La cattedrale di Notre Dame brucia per ore. E con l’incendio del grande tempio della cristianità francese se ne va una parte di Parigi, della sua storia e sicuramente anche della nostra. La struttura si è salvata. Il lavoro incessante di una squadra di centinaia di pompieri è riuscita a salvare il salvabile. Ma quel tetto avvolto nelle fiamme, quella guglia che collassa al centro della chiesa, l’edificio che si trasforma in un’immensa croce di fuoco, sono immagini che rimarranno scolpite negli occhi, nel cuore e nella mente dei francesi e di tutto il mondo. Tutti attoniti di fronte a un’immagine potente, simbolica, profonda.
La cattedrale brucia. E con essa va letteralmente in fumo una parte d’Europa. Di un continente che si è costruito anche grazie a una civiltà che ha prodotto tali concentrati di bellezza incastonati come gemme in tutto il Vecchio Continente. E che forse per troppo tempo ha quasi dimenticato cosa significasse avere certi tesori e certi simboli.
Con le fiamme di Notre Dame qualcosa è cambiato. E forse è proprio da lì, dalle immagini arrivate da Parigi nelle ore dell’incendio, che bisogna ripartire. Perché la possibilità di perdere la cattedrale ha fatto ricordare a tutti la necessità di non perdere i propri simboli, di non tralasciare quell’eredità del passato che forse troppo spesso la Francia e l’Europa ha dimenticato. E forse è anche da quelle fiamme che è opportuno ripartire.
Quel rogo ci ha fatto riscoprire fragili. E, per prima cosa, ci ha fatto capire che tutto quello che abbiamo non è certamente eterno e non può essere lasciato in balia del tempo. La cattedrale ha resistito alla furia dei rivoluzionari francesi, che consideravano la cattedrale simbolo del potere da abbattere, e al degrado dei secoli. Ma poteva non resistere a un incendio che, nel 2019, si pensava dovesse essere prevenuto in maniera decisamente più scientifica. Così non è stato. Sarà stata l’incuria, la negligenza, la mancanza di fondi: questi sono temi che solo le analisi potranno comprendere fino in fondo.E i dubbi rimarranno sempre. Ma ciò che non potrà essere rimosso è quel segnale di precarietà che ha dato il rogo di Notre Dame: nulla è per sempre. E tutti i governi che hanno fra le mani un patrimonio culturale immenso devono comprendere fino in fondo la responsabilità che hanno non solo nei confronti del loro popolo, ma anche verso il mondo.
Ma non è l’unico insegnamento che dobbiamo cogliere da questo rogo. Perché è un incendio che ha scosso in qualche modo tutta Parigi, che di fatto si è ricoperta legata a un filo rosso di una tradizione cristiana che sembrava aver sepolto con secoli di laicismo e battaglie rivoluzionarie o eredi di quella Rivoluzione. La cattedrale di Notre Dame ha ancora, nella sua imponenza (e impotenza), un peso importante nel cuore dei francesi. E quelle radici che spesso di tralasciano sono affiorate proprio quando uno dei loro maggiori simboli sembrava dover essere perduto per sempre. Quell’edificio che da otto secoli accompagna i parigini nella loro quotidianità e che ha segnato la storia di Francia in maniera indelebile rappresenta anche un ponte col passato che in questi tempi sembra avere sempre meno importanza.
E invece il passato esiste e le radici anche. E quel fumo denso che si innalzava dall’Île de la Cité e che ha coperto i cieli di Parigi sembra quasi aver voluto ricordare a tutti che c’è qualcosa che vive racchiuso nei legni e nelle pietre della Storia. Qualcosa che la Francia, come l’Europa, aveva dimenticato da tempo. Ma che invece ha forgiato millenni di civiltà di un continente che da tempo ha deciso di voler abbandonare il passato per concentrarsi esclusivamente nemmeno sul futuro, ma sul presente. Mentre l’incendio di Parigi ci ricorda che non solo esiste un passato da difendere, ma anche un futuro cui bisogna guardare e ricostruire. Pietra su pietra. Come Notre Dame.