Un buon indicatore per capire lo stato di forma di un Paese è quello che misura la quantità di denaro investita dal rispettivo governo in attività di ricerca scientifica e sviluppo tecnologico, perché è proprio la cosiddetta R&S (ricerca e sviluppo) che ci fa intuire le ambizioni future di un attore politico in campo internazionale. La Cina ha studiato l’Occidente, ha capito la lezione e non ha badato a spese. E così, mentre il mondo occidentale si è trovato costretto a tagliare i suoi rami più floridi in seguito alla terribile crisi economica del 2007, Pechino ha liberato ingenti risorse destinandole al mondo della scienza. I risultati non sono tardati ad arrivare, vista la predominanza di Pechino in almeno tre ambiti geopoliticamente rilevanti come il 5g, il riconoscimento facciale e l’intelligenza artificiale.
Uno sguardo ai numeri
Sfruttando un sistema politico dirigista e pianificato, che non deve rendere conto a nessuno né deve rispondere ad alcun vincolo di bilancio, il governo cinese ha giostrato i fondi come riteneva più opportuno. Basti pensare, come riportano i dati Eurostat e le tabelle di Truenumbers che cita invece numeri del Parlamento Europeo, che nel periodo intercorso tra il 2000 e il 2010 il Dragone ha incrementato del 18% gli investimenti in ricerca e sviluppo, e del 12% tra il 2010 e il 2015. Una crescita costante che fa impallidire quella degli Stati Uniti, che nello stesso lasso di tempo hanno visto crescere la spesa in R&D del 2,1% e del 2,3%, addirittura meno di quella dell’Unione Europea, pur ferma al 3,1% e al 2,9%. Estendendo il discorso al prodotto interno lordo di un Paese, vediamo come la Cina stia incrementando la quota di Pil da riversare in ricerca: nei primi dieci anni del Duemila i cinesi hanno investito l’1,3% del loro pil, mentre dal 2010 al 2015 l’1,9%. Gli Stati Uniti investono ancora di più ma corrono molto più lentamente. Le misure corrispondenti di Washington nello stesso periodo sono 2,6% e 2,7%. Questo significa che gli americani (ma il discorso può essere esteso anche agli europei) hanno ancora un margine di vantaggio nella sfida con l’emergente Cina ma, visti i dati, o cambiano i ritmi o Pechino metterà presto la freccia per il sorpasso. Per rendere l’idea possiamo usare una metafora calcistica: in una ipotetica partita di calcio l’Occidente è in vantaggio per 1-0 ma si trova in inferiorità numerica a pochi minuti dal termine del match. La Cina attacca a testa bassa e, grazie alla formazione ultraoffensiva, è facile che possa almeno pareggiare da un momento all’altro.
La storia che certifica il fallimento occidentale
Ormai sempre più scienziati abbandonano l’Occidente per mettere alla prova le loro capacità oltre la Muraglia. L’ultima storia che certifica il fallimento del modello occidentale è quella di Maurizio Battino, un ricercatore italiano nonché uno degli scienziati più citati al mondo nel campo della nutrizione. Ebbene, Bettino guiderà un team alla Jiangsu University sui prodotti alimentari cinesi. Molte accademie cinesi si sono attivate per reperire le migliori menti in circolazione, proprio perché sanno che è l’attività di ricerca è alla base dei successi della madrepatria. La campagna acquisti asiatica rischia così di privare l’Europa e gli Stati Uniti dei loro ricercatori più in gamba, regalando un enorme vantaggio al rivale cinese. Non a caso, secondo una previsione della rivista R&D Magazine, nel 2024 la Cina diventerà il leader assoluto per la spesa in ricerca e sviluppo. Già adesso Pechino incrementa i suoi investimenti in R&S a un ritmo del 7% annuo. Gli Stati Uniti? Qui la ricerca cresce del 3% all’anno.