C’è una certa eccitazione sulla pista di atterraggio dell’Aeroporto internazionale di Città del Messico. È appena atterrato un volo cargo con il secondo lotto del vaccino russo Sputnik V. Uomini in pettorina verde stanno scaricando il materiale, formato da 200 mila dosi che si aggiungono alle precedenti 200 mila già ricevute da Mosca. “La nostra gratitudine alla Federazione Russa e al presidente Vladimir Putin per il suo sostegno”, ha affermato il ministro degli Esteri messicano, Marcelo Ebrad, precisando, su Twitter, che i nuovi arrivi serviranno per somministrare le seconde dosi di vaccinazioni già avviate.

Il Messico è soltanto uno dei tanti Paesi ad aver autorizzato il vaccino sviluppato dall’Istituto Gamaleya. Contratto da 24 milioni di fiale complessive che, da qui ai prossimi mesi, dovranno contribuire a dar vigore alla campagna vaccinale messicana. L’ultima nazione, nell’ordine di tempo, ad aver concesso il via libera allo Sputnik è la Giordania. In tutto, leggendo i “record” segnalati dal Fondo russo di investimenti diretti (Rdif), il vaccino di Mosca è stato approvato in 49 Paesi con una popolazione totale di oltre 1.3 miliardi di persone. E la lista, mentre starete leggendo questo articolo, potrebbe nel frattempo essersi ulteriormente allungata.

Gli ultimi dubbi degli esperti

A novembre, nonostante gli scienziati russi avessero diffuso i risultati delle prime analisi effettuate sullo Sputnik, dimostrando un’efficacia del siero pari al 92%, lo Sputnik fu travolto dalle polemiche. L’accusa più ripetuta da parte della comunità occidentale era una: la Russia sta bluffando. Secondo questa lettura, Mosca non avrebbe rispettato alcun requisito di sicurezza, pensando soltanto a espandere il proprio soft power nel mondo, e per di più danneggiando l’immagine dei vaccini occidentali. La situazione è cambiata a febbraio, quando i dati forniti dai russi sono stati confermati dalla prestigiosa rivista The Lancet. A quel punto, gli ordini per ottenere lo Sputnik hanno preso il volo.

Il vaccino russo ha quindi trovato terreno fertile pure in Europa, anche se l’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, ha annunciato l’avvio dell’iter per la sua revisione soltanto il 4 marzo, in mezzo a mille polemiche. Eppure, nonostante in Europa non ci siano vaccini a sufficienza per tutti, nel Vecchio Continente c’è chi continua a fare lo schizzinoso in merito a quali sieri autorizzare e quali respingere. Ovviamente, poiché è sviluppato da Mosca – e qui potremmo parlare della russofobia latente e ben radicata in certi ambienti – lo Sputnik deve essere guardato con estremo sospetto.

Tra gli ultimi interventi sul tema, dobbiamo segnalare le dichiarazioni di Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Microbiologia dell’Università di Padova. “Sputnik usa una tecnologia molto simile a quella di AstraZeneca, con tutti i vantaggi e i problemi dei vaccini di questo tipo, che hanno una vivibilità bassissima, nel senso che non sono in grado di inseguire le varianti. quindi non vedo il perché di tutta questa eccitazione”, ha spiegato Crisanti a Sky Tg 24. L’esperto, sempre riferendosi allo Sputnik, ha quindi aggiunto: “Bisognerebbe chiedere alla Russia perché lo vende anziché immunizzare i propri cittadini. Il problema di questo vaccino è che ci deve essere qualcuno che prende tutti i dati e li presenta all’Ema che li verifica. È molto semplice, un farmaco viene approvato quando c’è qualcuno che chiede che venga approvato”.

Una lettura diversa

Tralasciando gli aspetti tecnici, è interessante soffermarci sul piano vaccinale della Russia. Veramente, come dice Crisanti, il governo russo preferisce vendere lo Sputnik all’estero anziché vaccinare i propri cittadini? Dobbiamo fare due considerazioni. La prima è che la Russia non ha problemi di carenza vaccinale, e che la situazione epidemiologicastando agli ultimi dati – a Mosca non sembrerebbe essere grave quanto quella registrata nella maggior parte dei Paesi europei. Dai 28 mila contagi giornalieri rilevati alla metà di dicembre, la Russia è passata oggi a fare i conti con poco meno di 10 mila nuovi casi quotidiani. Le cifre inerenti alle vaccinazioni mostrano una lenta ripresa delle inoculazioni, con una media di 4.59 dosi somministrate ogni 100 persone; un valore distante da quello del Regno Unito (35.02) o di Israele (103.70), ma con situazioni e contesti diversi da considerare.

Non è inoltre vero che il governo russo preferisce vendere all’estero lo Sputnik, visto che le autorità hanno, ad esempio, allestito cliniche un po’ ovunque per agevolare la campagna di vaccinazione nazionale. A Mosca c’è una struttura ad hoc incastonata nel lussuoso centro commerciale GUM, dove i cittadini possono passare una giornata tra le esclusive boutique prima di salire al piano superiore e farsi iniettare lo Sputnik. Ma ne troviamo un’altra anche nel bel mezzo del ristorante Depo Moscow e perfino una nell’Helikon, un importante teatro dell’opera. Dunque, se la Russia dà l’impressione di concentrarsi più all’estero che non in patria, è perché in Europa c’è una prateria lasciata incolta dalle case farmaceutiche occidentali. Last but not least, va bene essere diffidenti nei confronti del vaccino russo. Ma che dire dei quasi 50 enti regolatori di altrettanti Paesi che hanno autorizzato, in varie forme, il siero sviluppato dall’Istituto Gamaleya? Difficile pensare che siano tutti formati da incompetenti o pazzi scriteriati.