Oggi più che mai la diffusione sui social raggiunge livelli estremamente alti; non stupisce, quindi, che possa diventare un non-luogo in cui sviluppare una nuova religione. Alcuni predicatori musulmani stanno infatti riscuotendo successo sui social network grazie alla diffusione di una nuova fede slegata dalla tradizione e tendente ai valori occidentali.
È una religiosità che si sposa con la globalizzazione e si basa su una visione laica, abbracciando la modernità occidentale. Ciò che maggiormente spaventa è la fragilità con cui è esposta al mercato capitalista, rivelandosi superficiale e mercificata. Tutto ciò andrebbe contro i valori e la morale degli insegnamenti islamici.
In questo nuovo modello presentato dal fenomeno degli influencer islamici c’è in realtà una scarsa attenzione all’identità, manca l’aspetto ideologico, e la religione sembra piuttosto in balia dei meccanismi di domanda e offerta. I temi trattati riguardano principalmente la spiritualità e il comportamento individuale, ma c’è anche l’enfasi nel presentare una religiosità allegra e lontana dall’intimidazione e da sistemi punitivi. Si focalizzano sulla realizzazione personale, amorosa, lavorativa e sociale.
Al contrario della visione tradizionale, si tenta di attirare il pubblico proprio seguendo l’adattamento alle esigenze della vita moderna, incentivando l’interesse per le questioni mondane tanto ripudiate dall’Islam. Altra caratteristica è la mancanza di interesse politico o nell’affrontare questioni nazionali e dei popoli islamici o inerenti ai diritti umani. Isolamento e tranquillità: queste le parole chiave.
“Non hai bisogno di cambiare. Non rimproverarti né biasimarti, sei buono, e ciò che ti manca è la felicità”. Queste parole di un influencer islamico testimoniano la neutralità dei messaggi veicolati. Nulla di troppo diverso da altre professioni religiose, prettamente occidentali forse. Che la globalizzazione abbia davvero svoltato la visione islamica? O forse è solo caduta nelle mani dei riferimenti di mercato. Ciò che si evince dalla retorica di questi soggetti è un incoraggiamento alla ricerca di felicità nelle società consumistiche e non nella religione, nell’introspezione e nella comprensione del mondo circostante.
Questi giovani, infatti, non hanno ricevuto una vera e propria istruzione religiosa, ma una normalissima educazione civica. Indi per cui è chiaro il distacco dal fanatismo islamico noto ai più. Ciò che induce a pensare è invece la superficialità con cui affrontano, spesso in modo incoerente, temi più specificatamente religiosi.
I nomi più famosi tra gli influencer islamici
Accomunati dal genere (maschile), dalla giovinezza e dal linguaggio colloquiale, i protagonisti di questa vicenda non indossano gli abiti della tradizione islamica, ma semplici vestiti, che siano sportivi o di marca, di cui approfittano per fare pubblicità, spingendo i loro seguaci ad acquistarli. Come gli influencer a noi noti, utilizzano una comunicazione diretta, emotiva e simpatica.
Uno dei più famosi è Omar al Odah. Partito da frasi romantiche a base religiosa su TikTok, si è poi diretto verso l’idealizzazione religiosa. È famoso per i suoi sermoni su vari temi: “la strada per la felicità”, “non disperare”, “un messaggio per ogni ragazza”. Nei suoi libri di grande successo spiega invece come raggiungere la felicità attraverso la religione.
Tra i nomi più conosciuti c’è Amir Mounir e i titoli dei suoi video su YouTube sono “le regola dell’amore”, “masturbazione”, “sei modi per migliorare la tua vita”. Insieme agli insegnamenti di vita, si dedica anche al marketing e ad eventi di vario tipo. Insomma, un influencer. Tiene anche dei corsi religiosi a pagamento e conferenze sull’”arte di scegliere un partner” e la “fiducia in sé stessi”. Una sorta di life coach. Sul suo libro dal titolo Ad Allah c’è una gigantografia di sé stesso.
Kareem Esmail tratta temi come l’amicizia tra uomini e donne e l’ambizione, basati su elementi della religione islamica e filosofie del benessere occidentali. Anche lui tiene dei corsi a pagamento su come trovare un equilibrio tra salute fisica e mentale e ha scritto un libro, “Una svolta psicologica”, in cui dispensa consigli su come combinare lo sviluppo umano con la religiosità. In un video su YouTube afferma: “Il nostro obiettivo è consentire alle persone di migliorare la propria salute mentale. La maggior parte dei motivi di tristezza, depressione, disagio mentale e disagio psicologico provengono da questioni religiose. Quando comprendiamo correttamente la religione e viviamo bene, miglioreremo la nostra salute mentale”.
In sostanza nulla di diverso da ciò che conosciamo: poca competenza sui temi trattati, egocentrismo, marketing, eventi e contenuti vari ed eventuali; con la sola differenza dell’aggiunta religiosa. La preoccupazione rimane la mercificazione dei discorsi religiosi. “Il termine ‘islamico’ ormai è usato per tutto: dieta islamica, moda islamica, musica disco islamica, costumi da bagno islamici, yoga islamico” afferma Ahmad Saif al-Nasr nel suo articolo. Soprattutto per chi è molto legato alla tradizione islamica, è difficile accettare che Dio possa essere utilizzato per soddisfare necessità di mercato, soprattutto occidentali.