Da qui ai prossimi mesi saremo letteralmente invasi di vaccini anti Covid. O meglio: questa è la speranza riposta dai governi di mezzo mondo sulle case farmaceutiche, autentiche protagoniste, nel bene e nel male, di quest’ultima – si spera – fase emergenziale. In attesa di capire se le Big Pharma riusciranno a incrementare le rispettive catene di produzione, nel mondo giornalistico è già partito il “toto vaccino”. Proprio come se stessimo parlando di calciatori, i confronti tra i vaccini sono all’ordine del giorno.

Caratteristiche, costo, efficacia: qual è il siero migliore da utilizzare? Il dibattito è tanto surreale, in quanto al momento è già tanto poter contare su un qualsiasi vaccino tra quelli approvati, quanto assurdo, visto che ciò che rende migliore un vaccino non dipende soltanto da un paio di cifre riportate sulle tabelle. Detto in altre parole, poiché vi è un’importante carenza di dosi, non dovrebbe essere il caso di fare troppi gli schizzinosi. L’obiettivo più importante, al momento, è infatti quello di immunizzare quante più persone possibili, nel tentativo di arrivare alla tanto agognata immunità di gregge (in Italia il traguardo sarà tagliato quando verrà vaccinato circa il 70% della popolazione) e frenare così la circolazione del Sars-CoV-2.

Che cos’è l’efficacia?

I vaccini che gradualmente vengono approvati dalle autorità regolatrici, sono stati sperimentati in condizioni tra loro ben differenti (ad esempio, in un Paese può essere diffusa una variante del virus più ostica rispetto a quanto avviene altrove). Ha dunque poco senso confrontarli tra loro e, senza avere approfondite conoscenze scientifiche, è altrettanto inutile azzardare previsioni su quale sia migliore di un altro. Anche perché il rischio è quello di farsi un’impressione del tutto sbagliata in un momento delicatissimo.

Certo, va benissimo orientarsi guardando l’efficacia di un serio. Ma è quanto mai doveroso aver ben chiaro che cosa intendiamo con quella percentuale. Facciamo un esempio pratico. Pfizer e BioNTech hanno rilevato per il loro vaccino un’efficacia pari al 95%. Chiariamo subito: no, non significa che il siero in questione protegga 95 persone su 100 dalla malattia provocata dal Sars-CoV-2. Il discorso, come ha sottolineato anche Il Post, è un po’ più complesso. Solitamente, durante le fasi di sperimentazione, i ricercatori suddividono i partecipanti (sani) in due gruppi: il primo riceve il vaccino, l’altro un placebo, cioè una sostanza che non ha alcun effetto. A quel punto, entrambi i gruppi conducono una vita normale.

Alcuni di loro entreranno in contatto con il virus, altri no; alcuni si ammaleranno, altri no o dovranno fare i conti con sintomi più o meno lievi. In un secondo momento, i ricercatori raccolgono tutti i dati sui volontari. Pfizer-BioNTech hanno condotto la fase 3 di sperimentazione del loro test su 44mila volontari; 170 di loro hanno manifestato sintomi da Covid. Ebbene, 162 di questi avevano ricevuto il placebo, 8 il vaccino sperimentale. Calcolando il rapporto tra i partecipanti malati e quelli sani di ciascun gruppo, si ottengono dei valori che, rapportati tra loro, danno l’efficacia percentuale del siero testato. In definitiva, un’efficacia al 95% indica la stima della riduzione relativa al rischio di contrarre il Covid-19 in forma sintomatica grave nel “gruppo vaccinato” rispetto al “gruppo placebo”.

Lo scopo del vaccino

Pensare che il vaccino Pfizer-BioNTech sia migliore – e quindi da preferire – rispetto a quello sviluppato da AstraZeneca, basandosi soltanto sul valore percentuale dell’efficacia, è dunque un’errata convinzione. Lo scopo principale di un siero anti Covid, del resto, è evitare che il virus sviluppi sintomi gravi nel corpo del paziente, o peggio la sua ospedalizzazione o, peggio ancora, la morte. Meglio ancora se un vaccino impedisce alle persone di ammalarsi del tutto. Ma, nel caso in cui questo non dovesse succedere, non significa che un antidoto sia sostanzialmente inefficace.

Ciò che conta veramente è che il vaccinato non sviluppi una forma particolarmente dura della malattia. Leggendo quanto riportato dall’autorevole rivista scientifica Jama, l’efficacia contro le forme più acute di Sars-CoV-2 dei tre vaccini approvati dall’Unione europea è pressoché identica e vicina al 100%. Anzi: a differenza della vulgata popolare, che vorrebbe l’AstraZeneca meno funzionale degli altri, il siero prodotto dall’azienda anglo-svedese sembrerebbe essere in grado di proteggere i vaccinati al 100% dalle forme più gravi del Covid prima degli altri (in 21 giorni dopo la prima dose, contro i 14 giorni richiesti dopo la seconda dose Moderna).

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