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Sono scene raccapriccianti quelle che stanno provenendo dall’isola di Lesbo, dove il campo profughi di Moria è stato interessato negli scorsi giorni da un incendio cui immagini hanno fatto il giro del mondo. E non solo: anche le riprese dei migranti intenti a protestare per le strade dell’isola – arrivando a vari scontri con le forze dell’ordine – hanno chiarificato quanto la situazione sulle isole della Grecia sia uscita completamente dl controllo di Atene.

Molteplici sono le cause dello stallo odierno: l’enorme flusso di migranti – incontrollato, nonostante le promesse di Recep Tayyip Erdogan – dalle coste turche, le difficoltà di Atene di gestire la situazione e la sostanziale e colpevole assenza dell’Unione europea. In una situazione che, negli anni, è sempre andata peggiorando, rendendo la frontiera orientale dell’Europa il fronte migratorio più critico, anche a causa dei contestuali stalli politici che vedono contrapposta la Grecia con la Turchia.

Si lavora sulle ripartizioni?

Secondo quanto riportato dalla testata tedesca Der Spiegel, negli ultimi giorni sempre più parlamentari starebbero richiedendo al governo federale tedesco di correre in aiuto dell’alleato ellenico, evidentemente in difficoltà nella gestione dei flussi migratori ed alle prese con delle problematiche superiori alle attese. E nonostante al momento nulla sia stato ancora progettato da Berlino, la sensazione è che la strada per una prima tranche di ripartizione sia stata battuta.

Tuttavia – ed ammesso anche che la Germania si impegni davvero nella promessa – la sensazione è che questo nuovo slancio di filantropia sia destinato a scemare molto rapidamente e non diversamente da quanto accaduto a seguito delle scene provenienti dal confine terrestre tra Grecia e Turchia lo scorso febbraio. Anche in quell’occasione, infatti, si era paventata la possibilità di correre in aiuto di Atene; soluzione però accantonata a seguito dello scoppio della pandemia di coronavirus ed alle criticità che un grosso spostamento di persone avrebbe provocato in quel momento.

Le (eterne) lacrime di coccodrillo di Bruxelles

Come sottolineato nel passaggio precedente, le possibilità infatti che a livello comunitario venga messa in atto un piano volto ad alleggerire la pressione migratoria su Atene sono molto remote. Soprattutto, se si considerano i precedenti di Bruxelles, la quale si è sempre dimostrata molto vicina e disponibile a parole, salvo mancare nella pratica nel momento in cui si sono resi necessari gli interventi diretti.

Considerando come l’Europa stia affrontando ancora il nemico pandemico del Covid-19, dunque, la sensazione è che col passare dei giorni lo stesso interesse dell’opinione pubblica andrà scemando, lasciando la Grecia ancora una volta sola al proprio destino. E la scusa, anche questa volta, sarà dettata dalle difficoltà nel garantire spostamenti in sicurezza e ridistribuzioni sul territorio a causa della possibilità di un nuovo incremento nei contagi.

In questo scenario, dunque, l’Europa ed i singoli Paesi potrebbero confermare ancora una volta quanto le promesse e le intenzioni non si confermino mai in un vero slancio d’aiuto – alimentando ancora di più i dubbi riguardo a come per molti partiti la questione migratoria sia solamente un pretesto per racimolare qualche voto aggiuntivo. E soprattutto, lo scenario delle isole greche potrebbe evidenziare nell’ennesima occasione quanto l’Europa, di fatto, non sia mai stata realmente unita.

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