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Almeno un laboratorio ad alto livello di biosicurezza in ciascuna delle 23 province nazionali. È questo il piano che ha in mente di attuare la Cina per analizzare, diagnosticare e riconoscere vari tipi di virus, compresi quelli fin qui sconosciuti. Come ha spiegato Asia Times, c’è tuttavia un problema non da poco da sottolineare: Pechino ha davvero le adeguate competenze per annullare ogni possibile rischio sanitario?

L’incubo più grande, infatti, è che uno dei virus studiati all’interno delle strutture possa fuoriuscire in seguito a un errore umano o, peggio, per via dei non adeguati standard protettivi. D’altronde, già nei mesi scorsi, una buona parte dell’opinione pubblica ha puntato il dito contro il laboratorio BSL-4 di Wuhan, epicentro del contagio di Covid.

Secondo questa versione, tuttavia – almeno fino a questo momento – smentita dagli scienziati e dall’Organizzazione mondiale della Sanità, il Sars-CoV-2 sarebbe fuoriuscito dal laboratorio a causa di un errore di uno degli addetti. È comprensibile: immaginare che la Cina possa costruire decine di edifici del genere su larga scala in tutto il Paese, senza alcuna certezza che il Dragone sia effettivamente in grado di garantire elevati livelli di protezione, può creare un pizzico di apprensione.

Il piano cinese

La Cina attuerà il suo piano, già approvato dall’autorità sanitaria nazionale, non appena l’emergenza Covid sarà rientrata. Intanto, però, alcuni esperti hanno già lanciato i loro avvertimenti: nonostante i lauti finanziamenti, a Pechino potrebbe ancora mancare il rispetto dei protocolli di biosicurezza, oltre che professionisti addestrati e certificati per assicurarsi che nessun virus possa fuoriuscire da uno dei laboratori e infettare la popolazione.

Secondo il Southern Daily, un giornale provinciale del Guandong, la provincia avrebbe intenzione di edificare fino a 30 laboratori di livello 3 di protezione dagli agenti patogeni (i cosiddetti BSL-3) e almeno un impianto BSL-4 nel giro dei prossimi cinque anni. Il capo del Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Guandong, Wang Ruijun, ha spiegato che il piano migliorerà senza ombra di dubbio la risposta della Cina contro ogni possibile emergenza sanitaria. Come se non bastasse, il rischio di perdere un virus per strada durante il trasporto di campioni da un centro all’altro, si ridurrebbe non appena ci saranno più laboratori attivi, ha aggiunto lo stesso Wang.

Rischio o risorsa?

Wang ha quindi preso come metro di paragone gli Stati Uniti. “L’America – ha dichiarato – ha quasi 1.500 laboratori BSL-3, e quasi tutti i principali ospedali e scuole di medicina li hanno, alcuni addirittura hanno più di un laboratorio di questo tipo. Quindi è urgente che il Guangdong si riprenda e conduca gli sforzi nazionali per investire in questo settore vitale della salute pubblica, dato che Covid-19 ci ha insegnato una lezione”.

Ricordiamo che, a causa di particolari condizioni naturali, il Guandong è una provincia altamente sensibile all’insorgenza di nuovi virus. Proprio da qui, a cavallo tra il 2002 e il 2003, partì l’epidemia di Sars che infettò Hong Kong, Macao e una parte del mondo.

Ma cosa serve per isolare i virus più pericolosi? Innanzitutto un laboratorio BSL-4 deve essere dotato di sistemi di flusso d’aria mentre il personale ha come imperativo quello di indossare apposite tute a pressione positiva. Servono inoltre sale di contenimento multiple, alti livelli di sicurezza per controllare gli accessi e le uscite nella struttura e contenitori sigillati. In Cina, al momento, ci sono due laboratori BSL-4: il Wuhan Institute of Virology e l’Harbin Veterinary Research Institute.

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