La Germania sarà il primo stato membro dell’Unione Europea ad utilizzare il cocktail di anticorpi monoclonali che è riuscito a guarire Donald Trump dal Covid-19. Ad annunciare la svolta è stato il ministro della salute Jens Spahn, che ha dichiarato al Bild am Sonntag (le sue parole sono riportate da Deutsche Welle) che “il governo ha acquistato 200mila dosi al prezzo di 400 milioni di dollari”. Il cocktail, ha confermato il ministro, sarà inviato agli ospedali universitari tedeschi nel corso delle prossime settimane ed il trattamento “funziona come una vaccinazione passiva. Somministrare gli anticorpi nelle prime fasi della malattia evita che i pazienti ad alto rischio progrediscano verso forme più gravi del morbo”. Spahn non ha nominato esplicitamente la casa farmaceutica produttrice del trattamento ma ha chiarito che il cocktail è la stessa medicina somministrata al presidente Trump nel mese di ottobre. Si tratta dunque del preparato sviluppato dalla multinazionale americana Regeneron.
La situazione in Germania
La Germania è alle prese con una seconda ondata di contagi che ha costretto il paese dapprima ad un lockdown leggero, con la chiusura di bar e ristoranti a partire dal 2 novembre e poi, vista l’inefficacia delle misure, ad un lockdown rigido a partire dal 16 dicembre. Le restrizioni hanno portato ad un appiattimento, ancora non del tutto soddisfacente, della curva dei contagi e sono state prolungate almeno sino alla metà di febbraio. La chiusura dei negozi non essenziali, delle palestre, dei luoghi della cultura e dei servizi di ristorazione è destinata ad avere un impatto molto pesante sull’economia tedesca ma la cancelliera Angela Merkel si è dimostrata inflessibile nell’adottare e prolungare le restrizioni. La stagione invernale si sta rivelando molto dura per Berlino e l’esecutivo Merkel sta cercando di spingere sull’acceleratore delle vaccinazioni di massa per porre fine alla pandemia. Si tratta, però, di un processo graduale, soggetto ad interruzioni e non in grado di influire, almeno per il momento, sulla diffusione del contagio e sul numero dei morti, che in più occasioni hanno superato quota mille nell’arco delle 24 ore.
Cosa sono gli anticorpi monoclonali
Gli anticorpi monoclonali, come spiegato su Nurse Times dal Professor Lorenzo Dagna, primario dell’Unità di Immunologia, reumatologia, allergologia e malattie rare dell’ospedale San Raffaele di Milano, sono proteine prodotte dal nostro sistema immunitario per difenderci da qualcosa che giudica pericoloso. Agiscono contro il Covid-19 comportandosi come anticorpi naturali e dunque impediscono al virus di entrare nelle cellule umane, dove potrebbero replicarsi con maggiore facilità e facilitano lo smaltimento del patogeno da parte del sistema immunitario. Gli anticorpi, chiarisce il Professor Dagna, sono molto utili nelle fasi precoci della malattia, quelle più dipendenti dalla replicazione virale del virus SARS-CoV-2 mentre perdono di efficacia se somministrati a pazienti che si trovano in condizioni più gravi dato che, in questa fase è più importante ridurre l’eccesso di risposta immunitaria. Si tratta di una terapia molto specifica, con buone percentuali di successo ma la chiave, come risulta evidente da quanto descritto, è agire quanto più precocemente possibile individuando in maniera tempestiva chi ne ha bisogno e “bruciando sul tempo” il virus.
Chi li produce
I farmaci a base di anticorpi monoclonali che hanno ricevuto l’autorizzazione alla somministrazione da parte di enti regolatori sono due. Si tratta del bamlanivimab, realizzato dalla canadese AbCellera in collaborazione con il gruppo statunitense Eli Lily ed approvato in Canada, Israele, Stati Uniti ed Ungheria e il cocktail della società americana Regeneron che, proprio come quello di AbCellera ed Eli Lilly, ha ricevuto luce verde da parte della Food and Drug Administration (FDA) americana. Il bamlanivimab, secondo i dati pubblicati sul prestigioso New England Journal of Medicine, riduce il rischio di ricovero in ospedale se somministrato all’insorgenza dei sintomi su pazienti ad alto rischio mentre il prodotto della Regeneron è in grado di ridurre la carica virale in maniera significativa. Sono poi in corso una serie di sperimentazioni cliniche da parte di altre società. Si tratta della combinazione AZD7442 di AstraZeneca, che dovrebbe impedire a chi è stato esposto al Covid-19 di sviluppare la malattia, dell’anticorpo monoclonale anakirna della svedese Sobi e del VIR-7831 di Vir Biotechnology e GlaxoSmithKline. C’è poi il lavoro portato avanti dalla fondazione Toscana Life Sciences in collaborazione con l’Istituto Spallanzani e coordinato dal Professor Rino Rappuoli per lo sviluppo di un anticorpo monoclonale tutto italiano. La commercializzazione del prodotto, in caso di esito positivo delle sperimentazioni, è però distante ancora qualche mese.