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Ancora spari, feriti e arresti nel Myanmar dei militari. Anche oggi diverse manifestazioni sono state represse con la forza dalla polizia e dagli uomini dell’esercito in diverse città del Paese, dove centinaia di migliaia di persone continuano da quasi tre settimane ad opporsi al colpo di Stato del primo febbraio e a chiedere il rispetto delle elezioni vinte dal National League for Democracy (Nld), il partito di Aung San Suu Kyi.

A Yangon, la città più grande della ex Birmania, la polizia ha sparato colpi ad altezza uomo e utilizzato granate assordanti. La stessa cosa è successa a Mandalay e nella regione dell’Ayeyarwaddy. Alcuni video pubblicati sui social network mostrano chiaramente le forze di sicurezza avanzare contro la folla di manifestanti e usare le armi. In altri video si vedono persone ferite e i bossoli rimasti a terra.

Tra gli uomini del Tatmadaw – l’esercito del Myanmar – che sono stati schierati nelle strade del Paese, ci sono anche quelli della 33a divisione di fanteria leggera, un gruppo d’élite già utilizzato nelle brutali atrocità commesse contro la minoranza musulmana Rohingya nel 2017 e condannato nel 2018 da Washington. Tom Andrews, il relatore speciale delle Nazioni Unite, nei giorni scorsi aveva descritto il dispiegamento di questo reparto speciale come “una pericolosa escalation da parte della giunta in quella che sembra essere una guerra contro il proprio popolo”. Una guerra che, fino ad ora, conta sei vittime innocenti.

Arrestato e rilasciato dopo alcune ore un giornalista giapponese

Durante le dimostrazioni di oggi a Yangon è stato arrestato il giornalista giapponese Yuki Kitazumi, che gestisce una società di produzione media e che in passato ha collaborato da freelance con il quotidiano economico Nikkei. “Non ero presente, ma ho ricevuto un suo messaggio intorno alle 11.30 che diceva di essere stato arrestato. Dopo di che ho perso i contatti con lui”, ha detto alla Reuters la sua collega Linn Nyan Htun. Intorno alle 16, ora locale, il reporter è stato visto uscire dalla stazione di polizia del comune di Sanchaung.

L’arresto di Kitazumi, che per fortuna sembra essersi risolto nel migliore dei modi, ha riacceso i ricordi di un altro giornalista giapponese: Kenji Nagai, colpito a morte da un proiettile sparato dai militari il 27 settembre 2007 mentre documentava le proteste antigovernative. La sua uccisione è stata immortalata da un altro reporter, Adrees Latif, che ha fotografato Nagai mentre, già disteso per terra dopo essere stato colpito, tentava di scattare l’ultima immagine della sua vita. Per questo scatto Latif è stato premiato con il Premio Pulitzer nel 2008.

Fino ad ora oltre 750 arresti

Ad oggi, secondo il Political prisoners monitoring group, sarebbero detenute oltre 750 persone, compresa la leader della Nld. I militari, dopo aver arrestato centinaia di politici, attivisti, dipendenti pubblici, medici, ferrovieri e insegnanti, che insieme stanno cercando di paralizzare la capacità di comando delle forze armate, ora stanno prendendo di mira anche le attività commerciali private. Decine di proprietari di piccole, medie e grandi imprese in tutto il Paese, infatti, sono stati fermati e interrogati dall’Office of Chief of Military Security Affairs (Ocmsa), il ramo più temuto dell’agenzia di intelligence militare del Myanmar, conosciuto con il suo acronimo Sa ya pa.

L’Ocmsa ha svolto un ruolo di primo piano nella repressione della “Rivoluzione dello zafferano” guidata dai monaci nel 2007, dove sono morte decine di persone e ha continuato a tenere d’occhio gli attivisti politici anche dopo le vittorie elettorali della Ndl del 2015 e del 2020. Tra gli ex comandati del Sa ya pa troviamo Myint Swe, l’attuale presidente ad interim, Mya Tun Oo, il ministro della Difesa in carica e Kyaw Swe, il ministro dell’Unione per gli affari interni.





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