“Tutti i leader del Partito Comunista e dello Stato sono stati vaccinati contro il Covid-19. Sono stati tutti immunizzati con vaccini prodotti in Cina”. Lo ha affermato Zeng Yixin, viceministro della Salute, che ha pure reso pubblici altri dati. Si apprende così che tra gli over 60 cinesi, l’89,6% ha ricevuto almeno una dose ma solo il 67,3% tre dosi, mentre tra gli over 80, questo tasso scende addirittura al 38,4%. Numeri troppo bassi per uscire definitivamente dalla morsa del Sars-CoV-2 e abbandonare, o quanto meno allentare, la rigida strategia zero Covid.

È tuttavia singolare che Pechino abbia diffuso un simile messaggio, un apparente tentativo di invogliare i cittadini a vaccinarsi, chiamando in causa niente meno che il presidente Xi Jinping e il primo ministro Li Keqiang. Anche loro due, infatti, fanno parte della categoria “leader di stato e di partito”, una categoria specifica che comprende, tra gli altri, alti funzionari e vice a livello nazionale. L’altra stranezza sta nel fatto che, in Cina, le informazioni sanitarie come quelle diffuse dal viceministro Zeng non sono solitamente condivise con il pubblico.

Da questo punto di vista, possiamo dire che Pechino ha adottato uno stile comunicativo molto più consono ai governi occidentali che non al proprio registro. Nei mesi più duri della pandemia, infatti, ricordiamo le immagini diffuse dai media che ritraevano presidenti e premier durante la vaccinazione, in un chiaro tentativo di dare il buon esempio e invogliare i cittadini a compiere lo stesso gesto. Certo, nel caso cinese stiamo parlando di una affermazione e non di foto o video, ma l’esternazione delle autorità resta comunque indicativa.

Ma il mistero più grande, a proposito di stranezze, riguarda la tempistica con la quale il popolo cinese è stato informato della vaccinazione di Xi e degli alti funzionari. Le affermazioni del viceministro Zeng non contengono riferimenti temporali, e dunque non sappiamo quando sia stato vaccinato il presidente cinese. Possiamo però chiederci per quale motivo Pechino abbia deciso di lanciare questo appello-messaggio alla popolazione soltanto adesso, ovvero a quasi tre anni dallo scoppio della pandemia. Fino ad ora, non erano pervenute esternazioni simili, né per bocca di sanitari né attraverso articoli o servizi rilanciati dai media.



Il messaggio di Pechino

Il messaggio lanciato dal viceministro Zeng sembra contenere due importanti significati. Il primo: i vaccini cinesi contro il Covid sono sicuri e funzionano, quindi i cittadini dovrebbero terminare al più presto i loro cicli vaccinali. Il secondo: questi vaccini, gli stessi iniettati alla popolazione, sono stati somministrati anche funzionari di spicco, nonché al presidente Xi Jinping. In altre parole, le autorità sanitarie di Pechino, probabilmente nel tentativo di rassicurare i cinesi più scettici sulla loro qualità, hanno lanciato un appello inedito.

Come detto, a un anno e mezzo dall’inizio ufficiale della campagna vaccinale in Cina, questa è la prima volta che Pechino menziona chiaramente lo stato di vaccinazione dei leader (e dei leader). Il punto è che il Dragone registra attualmente soltanto poche centinaia di nuovi casi positivi al giorno, e le autorità stanno riscontrando grandi difficoltà a convincere alcuni cinesi a immunizzarsi, soprattutto gli appartenenti alla terza età, e cioè alla fascia più sensibile agli effetti del virus. Ricordiamo, inoltre, che la Cina continua ad applicare una rigida politica sanitaria, in particolare in nome della tutela degli anziani, appunto scarsamente vaccinati.

Una possibile spiegazione del perché le autorità sanitarie abbiano fatto riferimento ai leader e parlato di numeri vaccinali, potrebbe essere il seguente: i funzionari stanno cercando in tutti i modi di aumentare i tassi di vaccinazione, considerati ancora troppo bassi perché il Paese possa riaprire in sicurezza. La strategia zero Covid abbracciata dal Partito Comunista Cinese ha permesso alla Repubblica Popolare di limitare al minimo i decessi e i contagi, soprattutto in confronti ai numeri registrati in molti altri Paesi, ma questo approccio, sostenuto da politiche durissime, sta iniziando ad affrontare i primi segnali di sofferenza a causa della pressione delle restrizioni. Giusto per citare un caso recente, un focolaio di Covid esploso a Shanghai lo scorso aprile ha spinto le autorità a bloccare l’intera città per più di due mesi.

Timori e preoccupazioni

Tornando al commento del viceministro Zeng, questo non ha specificato quando i funzionari avessero ricevuto il vaccino, né quante dosi. Le dichiarazioni sono però emblematiche della situazione epidemiologica cinese. Esperti e funzionari hanno avvertito che tassi di vaccinazione più bassi per gli anziani probabilmente spremerebbero le risorse sanitarie del Paese se il virus si diffondesse ampiamente. A quel punto la Cina sarebbe meno pronta ad abbandonare la politica zero Covid, che richiede severi requisiti di quarantena per i viaggiatori internazionali e varie restrizioni sulla circolazione delle persone e sul funzionamento delle imprese locali nelle aree domestiche con cluster. Numeri alla mano, nelle ultime 24 ore la Cina ha segnalato 982 nuovi casi di coronavirus. La maggior parte dei casi è localizzata nella provincia nord-occidentale del Gansu e nella regione meridionale del Guangxi.

“I vaccini Covid non causano leucemia o diabete, né influenzano lo sviluppo genetico, causano metastasi tumorali o potenziamento anticorpo-dipendente, e queste sono informazioni false e irresponsabili su Internet”, ha affermato Wang Fusheng, esperto di malattie infettive presso un ospedale affiliato con l’esercito cinese. Ecco un’altra dichiarazione che conferma l’intento di questa campagna di sensibilizzazione alla vaccinazione. La Bbc sostiene che una delle principali preoccupazioni tra i non vaccinati sia rappresentata dalla sicurezza dei vaccini utilizzati in Cina. Sui social e tra le persone sono circolati aneddoti di gravi malattie post-vaccinazione che hanno suscitato – e suscitano tutt’ora – paura e critiche per la mancanza di trasparenza del governo e dei produttori cinesi di vaccini.

Oltre la Muraglia non si registrano espressamente movimenti no Vax ma, a quanto pare, anche nell’ex Impero di mezzo aleggiano timori e dubbi sugli effetti del vaccino. Per le persone di età superiore ai 60 anni, la vaccinazione primaria completa con iniezioni cinesi ha ridotto dell’89% il rischio di progressione verso una malattia grave, mentre una dose di richiamo ha ulteriormente abbassato il rischio al 95%, rispetto ai non vaccinati, ha affermato Feng Zijian, funzionario del Associazione cinese di medicina preventiva. Ricordiamo che la Cina deve ancora approvare i prodotti Covid di fabbricazione straniera, e che il Paese utilizza per lo più vaccini realizzati da Sinovac e Sinopharm.