L’America Latina è una prateria sconfinata che, per una mescolanza di variegate ragioni – principalmente porosità dei confini, densità della corruzione, concentrazione di zone grigie, elevate opportunità di riciclare il denaro illecito e geografia –, risulta incredibilmente permeabile all’infiltrazione di attori venefici appartenenti alle realtà del crimine organizzato e del terrorismo internazionale.

Perché la sicurezza dell’Ispanoamerica non è minata e minacciata soltanto ed esclusivamente da componenti endogene, quali sono le organizzazioni paramilitari, i cartelli della droga e le bande di strada (pandilla), ma anche dall’immigrazione di agenti del crimine e del terrore provenienti dall’estero che al soggiorno turistico prediligono lo stabilimento di ramificazioni durevoli o permanenti. Questa globalizzazione della criminalità organizzata ha trasformato intere aree, come la Triplice frontiera, in paradisi infernali dove si incrociano le vie e i destini di criminali e terroristi locali e internazionali, e determinato il radicamento di pericolose entità dalle origini più disparate: Albania, Israele e Giappone.

Prostituzione e cocaina

Ricerche sul campo da parte dei giornalisti investigativi e organizzazioni non governative e indagini ufficiali di forze dell’ordine hanno appurato che clan della Yakuza siano operanti al confine tra Messico e Stati Uniti nel traffico di esseri umani. Le investigazioni della giornalista Lydia Cacho sulla tratta delle donne a Tijuana hanno raggiunto le medesime conclusioni: la mafia giapponese procaccia il territorio alla ricerca di donne da costringere alla prostituzione in madrepatria; donne che verrebbero vendute dalle proprie famiglie bisognose di denaro.

Ma la Yakuza non sarebbe presente soltanto in traffico di esseri umani propedeutico al sostentamento dell’abnorme mercato della prostituzione nipponico. Gli arresti suggeriscono che i mafiosi giapponesi siano in Messico anche per un’altra ragione: gli stupefacenti.

Mentre l’arrivo dei procacciatori di schiavi sessuali a Tijuana sembra essere datato fine anni ’90 e inizio anni 2000, non v’è una data precisa riguardante il loro coinvolgimento nel traffico internazionale di droga. L’attenzione su questo fenomeno, a lungo oggetto di indiscrezioni e chiacchiere di corridoio nei commissariati, viene posta in maniera ufficiale il 3 dicembre 2010.

Quel giorno, un’operazione di polizia a Città del Messico conduceva all’arresto di un cittadino giapponese, Phanor Eriko Kuratomi, e di un messicano, Juan Ignacio Angeles Reyes. I due, colti in flagranza di reato con oltre un chilogrammo di cocaina, sarebbero stati i mediatori di un affare inerente acquisto di droga e tratta di donne: entrambe ivi comperate con l’obiettivo di essere trasportate a Tokyo.

Tatuaggi di carpe tra Brasile e Argentina

Dopo il Messico, le nazioni latinoamericane in cui vi sono prove conclamate – arresti – della presenza della Yakuza sono Brasile e Argentina. In entrambi i casi, l’arrivo dei mafiosi giapponesi sembra essere avvenuto all’alba del dopo-guerra fredda, ovverosia durante la metà dell’ultimo decennio del Novecento.

In Brasile, ad esempio, nel lontano 1994 fu arrestato Hitoshi Tanabe, un membro del clan Yamaguchi-gumi, accusato di aver tentato di realizzare un traffico internazionale di cocaina. L’uomo avrebbe voluto utilizzare la diaspora giapponese dello stato di Paraná per trasportare gli stupefacenti in cambio della promessa di un lavoro in madrepatria.

Dal Messico al Brasile il comune denominatore è la ricerca costante del silenzio mediatico, nonché l’allontanamento dalla lente degli investigatori, perciò i contatti con le realtà criminali autoctone vengono ridotti al minimo indispensabile e il resto dell’illecito viene consumato all’interno delle piccole ma omertose diaspore nipponiche. Queste peculiarità, oltre ad aver reso poco permeabile la “Yakuza latina”, hanno storicamente complicato le attività dell’indagine e, di conseguenza, comportato un numero limitato di operazioni di polizia.

È errato credere, però, che i pochi arresti siano il riflesso di una presenza ridotta. Le inchieste della Divisione di Ricerca Federale (Federal Research Division) del Congresso degli Stati Uniti hanno appurato che clan della Yakuza operino nella Triplice Frontiera, e membri del già menzionato Yamaguchi-gumi si trovano detenuti per traffico internazionale di stupefacenti nelle carceri (anche di massima sicurezza) di diversi Paesi, tra i quali l’Argentina.

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