La pandemia è ormai alle spalle ed Israele può guardare, con serenità, al futuro. Anzi no, la situazione è ancora instabile e se la gente non si comporterà nel migliore dei modi potrebbe essere necessario un quarto lockdown nazionale. Per questo, anche a Tel Aviv, si scontrano aperturisti e chiusuristi in un turbinio di parole, riportate dal Times of Israel, che appaiono schizofreniche e che confondono l’opinione pubblica.
Del primo gruppo fa parte il primo ministro Benjamin Netanyahu, che ha gli occhi puntati sulle elezioni legislative del 23 marzo ed è stato fautore della straordinaria campagna di vaccinazione israeliana che ha consentito al 52% di cittadini di immunizzarsi almeno parzialmente. Il secondo schiera tra le sue fila Nachman Ash, responsabile della gestione del coronavirus e sostenitore della linea della prudenza. La preoccupazione di Ash sembra essere condivisa dal Professor Ran Balicer che si è definito ottimista in merito alla riapertura dell’economia ma che ha anche ricordato come la situazione potrebbe deteriorarsi se non verranno seguite le precauzioni.
Per Balicer l’allentamento di alcune misure avrebbe dovuto essere posticipato e gli addetti ai lavori dovrebbero monitorare con più attenzione la possibile comparsa di una variante israeliana del Covid-19. Le promesse di normalità fatte da Netanyahu alla popolazione non vengono recepite dagli scienziati, che sono focalizzati sul monitoraggio del tasso di riproduzione del virus. Chi ha ragione? La risposta dipende da come si inquadra il problema e da quale approccio si sceglie per provare a risolverlo. Gli esperti di salute pubblica sono focalizzati sulla mera risoluzione dell’emergenza sanitaria senza considerarne le ricadute economiche e psicologiche, i politici, invece, devono evitare il fallimento economico dello stato ed il collasso psicologico dei cittadini.
Luci ed ombre
Israele ha riaperto buona parte della propria economia in seguito all’eliminazione delle ultime restrizioni legate al coronavirus in vigore da mesi. Le scuole primarie e secondarie, i bar ed i ristoranti e gli hotel sono tornati ad accogliere studenti ed ospiti mentre, dal punto di vista culturale, sono già stati organizzati alcuni eventi pubblici come concerti e spettacoli teatrali. Restano vigenti limitazioni alla capienza dei locali e agli eventi e per poter accedere ad alcuni servizi è necessario fare uso del Green Pass, una sorta di certificato vaccinale in formato digitale.
Più del 52% della popolazione ha ricevuto almeno una dose del vaccino Pfizer ed il 40% è stato completamente immunizzato. Il preparato della Pfizer è considerato tra i migliori al mondo nel fronteggiare il Covid-19 ed ha un tasso di efficacia di oltre il 94% nel prevenire la malattia. La vaccinazione delle persone più anziane, oltre l’84% degli ultra settantenni ha ricevuto le due dosi del siero, ha portato ad una drastica diminuzione dei casi gravi in questa fascia di età ed alla conferma dell’efficacia dei vaccini nel mondo reale.
Il Covid-19, malgrado gli sviluppi positivi, sta continuando a circolare in maniera sostenuta nel paese. La media a sette giorni dei nuovi casi, aggiornata al 6 marzo, è di 3.681 infezioni e questo dato non ha subito oscillazioni sostanziali nelle ultime tre settimane. Il picco dell’ondata dei contagi in corso è stato toccato il 18 gennaio, con una media di 8.624 casi in sette giorni e la decrescita, che comunque ha avuto luogo, sembra aver raggiunto una fase di stagnazione in cui non ci sono più progressi.
Il fattore varianti
Uno studio condotto su 50mila israeliani non vaccinati, infettati dal Covid-19 nei mesi di gennaio e febbraio, ha evidenziato alcuni dati preoccupanti. L’efficacia dei vaccini ha impiegato più tempo di quanto ci si aspettasse a manifestarsi ed è stata offuscata da una crescita del 70% dei casi severi della malattia tra chi non ha ricevuto la profilassi. Ad essere responsabile di questi sviluppi è la variante britannica del coronavirus, individuata in Israele alla fine del 2020 ed ormai dominante.
La variante, emersa a settembre nel Regno Unito, è molto più contagiosa del ceppo originario ed infetta con più facilità i giovani. La decisione di chiudere l‘aeroporto di Ben Gurion ed i confini terrestri tanto agli stranieri quanto ai cittadini israeliani non è riuscita a proteggere la nazione dall’assalto delle mutazioni ed alcuni giorni fa si è deciso di riaprire l’aeroporto ad un numero limitato di passeggeri sperando che non portino altre varianti. Le regole di ingresso sono restrittive ed è obbligatorio presentare un test PCR negativo eseguito entro le ultime 72 ore, sottoporsi ad un altro test in aeroporto e poi passare un periodo di 10-14 giorni in quarantena. La quarantena può essere evitata in presenza di un certificato che attesti l’avvenuta vaccinazione o guarigione della persona dal Covid-19.