efficacia di strategie diversificate nel coinvolgere le categorie interessate a una campagna di immunizzazione che ora non vede alternative tra le strategie per contenere il contagio.





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