Le accuse di stupro ad alcuni peacekeepers non rappresentano una novità. Barack Obama dedicò un incontro privato al problema degli abusi sessuali perpetrati dai caschi blu nel 2010. Il palazzo di vetro dell’Onu riconobbe il dramma strutturale nel 2003 e un’inchiesta del Wall Street Journal sottolineò quanto poco fosse stato fatto per risolvere il problema. Una storia pesantissima, aggravata dalle tipologie di vittime: donne e bambini. “Nel novembre del 2007 cento peacekeepers dello Sri Lanka furono accusati di aver abusato di bambini haitiani dai dieci ai sedici anni, nelle docce, nelle torrette di guardia, persino nei camion dell’Onu. Abusi sono stati commessi ancora da truppe marocchine impegnate nella Costa d’Avorio e truppe indiane sono state incriminate in Congo due anni fa”, scrisse Giulio Meotti in questo pezzo.

Eventi disseminati nelle missioni prescindendo dalla territorialità, quindi. Da quando Antònio Guterres, però, è succeduto a Ban Ki-moon come nuovo segretario generale delle Nazioni Unite, sembrava che le cose fossero destinare a cambiare. Una delle sue priorità, infatti, è stata quella di stabilire precise linee guida riguardo queste accuse di stupro. Tra le misure adottate, del resto, c’è stata l’applicazione di una task force. Ma il problema è lungi dall’essere risolto.





I nuovi dati rilasciati dall’Onu, infatti, quelli riferiti al 2017, citano 33 nuovi casi di sfruttamento e abusi sessuali, che sarebbero riferiti all’inizio di giugno di quest’anno.  Secondo quanto scritto qui, poi,  l’Onu ha annunciato poco prima il rimpatrio a Kinshasa di 600 caschi blu della Minusca, provenienti da una missione nella Repubblica Centrafricana.  Tutti presunti accusati di violenze o sfruttamento. 

Secondo il rapporto dell’Onu, 6 casi dei 33 segnalati riguarderebbero abusi sessuali, 26 sfruttamento e uno entrambi i tipi. Le Nazioni Unite, insomma, hanno più di qualche difficoltà nell’investigare, individuare e sanzionare giuridicamente i responsabili degli episodi di stupro che, però, vengono puntualmente portati all’attenzione del pubblico mediante i rapporti.

Le difficoltà in merito sono principalmente due: i processi non possono essere condotti se non all’interno delle nazioni che forniscono le truppe , quindi non in quelli in cui sono avvenute le condotte incriminate, e gli addestramenti, risultati evidentemente carenti e privi, in alcuni casi, per usare un eufemismo, di attenzione specifica in merito.

Ipotizziamo, ad esempio, che una nazione distante centinaia di km dal luogo di una missione fornisca dei caschi blu, poi incriminati per reati di violenza e stupro: i testimoni risulteranno chilometricamente distanti e la situazione del quadro geopolitico dei paesi interessati non sarà certo d’aiuto per semplificare il quadro.

La task force è guidata da Jane Holl Lute, ex vicesegretario per la sicurezza nazionale e senatrice degli Stati Uniti, un nome che dovrebbe quindi garantire una sterzata sul caso, ma un’inchiesta dell’ agenzia Associated Press ha contribuito a riportare in superficie l’enormità numerica del dramma: tra il 2005 e il 2017 ci sarebbero state 2.000 accuse di violenze e stupri riferibili ai caschi blu. L’Onu ha stanziato per il biennio 2017-2018. 6.8 miliardi di dollari per 14 missioni di pace, mentre Donald Trump ha annunciato di voler tagliare circa un miliardo di fondi destinati alle missioni dei caschi blu. 

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