L’Europa ed in generale i Paesi dell’Unione europea avrebbero potuto fare qualcosa a priori che potesse limitare l’impatto e la diffusione del Coronavirus sulla nostra società? La risposta – anche se a ragion veduta è sicuramente più semplice da formulare – è purtroppo affermativa ed è basata su una serie di errori valutativi fatti a livello comunitario già nello scorso mese di febbraio. Con lo scoppio della pandemia, però, la situazione è drasticamente peggiorata: evidenziando al Mondo intero quanto l’Europa si sia fatta cogliere impreparata a gestire la crisi e sia diventata vittima delle carenze sanitarie che – agendo con anticipo – si sarebbero potute scongiurare.

L’Europa si sentiva in una botte di ferro

È datato allo scorso febbraio – come evidenziato dall’agenzia di stampa Reuters – un incontro avvenuto a livello comunitario riguardante lo stato di preparazione dei sistemi sanitari dei Paesi dell’Unione europea. In quella situazione, ciò che era emerso dal confronto era che l’Europa si poteva considerare in una botte di ferro grazie ad uno dei sistemi sanitari aggregati più preparati al mondo e forte della presenza sul territorio di tutti quegli strumenti – come guanti, mascherine e ventilatori polmonari – necessari a contrastare la pandemia e garantire le adeguate cure.

Non è chiaro che cosa sia successo nel frattempo, quando soltanto un mese abbondante è passato: l’unica evidenza è che il sistema sanitario europeo – nonostante le sicurezze iniziali – è collassato su sé stesso, rendendo il Vecchio continente il nuovo focolaio del Mondo (almeno per il momento). Tuttavia, appare chiaro come alla base del tracollo ci siano stati dei gravissimi errori di valutazione che hanno contribuito allo scenario odierno che stiamo attraversando.

Non soltanto l’estrema misura della serrata per limitare i contagi che è stata attuata con troppo ritardo ma anche la scarsità di dotazioni mediche e igieniche è stata la discriminante che ha gettato l’Europa in questo disastro sanitario destinato a perdurare ancora per molto tempo. E la sensazione che – se si fosse agito con anticipo – tutto sarebbe stato gestito con maggiore efficacia appare ogni giorno sempre più evidente: soprattutto buttando l’occhio a quello che sta succedendo nel resto del Mondo.

I numeri “leggeri” della Cina sono stati fuorvianti

Si pensava in realtà sin da subito, ma le evidenze sono soltanto arrivate nelle ultime settimane, quando per noi il tempo era già purtroppo scaduto: i numeri della Cina riguardo i morti ed i contagiati potrebbero essere stati mitigati dalle autorità vicine al Partito comunista cinese. A parlare di numeri “leggeri” è stato il presidente americano Donald Trump, alle prese negli Stati Uniti con gli stessi identici problemi che stiamo vivendo in Europa, dove la sottovalutazione ha anche in questo caso giocato un ruolo dannatamente fatale.

In base ai dati comunicati dal governo cinese, le autorità sanitarie hanno di fatto sottostimato il numero di pazienti attesi nonché la capacità del patogeno di diffondersi nella popolazione. E questo fattore ha giocato un ruolo chiave soprattutto nelle prime settimane, quando delle misure anticipate sarebbero riuscite a limitare maggiormente i numeri della crisi. Nonostante l’accusa rivolta alla Cina non possa allo stato attuale essere validata da dati certi ed affidabili, la sensazione è quella che se Pechino avesse collaborato più attivamente – anche richiedendo aiuto internazionale – molte complicazioni si sarebbero potute affrontare più facilmente, senza attendere che il problema divenisse globale.

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