Le rivolte scoppiate in varie città statunitensi in seguito all’omicidio di George Floyd diventano sempre più violente, con auto della polizia assalite e date alle fiamme, scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, auto della polizia che passano sopra i dimostranti, stazioni della polizia bersagliate da molotov, vetrine di negozi spaccate e non potevano ovviamente mancare i saccheggi ai negozi, il cosiddetto “looting“, oramai un classico di ogni protesta seguita da un abuso della polizia, fin dai tempi del caso “Rodney King” del 1991.
La società americana appare in stato confusionale, con la polizia divisa tra chi passa sopra i manifestanti con l’auto e usa le maniere forti e chi invece decide di togliersi il casco e stringere la mano ai dimostranti. Nella Third Ward di Houston, quartiere dove era cresciuto George Floyd, il capo della polizia della città texana, Art Acevedo, ha prima tenuto un discorso per solidarizzare con i manifestanti e li ha poi invitati a manifestare pacificamente, unendosi egli stesso al loro corteo. Persino le minoranze etniche appaiono confuse, con i latinos che se in alcuni casi scendono in strada per manifestare contro la brutalità della polizia, in altri casi recriminano che nessuno scende in strada a protestare quando tocca a loro essere vittime di soprusi. Eloquente il post di un ispanico del Texas con una foto di bambini trattenuti all’interno di una recinzione dell’Ice e la scritta “perché nessuno scende in strada per noi quando ci chiudono in gabbia”? Un altro utente denuncia invece il fatto che si scende in strada a devastare auto della polizia quando un agente uccide qualcuno, ma ci si guarda bene dal manifestare quando degli spacciatori uccidono una bambina di sette anni.
Una divisione sociale accompagnata anche da tutta una serie di fantasiose teorie complottiste che vanno dal coinvolgimento dei cartelli messicani nei disordini fino ad arrivare ai soliti piani segreti dei russi per dividere l’America e condizionare le elezioni presidenziali. C’è poi chi arriva addirittura a ipotizzare che George Floyd non sia realmente morto.
Il complottismo dilaga
Il Presidente americano Donald Trump ha reso noto che gli Antifa saranno inseriti nella “black list” delle organizzazioni terroristiche e di fatto è anche una decisione condivisibile. Se per indicare il “terrorismo” utilizziamo la definizione di Boaz Ganor dell’ICT di Herzliya e cioè: “Violenza perpetrata nei confronti di civili per motivi politici”, allora il provvedimento può essere considerato più che legittimo. Il fatto che eventuali Antifa possano essersi infiltrati tra i manifestanti per cavalcare le proteste non stupisce perché si tratta di un tipico modus operandi più volte attuato.
La faccenda diventa però un po’ più colorita nel momento in cui subentrano affermazioni come quelle di alcuni attivisti della destra che hanno tirato in ballo una foto del Procuratore generale del Minnesota, Keith Ellison, con una copia dell’ “Anti-Fascist Handbook”, come se fosse una prova incriminante di non si sa bene quale piano malefico partito dall’alto.
I sostenitori della sinistra Dem e di quella radicale hanno invece tirato in ballo i soliti oscuri complotti russi che vengono “estratti dal cappello” ogni qualvolta che la sinistra americana è in crisi o anche solo semplicemente per attaccare Donald Trump. La docente di Giurisprudenza dell’Università del Michigan, Barb McQuade, ha twittato un link all’articolo del New York Times con il commento “rapporti dell’intel indicano che l Russia sta cercando di seminare il caos in America prima delle elezioni. Missione compiuta”.
Una tattica, quella della “russofobia” che è deleteria per le stesse agenzie di sicurezza statunitensi ed anche soltanto per una questione di immagine. Se infatti il Cremlino avesse realmente tutta questa capacità di penetrazione strutturale in Usa, allora ci sarebbe veramente da chiedersi cosa fanno tutto il giorno le agenzie americane per la sicurezza.
Il governatore del Minnesota Tim Walz e il sindaco di Minneapolis Jacob Frey sono arrivati addirittura a puntare il dito contro i suprematisti bianchi e contro i cartelli messicani della droga per le violenze scatenatesi in città, come riportato dal New York Post.
Nella serata di sabato sui social sono persino comparsi post che accusavano la MS13-Mara Salvatrucha, famigerata gang salvadoregna ampiamente presente anche in Usa, di essere i “burattinai” delle manifestazioni svoltesi in California, al punto che un membro della gang interpellato da Insideover ha riferito: “Ci tirano in mezzo anche quando non abbiamo fatto niente”.
Morti strane e misteriosi personaggi
Vi sono poi alcuni che arrivano persino a mettere in discussione la reale morte di George Floyd, come un utente californiano che scrive:” Qualcuno ha visto il filmato di George Floyd mentre veniva portato via? Lo hanno preso gli agenti? È arrivata un’ambulanza? Lo hanno messo su una barella?….Mi chiedo se sia realmente morto”.
Un altro utente pubblica un filmato dove si vedono due individui con uniforme della polizia che escono da un’ambulanza con una barella e caricano Floyd per portarlo via e si chiede come mai non vi fosse personale medico, sottolineando anche la strana maniera, poco professionale, con la quale l’arrestato viene messo sulla barella.
Immancabile poi l’uomo del mistero, un uomo bianco con cappuccio nero e maschera anti-gas dai filtri fuxia (ottimo per passare inosservati) che camminava con l’ombrello aperto e spaccava a martellate le vetrate di un negozio di auto di Minneapolis. Alcuni manifestanti lo hanno redarguito, ma lo strano personaggio ha evitato battibecchi ed è sparito. A quel punto è subito stato ipotizzato che si potesse trattare di un agente provocatore, al punto che il Dipartimento di Polizia di Minneapolis si è trovato costretto a smentire la cosa. Intanto il medesimo personaggio veniva avvistato in altre città americane.
Come già detto lo scorso 31 maggio, le cause del pandemonio scatenatosi in Usa vanno ricercate in tutta una serie di fattori che includono anche problematiche inter-etniche (definirlo semplice razzismo sarebbe riduttivo) ma che si coniugano con una società tendenzialmente violenta dove gli eccessi arrivano sia da parte di chi porta il distintivo che da parte di chi infrange la legge. I video dell’aggressione a una donna su sedia a rotelle (a sua volta armata di coltello), piuttosto che la devastazione di auto della polizia a Philadelphia parlano chiaro. Eppure c’è chi preferisce cercare misteriose mani nascoste e strani complotti quando le ragioni di tutto ciò sono più che evidenti.
Una violenza che si rispecchia tra l’altro anche nella politica, dove oramai da tempo si cerca di screditare i candidati presidenziali a colpi di scandali e impeachment. Abraham Lincoln e John F. Kennedy non ebbero invece questo privilegio.