La presenza delle varianti del Covid-19 costituisce una minaccia da affrontare con la massima priorità ed il Regno Unito si sta già attrezzando in tal senso. Nadhim Zahawi, sottosegretario nell’esecutivo Johnson ed incaricato della gestione della campagna vaccinale, ha dichiarato che gli over-70 riceveranno i richiami dei vaccini contro le varianti a partire dal mese di settembre. Zahawi ha inoltre chiarito che i primi a ricevere i richiami saranno quattro gruppi prioritari, tra cui ci sono il personale sanitario, quello delle case di cura e le persone estremamente vulnerabili. Le somministrazioni inizieranno a settembre e nel corso dell’autunno potrebbero essere resi disponibili ben otto preparati diversi, tra cui un monodose che protegge contro tre varianti diverse. Una parte dei preparati verrà prodotta nel Regno Unito per evitare possibili controversie e problematiche con l’Unione Europea e probabilmente con l’obiettivo di puntare all’autosufficienza.

Ecco come si muove la scienza

L’emergere di nuove varianti del Covid-19 potrebbe contribuire a suscitare dubbi sull’efficacia dei vaccini esistenti. Questi ultimi rispondono bene alla mutazione inglese e discretamente anche a quella brasiliana e sudafricana. La nascita di nuove mutazioni fa parte del normale processo di vita di un virus e si può fare ben poco in proposito, se non implementare misure restrittive e di distanziamento sociale per rallentare la circolazione del virus. Le aziende farmaceutiche che si occupano dei vaccini anti-Covid stanno comunque cercando di adattare i propri prodotti alla situazione in evoluzione. Moderna ha annunciato, a febbraio, di essere intenzionata a far partire uno studio clinico volto a verificare l’efficacia di una versione modificata del suo vaccino ad mRNa per fronteggiare la variante sudafricana, considerata più ostica delle altre. Pfizer e Biontech hanno mostrato interesse per un possibile terzo richiamo del loro vaccino contro le varianti. Queste iniziative verranno portate avanti in collaborazione con enti regolatori come Ema ed Fda, che hanno già reso noto che la procedura di approvazione dei vaccini anti-Covid aggiornati sarà più rapida e snella di quelle viste in passato. La tecnologia di base dei vaccini è infatti la stessa già approvata nei mesi scorsi e non bisogna ripartire da zero.

Le prospettive

Le dinamiche delle pandemie sono difficili da prevedere con accuratezza perché entrano in gioco una serie di fattori imprevedibili ma le aspettative della comunità scientifica e dell’opinione pubblica puntano ad un ritorno alla normalità entro la fine del 2021. L’estate in arrivo potrebbe essere già un buon assaggio di quello che accadrà nel prossimo futuro. I virus respiratori, infatti, non amano il caldo ed il tempo passato all’aria aperta riduce significativamente le possibilità di contagio. I timori, casomai, riguardano l’autunno. Bisognerà ragionare, infatti, sui richiami per le varianti e non è escluso che il virus ricominci a circolare nei mesi più freddi. La presenza di una copertura vaccinale diffusa dovrebbe però ridurre la presenza di forme gravi di Covid-19, limitando le fiammate a specifici territori oppure a quelle categorie che non sono state vaccinate. Sembra improbabile, almeno per il momento, che possa vedere luce una super-mutazione in grado di scombinare i piani e di far ripiombare l’umanità nell’incubo del lockdown.  Il 2022 dovrà essere, necessariamente, l’anno della ripartenza economica per evitare un collasso totale dei sistemi produttivi. Il modo per riuscirci è anche quello di allargare, quanto più possibile, le campagne di vaccinazioni di massa alle nazioni africane ed asiatiche. L’immunità di gregge a livello mondiale è raggiungibile solamente coinvolgendo tutti, ma proprio tutti, gli attori in uno sforzo collettivo che non è mai stato tentato prima.

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