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L’intero Nord Africa sta per piombare nella più grave crisi economica degli ultimi decenni, con un aumento esponenziale dei rischi legati alle migrazioni illegali, alla criminalità organizzata e al terrorismo. Dal Marocco all’Algeria, dalla Tunisia alla Libia, con l’unica eccezione dell’Egitto, la Banca mondiale prevede nel 2020 una forte contrazione del Prodotto interno lordo (Pil) in tutti i Paesi della sponda sud del Mediterraneo: ci saranno meno posti di lavoro proprio dove il pericoloso mix di disoccupazione, economia informale ed età media sotto i 30 anni fornisce un florido terreno per il reclutamento di nuove leve dei gruppi terroristici di matrice islamista. E nel medio-lungo termine non è affatto escluso che la criminalità organizzata possa sfruttare questa congiuntura economica negativa per favorire una ripresa dell’emigrazione illegale verso l’Europa. L’ultimo rapporto della Banca mondiale, pubblicato nella sua versione completa su Agenzia Nova, mette in guarda in particolare dalla concomitanza tra due choc:

  • da una parte la pandemia di Covid-19;
  • dall’altra il crollo dei prezzi del petrolio.

Unica eccezione nell’area Mena è l’Egitto del presidente-generale Abdel Fatah al Sisi. Nel paese più popoloso del mondo arabo, che ha da poco superato i 100 milioni di abitanti, la “cura” del Fondo monetario internazionale, nonostante abbia impoverito la popolazione, sembra aver garantito una sorta di immunità dalla tempesta economica in arrivo.

Solo l’Egitto si salva

La Banca mondiale prevede in Egitto una crescita del 3,7 per cento del prodotto interno lordo (Pil) nel 2020, il miglior risultato dell’intera area. “Il programma di stabilizzazione macroeconomica ha ampiamente contribuito a sostenere la crescita, generando un solido avanzo di bilancio primario, riducendo il rapporto debito/Pil e rimpinguando le riserve”, spiega il rapporto della Banca mondiale. Ovviamente non è tutto rose e fiori: “Permangono vulnerabilità – avverte l’istituto internazionale – comprese le sottoperformance delle esportazioni e degli investimenti diretti esteri, che possono essere aggravate dalle ripercussioni dirompenti legate alla pandemia di Covid-19”. Ecco perché è necessario risolvere con urgenza “le sfide strutturali per salvaguardare una ripresa sostenuta, affrontando i vincoli del contesto imprenditoriale, migliorando al contempo la mobilitazione delle entrate”. Secondo le stime della Banca mondiale, l’economia egiziana è cresciuta del 5,6 per cento nel 2019: un vero e proprio “boom” che tornerà solo a partire dal 2022 (+5,8 per cento) dopo due anni crescita più contenuta (+3,7 per cento nel 2020 e +3,8 per cento nel 2021).

Libia in caduta libera

I conflitti armati, l’interruzione dei flussi di petrolio e adesso anche la crisi del coronavirus causeranno una fortissima contrazione del Pil in Libia, pari addirittura al -19,4 per cento nel 2020. La situazione è talmente instabile che l’istituto finanziario internazionale nemmeno ci prova a fare una stima per il 2021, limitandosi a prevedere un 1,4 per cento del Pil solo a partire dal 2022. “Il conflitto in Libia è diventato una guerra per procura, il che complica le prospettive di pace e ripresa. La produzione di petrolio si è interrotta, aggravando la situazione economica e le difficoltà della popolazione. Il quadro macroeconomico è instabile in quanto sia il bilancio fiscale (-29,3 per cento del Pil) che le partite correnti presenteranno deficit nel 2020 (36,7 per cento del Pil)”. Di fronte alle prospettive incerte, esacerbate anche dagli effetti della Covid-19 a livello globale e nazionale, la Banca mondiale auspica che il Paese risponda con “una risoluzione politica per attuare le riforme richieste per una crescita guidata dal settore privato e la creazione di posti di lavoro”. Ma è difficile pensare a una soluzione politica mentre si spara. Senza entrare nel merito dei rischi legati alla sicurezza e al terrorismo, peraltro altissimi in un contesto dove è più facile acquistare armi che una tanica di acqua potabile, c’è inoltre il problema legato alle migrazioni illegali. Senza lavoro e sviluppo, infatti, alle tribù del deserto come i Tebu, gli Awlad Suleiman e i Tuareg si contenderanno l’unica risorsa disponibile: le carovane di migranti subsahariani disposti a pagare i risparmi di una vita pur di arrivare in Europa. La chiave per chiudere la porta al traffico di esseri umani risiede non tanto nel controllo delle rotte del Mediterraneo, quanto piuttosto del Sahara.

