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Ripenso alla frase di Indro Montanelli “Questo quotidiano nasce da una rivolta e da una sfida” stampata su una porta a vetri della sede del Giornale, e butto l’occhio sull’articolo di Mario Cervi per i quarant’anni dalla fondazione del quotidiano in cui egli narra la storia di giornalisti che hanno scritto la storia del giornalismo stesso. È ciò che Gli occhi della guerra sta facendo in questo momento, nell’anno 2017, un periodo storico sconvolto da avvenimenti drammatici e importanti. Gli state e gli stiamo rendendo onore, a Cervi, a Montanelli e a tutti coloro che nel tempo hanno sudato le proverbiali sette camicie per creare un quotidiano “diverso”, che navighi contro corrente e che si presenti come interessante per tutti, che non significa che a tutti debba piacere.

Provavo una gioia convulsa, un’euforia tutta nuova mentre mi avvicinavo alla Fabbrica del vapore colsole battente sul capo. Temevo di essere solo un candidato, che di lì a poco non sarebbe stato selezionato, eppure mi sono ricreduto: il Reporter day, e ciò che ne seguirà, ha dato e sta dando la possibilità a tutti noi di esser protagonisti della nostra vita, avendo per noi il giornalismo questa importanza.

Durante la premiazione pensavo a quanto avrei voluto chiedere ai giudici, che mi hanno esaminato il giorno prima, sulla loro vita e su come fare per riuscire a vivere a pieno il giornalismo, che per me non è un lavoro, bensì, prima di tutto, la mia più grande passione. In un certo senso mi mangiavo le mani. Ma oggi, a giorni di distanza, mi rendo conto che non tutto poteva esser spiegato a parole, poiché molto andava letto negli occhi dei presenti.

Viene chiamata “esperienza”, ma so che è stato molto di più sebbene non conosca il termine adatto per definirla. So però che aver discusso di giornalismo con personaggi del calibro di Vittorio Macioce e Marco Maisano ha confermato in me la voglia (quasi necessità) di seguire il mio cuore portando avanti questa mia passione. E che le parole del direttore Sallusti, sul tener duro, non farsi scoraggiare e seguire il proprio istinto, rappresentano la bussola per me e per chiunque altro voglia fare del giornalismo e della scrittura la propria vita.

Non sono stato selezionato, quindi non ho vinto. Ma sono tornato a casa con un tesoro, che è una certezza: questo lavoro è la mia vita.





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