Il vaccino realizzato da AstraZeneca ha ricevuto il via libera dell’agenzia europea del farmaco (EMA). Parere favorevole anche da parte della Commissione europea, che ha completato la procedura per rendere il siero effettivamente disponibile all’interno dei Paesi membri. Dopo Pfizer-BioNTech e Moderna, dunque un altro vaccino anti Covid è pronto a essere immesso sul mercato Ue. In Italia, è arrivato anche il semaforo verde dell’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco. Quindi la strada è in discesa e potremo finalmente imbracciare una nuova arma nella lotta contro il Sars-CoV-2? In teoria, sì.
Il vaccino del gruppo anglo-svedese, prodotto con la tecnica del vettore virale, è al momento raccomandato solo per gli under 55. La sua risposta – efficacia al 60%, ma chi si ammala non ha sintomi gravi – è stata giudicata più che positivamente e, molto presto, si aggiungerà ai citati vaccini a mRNA di Pfizer e Moderna. Ci sono tuttavia enormi diatribe in corso tra l’Unione europea e la stessa AstraZeneca. Tutto è da ricollegare al contratto stipulato tra Bruxelles e la casa farmaceutica in questione. Dal momento che l’azienda non può rispettare le quantità di consegna di dosi originariamente promesse all’Europa, il gruppo è da giorni impegnato in un duro scontro con la Commissione. Che, dal canto suo, ha intenzione di andare fino in fondo e di usare la vicenda come monito per lanciare un messaggio a tutte le altre Big Pharma.
Il contenzioso Ue-AstraZeneca
Prima di soffermarci sulla vendetta fredda dell’Ue, è importante chiarire un punto. AstraZeneca è stata la prima azienda con la quale la Commissione, lo scorso 27 agosto, ha firmato un contratto. L’intesa era stata raggiunta mesi prima rispetto alle fumate bianche con Pfizer e Moderna. In ballo c’erano 400 milioni di dosi. “Non ci guadagniamo, lo stiamo facendo per l’umanità”, ha più volte ripetuto il ceo Pascal Soriot. L’idillio tra le parti si è rotto proprio nel momento in cui sarebbe stato doveroso collaborare ancora di più per rifornire i governi europei di vaccini. Bruxelles, dati i misteriosi ritardi nelle consegne delle dosi concordate, ha iniziato a dubitare sui produttori dei sieri.
Il sospetto, tutt’ora in essere, è che alcune Big Pharma possano aver scelto di non onorare il contratto con l’Ue nel primo trimestre 2021 per dirottare la loro produzione su altri Paesi. La stampa ha ipotizzato che alcuni governi extra europei possano aver messo sul tavolo contratti economicamente più vantaggiosi, e che le stesse aziende abbiano così stravolto la loro scaletta di consegne. Nel caso di AstraZeneca, la Commissione ha chiesto informazioni sul numero di dosi prodotte, a chi sono state consegnate e quando.
Le risposte ricevute dalla società sono state definite “non soddisfacenti” dalla stessa Ue. Il ceo Soriot ha tuttavia rispedito le accuse al mittente, sottolineando come i ritardi in essere non possano essere imputabili ad AstraZeneca. Semplicemente, ha fatto capire il manager, devono prima essere soddisfatte le richieste della Gran Bretagna, con la quale era stato firmato un contratto mesi prima rispetto a quello europeo.
La debolezza di Bruxelles
In attesa di distribuire torti e ragioni, l’Europa non è certo rimasta a guardare. Bruxelles ha deciso di rendere pubblico il testo dell’accordo stipulato con AstraZeneca, oscurando intere parti del documento, tra cui quelle inerenti a prezzi, calendario di consegne e quantità relative. Il gruppo anglo-svedese ha acconsentito alla pubblicazione, anche se l’Ue – in versione “tutti contro tutti” – spinge affinché anche Londra sdogani la propria intesa con la casa farmaceutica. La minaccia esplicita è chiara: se la questione dovesse finire in mano a un tribunale, potrebbe aprirsi un contenzioso sfiancante per tutti.
Al netto della diatriba, è tuttavia curioso soffermarci su un paio di aspetti. Intanto è interessante notare come l’Unione europea, che aveva fatto della segretezza dei contratti con le Big Pharma uno dei suoi capisaldi, abbia improvvisamente scelto adesso di affidarsi alla trasparenza. Una trasparenza, tuttavia, a “senso unico” e soltanto a uso e consumo di Bruxelles. Detto altrimenti, il contratto con AstraZeneca non sembrerebbe esser stato pubblicato principalmente per informare l’opinione pubblica, quanto per avere la meglio sull’Uk. Inoltre, i funzionari che hanno pubblicato il testo online hanno commesso un bel pasticcio. Le disposizioni segrete, da oscurare per volere di AstraZeneca, in un primo momento erano parzialmente leggibili su un comune programma di lettura dei file Pdf.
La Commissione ha quindi caricato un nuovo file, ma ormai era troppo tardi. Risultato: il quotidiano tedesco Der Spiegel è riuscito a leggere il documento completo e a salvare alcune informazioni rilevanti. Si è così scoperto che il prezzo pattuito tra la Commissione e l’azienda anglo-svedese per 300 milioni di dosi del suo vaccino era di 870 milioni di euro. Non solo: la casa farmaceutica non dovrà subire perdite legate allo sviluppo del vaccino. Se, infatti, i costi supereranno la cifra richiesta di 870 milioni di euro, l’azienda informerà la Commissione; e se l’aumento supera il 20%, AstraZeneca si impegna a documentarlo.
Insomma, l’emergenza sanitaria doveva essere l’occasione di far vedere al mondo intero la potenza di fuoco di una Unione europea finalmente unita. La realtà ha stravolto questa narrazione, debole fin dal principio. Ogni Paese, a cominciare dalla Germania, ha scelto, di fatto, di percorrere la propria strada. Giusto per fare due esempi, Berlino ha stretto accordi bilaterali direttamente con le aziende, infischiandosene del sistema delle quote allestito da Bruxelles, mentre l’Ungheria ha approvato il vaccino cinese fin qui ignorato dall’Ema. Per il resto, il testo con AstraZeneca reso pubblico dall’Ue, più che rafforzare la posizione dell’Unione, non fa altro che mettere in luce i suoi errori.