“Colpire uno per educarne cento”. I motti tornano. Come la storia che, tanto per rimanere nel solco della tradizione di sinistra, “si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa”.
Difficile credere che quella che viviamo oggi sia la tragedia, visto che di furie iconoclaste l’Occidente ne ha vissute parecchie e di ben più profonda rabbia. Più semplice pensare che ci ritroviamo nella farsa. Perché quello cui assistiamo oggi non è soltanto il rovesciamento della realtà storica, ma una vera e propria follia che pervade gruppi di manifestanti più prede di un delirio distruttivo che di volontà di costruire qualcosa di nuovo.
Il problema è che in questa farsa va di mezzo il mondo, o quantomeno l’Occidente. E forse è il caso di iniziare a capire quale sia il senso di questa farsa. Perché all’assalto delle statue e dei simboli della cultura occidentale non si è contrapposto un vero e proprio rifiuto da parte di molti. La cosiddetta maggioranza silenziosa non si è opposta davvero con la stessa forza a quelli che possono essere considerati dei veri e propri attentati alla nostra storia. E i gesti eclatanti lasciano un segno più o meno indelebile fino a diventare qualcosa di normale. Ma che normale non è ed è bene ricordarlo. Specialmente perché questa società, che fin troppo spesso si considera superiore alle precedenti, non si rende conto che, se non è peggiore dei suoi antenati, sicuramente non è migliore di chi l’ha preceduta. E probabilmente ne è anche la perfetta erede, visto che commette esattamente gli stessi errori.
Ora, a distanza di secoli dall’iconoclastia, ne assistiamo ad un’altra che ha dei caratteri particolari. Non se la prende con simboli di una oppressione attuale. Non se la prende con tiranni che vivono nel presente. Non colpisce i simboli della società che effettivamente la sfrutta. Colpisce la storia, personaggi a volte anche più o meno sconosciuti, che hanno avuto la “sfortuna” di avere una statua a loro dedicata in qualche giardino o piazza e che adesso si vedono decapitati o dipinti di rosso con accuse infamanti o prive di senso. Frutto non solo di un’errata interpretazione storica che revisiona i fatti con gli occhi del presente ma che dimentica che quei simboli non rappresentano la persona, ma cosa ha fatto quella persona.
E qui c’è il vero problema. Nessuna statua è eretta per celebrare un uomo che è stato un buon padre di famiglia. Nessuna piazza viene intitolata a una persona che ha vissuto esclusivamente nell’onestà. E di certo nessuna statua è stata costruita per valutare se la persona raffigurata fosse simpatica, gentile, giusta o priva di difetti. Anche scabrosi.
Non è il compito di una statua equestre dirci se quel condottiero abbia commesso qualche crimine né di un quadro o di una targa rivelarci se la persona a cui è legato si sia macchiato di qualche colpa. La statua di Winston Churchill non serve per dirci che fosse maschilista o alcolista, ma per aver salvato l’Europa dal nazismo. La statua di Cristoforo Colombo non serve a ricordarci che il navigatore genovese fosse un fiero cattolico che scoprì per caso le “Indie” ponendole sotto la corona di Spagna, ma ci ricorda che sfidò miti, leggende e tecnica dell’epoca scoprendo una rotta che ha cambiato per sempre la storia dell’uomo. Così come il re del Belgio non è lì raffigurato a Bruxelles per ricordarci delle sue azioni nelle colonie, ma per aver ricostruito la capitale.
E questi nomi sono solo la punta dell’iceberg. Sono centinaia le persone finite su questa lista nera – se ancora si può chiamare così per il politicamente corretto – per avere avuto la “colpa” di comportarsi come qualsiasi persona del proprio tempo. Conquistadores, re, primi ministri, soldati, benefattori con un passato poco onorevole, filosofi, imperatori Tutto nello stesso calderone. Tutto frutto di un errore, che è quello di pensare che il simbolo esalti la persona e non la sua importanza.
No: la statua non è un certificato di eccellenza sull’essere umano. È semplicemente il frutto del ricordo di chi – con quei fatti – ha plasmato una comunità. Ed è lì per quello. È un “curriculum”, non una medaglia per essere stati buoni, giusti o più che onesti. Non merita rispetto? Possibile. Di certo non merita la gogna. Forse qualcuno vorrà mettere un bollino come nei film per ricordarci che quella statua rappresenta il passato. Forse qualcuno vorrà abbatterla perché la considera retrograda. Ma a questo punto la domanda è un’altra: cosa vogliono lasciare in piedi? Di sicuro poco. Perfettamente in linea con i peggiori secoli dell’essere umano.