Da quando è arrivato l’autunno l’Italia si trova nella morsa del coronavirus che, dopo aver lasciato qualche margine di libertà nel corso dell’estate, adesso non concede spazio ad errori che contribuiscono in qualche modo ad aprire nuovi corridoi sui quali possono veicolare i contagi. Quando si discute dell’irruenza con la quale il Covid si è presentato nelle città a partire dal mese di settembre, si sente spesso parlare di seconda ondata del virus ma, stando a quanto dicono gli esperti, non è proprio così.
Siamo davvero in presenza della seconda ondata?
Nel linguaggio comune di tutti giorni quando si parla del coronavirus e di come la vita sia cambiata di nuovo all’improvviso in autunno, ci si esprime spesso pensando ad una seconda ondata del virus. Non è però così, anzi è del tutto sbagliato. Affinché si possa parlare di seconda ondata infatti è necessario che prima vi sia un azzeramento totale dei casi di contagio. Solamente nel momento in cui, dopo la fase dell’azzeramento, vi sarà un nuovo paziente 1 si potrà parlare di seconda ondata.
Tra gli esperti che hanno spiegato questo fenomeno, affermando come l’impennata dei contagi faccia parte di una fase della prima ondata, v’è il professor Giorgio Palù. Intervistato da IlGiornale.it, il virologo è stato chiaro: “L’Italia – ha detto – non è mai uscita dalla prima ondata, come invece ha fatto la Cina, con una curva del contagio completamente azzerata ed un andamento perfettamente speculare della fase ascendente e discendente a tracciare una perfetta gaussiana. Anche se a un tasso ridotto, il virus in Italia ha continuato a circolare anche d’estate”.
Da dove viene la “nuova ondata” del virus?
Il virus durante la bella stagione non ha mai abbandonato il suo “territorio” seppur lasciando un periodo di tregua in tutta Europa. Questo ha incentivato l’ottimismo e con esso la voglia di mettersi in viaggio per le tanto attese vacanze estive dopo la chiusura determinata dal lockdown. Cosa sarebbe cambiato dall’estate all’autunno per registrare una nuova impennata della curva dei contagi? A dare una spiegazione a questa domanda è lo studio condotto da un team internazionale di scienziati che ha seguito il virus Sars-CoV-2 attraverso le sue mutazioni genetiche.
Come riportato dal Corriere della Sera, il gruppo degli scienziati ha trovato nella Spagna l’origine di un focolaio con una mutazione del virus che ha determinato la nuova ondata. La variante si sarebbe sviluppata negli ambienti agricoli spagnoli diffondendosi in tutta Europa attraverso le persone di ritorno dalle vacanze. Identificata col nome di 20A.EU1, la variante del virus rappresenta adesso la maggior parte dei nuovi casi di Covid-19 in diversi Paesi e oltre l’80% nel Regno Unito. Dopo l’identificazione adesso inizierà la fase dello studio più approfondito delle caratteristiche di questo “nuovo” virus.
Nessun “Paziente 1” per la nuova fase dell’epidemia
L’Italia ha iniziato a fare i conti con l’emersione di nuovi contagiati allo scoccare dell’autunno. Con la nuova stagione, il virus è tornato a colpire pesantemente ripresentando gli spettri già visti tra marzo e aprile. Durante i mesi estivi il Covid non era sparito, si era come “nascosto”. Dopo ferragosto la situazione ha ripreso a destare perplessità. Soprattutto per l’andamento dell’epidemia nei Paesi confinanti: da Malta alla Croazia, in quel periodo molto frequentate dagli italiani che hanno scelto di effettuare una vacanza all’estero, passando poi per Spagna e Francia. Mentre i casi nel nostro territorio erano ancora relativamente pochi, al di là delle Alpi e nella penisola iberica il fronte iniziava a farsi caldo.
Forse è proprio per questo che il nostro Paese si è ritrovato nuovamente in guerra contro il virus. Questa volta il morbo ha fatto il percorso inverso: tra febbraio e marzo è uscito dai confini italiani per dilagare altrove, in autunno invece, se lo studio sulla Spagna dovesse rivelarsi esatto, è successo l’esatto contrario. Ma da dove è partita questa nuova fase di crescita dell’infezione in Italia? Una domanda a cui forse è impossibile rispondere. A febbraio l’incubo è partito da un “paziente 1” rintracciato nell’ospedale di Codogno e dalla scoperta di precisi “focolai madre” palesatisi nei giorni successivi. Un tracciamento del genere dopo l’estate non è stato possibile farlo. Non c’è stato un paziente 1 e nemmeno un alcun focolaio madre. Ci si è ritrovati improvvisamente a fare i conti con l’impennata di una curva che non si era mai azzerata. Con questa volta tutto il territorio nazionale, e non una sola specifica parte, coinvolto.
Possibile aspettarsi nuove mutazioni
L’assenza di un paziente 1 rende ancora più realistica l’idea di un’Italia non all’interno di una seconda ondata, bensì ancora alle prese con la riemersione della prima. È un po’ come se il virus, nascosto mentre gli italiani erano sotto l’ombrellone, sia poi uscito ancora allo scoperto. E questa volta con un’altra veste, quella cioè riferibile al nuovo ceppo arrivato probabilmente dalla Spagna. Perché la vera questione è proprio questa: i virus mutano, cambiano spesso durante una stessa fase dell’epidemia e più che su vecchie e nuove ondate l’attenzione dovrebbe essere prestata sui cambiamenti genetici del morbo.
Lo hanno detto a chiare lettere anche i virologi Massimo Clementi e Giorgio Palù su InsideOver nei giorni scorsi: “Da qui in avanti occorre attendersi tante mutazioni”. Così come del resto risultava mutato il “ceppo lombardo” che ha colpito a febbraio l’Italia, dopo essere arrivato probabilmente dalla Germania prima della scoperta del paziente 1. Nel caso specifico, la variante spagnola del virus avrebbe reso il Sars Cov 2 meno letale ma più contagioso. Motivo per cui, a un certo punto, è stato quasi impossibile tracciare la sua diffusione.