L’Egitto è uno dei paesi più antichi al mondo e nonostante la sua grandezza geografica è legato a doppio filo con il Nilo e le oasi. Senza l’acqua il paese, che è completamente desertico, morirebbe. Non a caso la popolazione egiziana è concentrata sulle rive del Nilo e intorno alle oasi. Ma la grande natalità sta creando una bomba a orologeria pronta a esplodere.
A febbraio è nato il centomilionesimo egiziano. Un vero problema per un paese con poco suolo coltivabile e poca capacità di creare condizioni di lavoro accettabili per la popolazione. La rabbia dei giovani che non trovano lavoro è stata il motore della Primavera Araba e il governo di Abdel Fatah al Sisi ne è ben consapevole. Tanto che il presidente ha dichiarato che l’alto tasso di natalità rappresenta il maggiore pericolo per il paese insieme al terrorismo.
Il governo militare ha lanciato un programma il cui slogan è: “Due figli sono abbastanza!”. Fino a oggi però i risultati sono stati scarsi e non hanno impedito che il paese raggiungesse i cento milioni di abitanti.
Come se non bastasse il problema della demografia, il coronavirus sta creando non poche fibrillazioni e lo dimostra il nervosismo che il governo sta mostrando nei confronti dei giornalisti stranieri che affrontano il tema.
L’Egitto ha revocato le credenziali di stampa di una giornalista britannica, Ruth Michaelson, del quotidiano inglese The Guardian e ha censurato il capo dell’ufficio cairota del New York Times, Declan Walsh, per “malafede” riferendo sui casi di coronavirus del paese. Il Servizio Informazioni Statale (Sis) ha sostenuto che “a fretta dei corrispondenti di promuovere dati errati non li giustifica, basandosi su uno studio inedito e scientificamente non riconosciuto” e che ciò “dimostra la loro malafede intenzionale e la volontà di danneggiare gli interessi egiziani”.
Il Sis, quando parla di studi non scientifici, fa riferimento allo studio di epidemiologi canadesi che hanno stimato che le infezioni egiziane da Covid-19 abbiano superato i 19mila casi. Gli egiziani continuano invece a sostenere che i malati siano solo alcune centinaia. Le forze di sicurezza egiziane hanno anche arrestato il romanziere Ahdaf Soueif, sua sorella Laila Soueif, l’attivista Mona Seif e Rabab El-Mahdi, professore di scienze politiche, dopo che avevano tenuto una piccola manifestazione nel centro del Cairo chiedendo il rilascio di prigionieri per il timori di possibili focolai di coronavirus nelle carceri sovraffollate del paese.
L’Egitto per ora ha preso decisioni molto blande contro il covid-19, chiudendo i negozi non essenziali solamente di notte. La guerra delle cifre dei contagiati dimostra però come il governo tema ogni forma di notizia che possa creare inquietudine tra la gente e possa portare la popolazione a dubitare della capacità del governo di gestire la situazione. Certamente il sistema ospedaliero egiziano rischierebbe di collassare di fronte a un’espansione del virus come quella avvenuta in Italia, Cina, Corea del Sud e Iran.
È dubbio però che lo sminuire la situazione possa tranquillizzare i già inquieti egiziani. Anche il settore del turismo, una delle colonne portanti dell’economia egiziana, risentirà tantissimo del crollo dei viaggi causato dalla pandemia del coronavirus. Il rallentamento globale dell’economia seguito a questa tragedia finirà per ricadere come una valanga sulla già povera popolazione egiziana. Gestire politicamente questa fase non sarà affatto facile per al Sisi.