Per la Grecia la lunga notte della crisi sembra non finire mai. La giornata del 20 agosto è stata importante sul profilo simbolico, sancendo la fine della presenza di Atene nel regime di assistenza finanziaria internazionale, meno su quello sostanziale, dato che il Paese è uscito con le ossa rotte dai programmi di austerità che hanno sconvolto la sua economia e il suo tessuto sociale.
Le misure praticamente impossibili da rispettare che i memorandum hanno imposto ad Atene prevedono un regime di austerità prolungato per decenni, fino a circa il 2060. Entro quella data, un’altra, grave crisi potrebbe essersi inesorabilmente abbattuta sulla Grecia, provocando un grave pregiudizio sulla sua tenuta come Stato: la crisi del tracollo demografico.
La proiezione allarmante sulla popolazione della Grecia
Un lunghissimo e devastante inverno demografico attende ora la Grecia. Come segnala Der Spiegel: “11,1 milioni di persone vivevano in Grecia nel 2011. Nel 2015, erano 10,8 milioni. Secondo le previsioni, la popolazione sarà di 8,3 milioni di persone entro il 2050. Oggi, il 21 per cento dei greci ha più di 65 anni. Nel 2050, saranno un terzo della popolazione”.
I dati, tratti da uno studio sulla demografia europea del Berlin Institute for Population and Development, segnalano dunque l’incombere di una nuova calamità per il Paese ellenico, dato che una popolazione in costante calo e progressivamente più vecchia porta con sé numerose questioni di ordine politico, sociale ed economico.
Ekathimerini riporta i dati dell’ufficio di statistiche nazionale (Elsat), che è concorde nel segnalare una perdita di oltre 300mila abitanti nel periodo tra il 2011 e il 2015 e, addirittura, predice che nel 2080 la popolazione della Grecia sarà di soli 7,2 milioni di abitanti. Ira-Emke Poulopoulos, accademica greca basata a New York e Parigi, ha sollevato questa importante tematica in un recente saggio intitolato “La popolazione greca sotto assedio”.
La demografia è scienza complessa, che fonda le sue analisi su proiezioni di lungo termine che difficilmente possono essere lette alla luce di eventi contingenti, a meno che si tratti di calamità quali guerre ed epidemie. Tuttavia, di fronte a queste ipotesi sorge spontanea una domanda: quanto ha influito l’austerità sull’equilibrio demografico greco?
Il peso dell’austerità
Giulio Meotti ha segnalato sul Foglio come l’austerità non sia stata la causa scatenante del calo del tasso di natalità della Grecia: “Per trent’anni dopo la guerra civile all’inizio degli anni Ottanta, i valori demografici erano tra i più alti di tutti gli altri paesi europei, 2,2 figli per donna. Poi, dal 1994, il tasso di nascite si è arrestato a 1,3 figli”.
Tuttavia, Meotti non manca di sottolineare il ruolo giocato dalla macelleria sociale imposto alla Grecia sotto forma di un incremento notevole degli aborti legati a ragioni economiche: “il numero di aborti effettuati in Grecia è aumentato del 50 per cento dall’inizio della crisi economica. Le nascite negli ospedali pubblici, nel frattempo, sono calate del trenta per cento. La Grecia è diventata fra i leader mondiali dell’aborto. Dieci anni fa, ci sono stati 200 mila aborti all’anno su una popolazione di undici milioni, mentre oggi questa cifra è salita a 300 mila”.
Nel Paese, oramai, nascono solo 90mila bambini all’anno e la contrazione demografica ha portato Melbourne ad essere la terza città greca al mondo dopo Atene e Salonicco. Un altro segnale allarmante è stato registrato nel 2015, quando per la prima volta la speranza di vita dei cittadini greci si è contratta. L’austerità ha sconvolto e gettato nella più nera miseria milioni di greci: l’impatto sulla demografia è la risultante dell’impatto sulle condizioni sanitarie, educazionali, lavorative e sociali di ognuno degli individui che sono stati toccati dalla crisi, ed è dunque logico concludere come, al di là di ogni mera statistica sul tasso di fertilità, l’austerità e la crisi economica rappresentino due problemi destinati ad autoalimentarsi.
Grecia e Bulgaria unite dal tracollo demografico
Accomunata da gravi problematiche demografiche simili a quelle sperimentate dalla Grecia è la confinante Bulgaria, per la quale si prevede una riduzione della popolazione “dagli attuali 7 milioni e 128mila abitanti (2016) a 3 milioni e 400mila, ad un tasso di 60mila persone in meno l’anno, 164 al giorno, lo spopolamento più rapido e grave del pianeta insieme a quello che subirà la Romania nello stesso periodo”, come ha scritto Emmanuel Petrobon su Opinio Juris.
L’area economicamente più debole dell’Europa si troverà dunque ad arrancare ulteriormente sulla scia dell’avanzata di un inverno demografico che si prevede destinato ad abbattersi su tutto il Vecchio Continente, ma che al tempo stesso colpirà in maniera proporzionalmente più dura quei Paesi privi delle strutture politico-economiche per potervi fare fronte. Perché una demografia sana, al di là di ogni retorica, è il presupposto necessario per la salute di ogni nazione. L’ipoteca sulla dinamicità del suo futuro. Ma pensare al futuro appare sempre più problematico per un Paese come la Grecia che oramai da otto anni convive con un presente di stenti e carenze quotidiane.