Il coronavirus continua a diffondersi in Iran, la nazione mediorientale più colpita dal morbo. Le autorità del Paese hanno reso noto che, nella giornata di lunedì, sono stati registrati circa duemilatrecento nuovi contagi: il numero più alto da 5 aprile. L’esecutivo, però, ostenta fiducia ed Ali Rabiei, portavoce del governo, ha annunciato che Teheran è entrata in una nuova fase della lotta al virus: quella del contenimento. Secondo Rabiei, infatti, i dati indicherebbero come siano ormai terminate le fasi del controllo e della gestione dell’epidemia. Rabiei ha difeso la decisione presa da Teheran di riaprire le attività commerciali affermando che “è possibile, pur in presenza del virus, avere meno morti, consentire alle persone di vivere la propria vita quotidiana e non distruggere l’economia.
Una situazione sanitaria complessa
La situazione epidemiologica di Teheran non appare rosea: se è vero, come sostenuto da Rabiei, che il numero di città ritenute a basso rischio (zone bianche) è aumentato ed ha toccato quota 280 è altrettanto vero che sono almeno 122mila i casi totali di Covid-19 in Iran. I decessi registrati finora, invece, sono più di 7mila. Il governo iraniano ha iniziato ad allentare il lockdown, dapprima fuori Teheran e poi anche nella capitale, per evitare il collasso dell’economia, già duramente provata dalle sanzioni americane sull’export petrolifero. I casi sono tornati a crescere ed un portavoce del Ministero della Salute ha affermato come la situazione non debba essere considerata come “normale” e come alcune zone del Paese vivano un momento “critico”. Il viceministro della Salute ha definito Teheran “il tallone d’Achille del Paese”. La città ha una densità abitativa alta. La scelta, qui come in altre parti del mondo, è tra la salute e la rovina economica: un binomio difficilmente conciliabile.
Un’economia al collasso
I problemi dell’Iran sono aggravati dalla presenza delle sanzioni americane. Il governo le ha definite una causa di sofferenza nel bel mezzo della pandemia. Il ministro della Salute ha ricordato l’importanza della cooperazione e della solidarietà internazionale per affrontare la pandemia ed ha affermato che le eventuali cure o vaccini dovranno essere rese disponibili a tutti i Paesi ad un costo equo ed adeguato. Washington non sembra intenzionata a rimuovere le sanzioni che vengono definite come un successo. Gli Stati Uniti ritengono che queste misure abbiano costretto Teheran a ridimensionare la propria presenza militare in Siria. Secondo alcune organizzazioni internazionali, invece, le misure americane avrebbero devastato il sistema sanitario iraniano impedendo ai cittadini del Paese di accedere alle cure necessarie. L’economia del Paese vivrà, nel 2020, una fase di forte recessione aggravata anche dal crollo del prezzo del petrolio sui mercati mondiali. Il futuro è incerto: non è escluso che questa problematica possa aggravare le situazioni di disagio sociale ed esasperare alcuni cittadini del Paese, che potrebbero essere tentati di dar vita ad azioni ostili contro l’esecutivo nazionale. Uno scenario, quest’ultimo, destinato a favorire un aumento delle penetrazione strategica degli Stati Uniti in Medio Oriente.