Sono buone notizie quelle comunicate dal ministro della Salute tedesco Jens Spahn nella giornata odierna sulla diffusione del contagio da coronavirus in Germania. Nonostante il numero dei morti non sia affatto indifferente (oltre 4mila) Berlino ha subito un danno notevolmente minore in termini di vite umane perdute rispetto a Italia, Francia, Spagna e Regno Unito e ora può iniziare a programmare la fase del graduale e scaglionato ritorno alla normalità.

Spahn, dopo aver incontrato gli esponenti dei governi federali, i Lander, si è mostrato ottimista: “possiamo dire che le misure restrittive della vita economica e sociale sono state un successo”. Il motivo è stato legato alla constatazione che l’indice R0, che misura il tasso di trasmissione del contagio, è sceso per la prima volta sotto la soglia di 1 per il Covid-19.

Questo vuol dire che, mediamente, ogni persona infetta ne contagia a sua volta meno di una e che quindi in prospettiva la malattia è destinata a un graduale esaurimento. Una delle massime autorità virologiche tedesche, il direttore del Robert Koch Institut, Lothar Wieler, ha definito “molto buoni” i risultati parziali della strategia messa in atto dal governo, sottolineando come l’indice R0 tedesco sia ora sceso a quota 0,7.

Berlino ha saputo controllare i focolai pandemici sia per cause relativamente favorevoli della diffusione del contagio rispetto agli altri Paesi sia per una pronta e decisa risposta. Sul primo fronte, la Germania è stata favorita dal fatto che il contagio non sia “esploso” in aree paragonabili alla Lombardia interessando una popolazione in larga parte anziana, ma si sia piuttosto manifestato in maniera sparsa sui vari Lander, colpendo mediamente persone di età non superiore ai 50 anni. A inizio aprile, infatti era di 47 anni l’età media degli infetti tedeschi rispetto ai 64 di quelli italiani. Sul secondo, la maggiore disponibilità di posti letto e di terapie intensive nel Paese ha consentito ai tedeschi di non dover temere un sovraffollamento ospedaliero e di poter così ben distribuire i casi clinici da quelli che non necessitavano ricoveri urgenti.

Decisiva, in particolare, la scelta di effettuare tamponi a tappeto per meglio isolare i positivi. Strategia condotta in maniera vincente in Corea del Sude risultata brillante in Italia nel caso del VenetoCon largo anticipo sulla diffusione del virus, Berlino da fine febbraio si era messa nella condizione di poter effettuare circa 350mila tamponi a settimana, identificando, isolando e curando in maniera domiciliare, laddove possibile, gli ammalati.

Il complesso di queste misure ha consentito un lockdown tutt’altro che “isterico” nel Paese. Nonostante le ipocrisie sul fronte europeo, criticabili e stigmatizzabili, va riconosciuto al governo di Angela Merkel di aver saputo dimostrare sul fronte interno capacità di programmazione economica e politica. L’austerità a lunga proclamata dogma è stata abbandonata a favore di un “bazooka” economico senza precedenti; l’uscita dal lockdown è stata programmata in anticipo e in maniera graduale. Governo e Lander hanno concordato che da lunedì riapriranno i concessionari di auto, le librerie e tutti gli esercizi commerciali di superficie inferiore a 800 metri quadri, mentre dal 4 maggio inizierà la riapertura graduale delle scuole. Un messaggio psicologicamente molto forte, per il quale l’esecutivo non ha avuto necessità nè di nominare task force dedicate nè di dover titubare a lungo. La politica ha sempre avuto il primato esecutivo: e questo ha aiutato a evitare che si creassero dei dubbi sul tema della scelta di chi avesse i titoli per rispondere alla crisi. Berlino non può ancora cantare vittoria, ma il coronavirus è sicuramente in ritirata: i guariti superano i malati e la curva si è oramai consolidata su questo trend. Ci vorrà tempo, ma la Germania supererà tra i primi in Europa la pandemia.





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