Recessione in Tunisia

Una recessione fortissima colpirà anche la vicina Tunisia, unica democrazia sopravvissuta alle primavere arabe del 2011. Non sarà così grave come in Libia, ma sufficiente a destare preoccupazione nel primo paese di provenienza dei migranti illegali in Italia e di foreign fighters pro-capite. La Banca mondiale prevede una contrazione economica di almeno 4 punti percentuali nel 2020, seguita da una crescita del 4,2 per cento nel 2021. L’istituto internazionale spiega che il nuovo governo della Tunisia guidato dall’ex manager di Total, Elyes Fakhfakh, è “altamente vulnerabile” alla crisi della pandemia di coronavirus e della volatilità dei prezzi del petrolio. “La Tunisia ha un deficit e un debito elevati, riserve limitate, mentre la crescita è anemica, l’occupazione stagnante e l’inflazione relativamente alta. Una pandemia in peggioramento potrebbe avere un impatto negativo sul turismo, sulle esportazioni e sulla domanda interna e, di conseguenza, sulla crescita, sull’occupazione e sulla vulnerabilità delle famiglie”, si legge nel rapporto. Non solo: la popolazione tunisina mal sopporta le rigide misure di sicurezza (“lockdown” totale e coprifuoco notturno) imposto dalle autorità: tra la malattia e la fame, molti scelgono la prima opzione sfidando il blocco e i militari in strada. Il rischio caos e sommosse è concreto nel paese dove dieci anni fa scoppiò la scintilla che infiammò il mondo arabo.

L’Algeria frena

La Banca mondiale prevede una recessione anche in Algeria, partner strategico dell’Italia a cui fornisce ingenti quantità di gas, dove l’economia dovrebbe contrarsi di tre punti percentuali nel 2020, per poi crescere dell’1,1 per cento nel 2021 e dell’1,8 per cento nel 2022. “L’epidemia di coronavirus rallenterà i consumi e gli investimenti, mentre il calo dei prezzi del petrolio ridurrà le entrate fiscali e delle esportazioni”. Il paese più vasto del continente africano, grande tre volte e mezzo il Texas, viene da un anno di incertezza politica e disordini sociali “che hanno portato alla decelerazione dell’attività economica”, afferma il rapporto. Il Pil algerino è cresciuto solo dello 0,9 per cento nel 2019, a fronte di un aumento dell’1,4 per cento nel 2018: un dato basso per la media regionale. Il nuovo governo del premier Abdelaziz Djerad ha ora “il difficile compito di mantenere la stabilità macroeconomica, rispondere alla crisi della sanità pubblica e proseguire le riforme strutturali”. La mancata diversificazione economica, il tasso di disoccupazione a due cifre, l’età media di 28 anni, la diffusione delle ideologie jihadiste e ora anche la crisi del coronavirus formano una miscela potenzialmente esplosiva. La situazione è ancora più allarmante se si considera che l’Algeria garantisce all’Italia circa il 30 per cento delle forniture estere di metano.

Marocco mai così male da 20 anni

Con lo stop forzato dei voli, il tracollo del turismo, la siccità e le inondazioni che hanno danneggiato le culture, il blocco delle industrie, il Marocco vedrà nel 2020 la sua prima recessione in oltre due decenni. La Banca mondiale prevede nel Regno nordafricano una contrazione economica di 1,7 punti percentuali del prodotto interno lordo nel 2020. “I deficit si deterioreranno, aumentando in modo significativo le esigenze di finanziamento. Sono aumentate le richieste di finanziamento esterno, alla base dell’imperativo di consolidare le riserve estere. Sia il debito del governo centrale che il debito estero aumenteranno, ma rimarranno sostenibili”, spiega il rapporto. L’organismo internazionale prevede che l’economia marocchina tornerà a crescere con ritmi sostenuti già a partire dal 2021, ma avverte che “le prospettive rimangono soggette a significativi rischi al ribasso, inclusi una più grave e una maggiore durata della pandemia”.

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