Se gli strani malesseri che lo scorso dicembre avevano causato il ricovero di centinaia di persone si sono poi rivelati un mezzo fuoco di paglia, il discorso potrebbe cambiare con l’ultimo campanello d’allarme, proveniente sempre dall’India. Dall’inizio di gennaio, l’Elefante indiano deve fare i conti con la rapida diffusione dell’influenza aviaria. Il governo di Nuova Delhi ha comunicato che sono stati confermati casi d’infezione in dieci Stati. Come se non bastasse, il governo ha diramato un’allerta alquanto sinistra, avvertendo della possibilità che l’influenza venga trasmessa agli esseri umani.
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) afferma che gli esseri umani possono essere contagiati solo raramente, ma quando questo accade il tasso di mortalità è di circa il 60%. Sempre secondo l’Oms, la trasmissione da uomo a uomo è “difficile”, ma vi è sempre la possibilità che l’H5N1 – una variante dell’influenza aviaria molto patogena riscontrata in alcuni volatili presenti negli allevamenti indiani – sia soggetto a mutazioni tali da renderlo una minaccia pandemica per gli esseri umani. Ad oggi, l’India ha confermato la presenza dell’aviaria a Delhi, Himachal Pradesh, Haryana, Rajasthan, Madhya Pradesh, Gujarat, Uttar Pradesh, Kerala e Maharashtra. Altri Stati sono in attesa di test. Nel frattempo il Paese ha subito messo in atto misure di contenimento.
Un nuovo nemico
Le autorità indiane hanno chiuso il Ghazipur market, a Nuova Delhi, il più grande mercato all’ingrosso di pollame. La decisione è arrivata dopo che circa 200 volatili sono stati trovati morti. Nella regione della capitale, inoltre, sono stati chiusi ai visitatori laghi e santuari per la conservazione della fauna selvatica. Domenica, ha sottolineato l’Agi, le autorità dell’Uttar Pradesh hanno chiuso uno zoo nella città di Kanpur dopo la morte di alcuni volatili. La situazione ha presto assunto dimensioni preoccupanti. Tant’è vero che la commissione permanente sull’Agricoltura del parlamento ha convocato vari funzionari per chiedere spiegazioni su quanto stava accadendo.
“L’influenza aviaria è stata confermata in 10 Stati del Paese, dove sono state registrate morti di corvi e di uccelli migratori”, ha quindi fatto sapere l’esecutivo con una nota ufficiale. “Agli Stati è stato chiesto di diffondere informazioni corrette al pubblico e di evitare la diffusione di disinformazione. Inoltre, è stato chiesto a Stati ed enti locali di aumentare la sorveglianza attorno agli specchi d’acqua, nei mercati degli uccelli vivi, negli zoo, nelle fattorie, e di trattare propriamente le carcasse. Inoltre, è necessario mantenere forniture adeguate di dispositivi per la protezione individuale e accessori adeguati per le operazioni di abbattimento”. C’è poi un’ultima frase che non lascia spazio all’immaginazione, e che evidenzia il timore più grande delle autorità: è previsto un “coordinamento con le autorità sanitarie per una stretta vigilanza dell’epidemia e per evitare il salto della malattia agli esseri umani“.
Polli, allevamenti, uccelli migratori
Nella prima settimana di gennaio l’entità dell’influenza aviaria ha assunto contorni a dir poco preoccupanti. Diversi Stati indiani hanno iniziato a registrare un numero senza precedenti di misteriosi decessi tra uccelli selvaggi e migratori, perfino tra polli e tacchini. Nell’Himachal Pradesh sono morti oltre 3mila uccelli, per lo più oche selvatiche, le cui carcasse sono state rinvenute nei pressi di un lago dove transitano volatili. Nel Kerala il virus ha ucciso 12mila anatre e costretto le autorità ad abbattere 35mila uccelli.
Discorso simile nello Stato dell’Haryana, con 150mila polli morti negli allevamenti, e nel Rajasthan, con 4.500 tra corvi e aironi deceduti. In seguito alle indagini epidemiologiche, le infezioni sono risultate causate da un virus influenzale di tipo A, primariamente l’H5N1, la famigerata e citata variante dell’Influenza aviaria altamente patogena (Hpai). In seguito, sono stati individuati altri ceppi influenzali come l’H7N1, l’H8N1 e l’H5N8. L’obiettivo di Nuova Dellhi è evitare che l’epidemia, al momento animale, possa ulteriormente estendersi. Al punto di contagiare anche gli esseri umani.