È considerato uno dei più precisi indicatori del tenore di vita medio l’allungamento della speranza di vita, uno degli elementi di fondo che distingue – salvo poche eccezioni – i Paesi occidentali ed in generale industrializzati da quelli sottosviluppati ed in via di sviluppo. Con delle maggiori disponibilità economiche è infatti più semplice accedere alle cure mediche, portare avanti uno stile di vita sano e soprattutto permettersi tutta una serie di agi – e vantaggi sociali – che permettono di raggiungere questo ambito obiettivo.
Tuttavia, tale processo di invecchiamento della popolazione espone a una serie di pericoli non di secondo piano e che necessitano di un adattamento delle strutture fiscali e della sanità pubblica volte a mantenere inalterato l’equilibrio di base. Questo particolare, soprattutto in Europa, è stato molto spesso sottovalutato: anche da quei Paesi che detengono un pil pro capite maggiore. E in questa situazione, lo stesso elemento positivo del poter vivere più a lungo rischia di trasformarsi in un’odissea, come è stato purtroppo messo in luce dalla recente crisi sanitaria legata alla pandemia di coronavirus.
Il “peso” degli anziani
È un brutto termine quello che viene spesso associato alla figura dell’anziano nella nostra società, visto quasi come un peso più che un valore aggiunto; e in sostanza, è pure sbagliato. Benché sia infatti vero che statisticamente – salvo i “nonni di ferro” – è più facile che un ultrasessantenne – magari in pensione – abbia bisogno di ricorrere al sistema sanitario nazionale rispetto ad un ventenne, in una situazione in cui l’apparato ospedaliero funziona perfettamente ciò sarebbe un dato sostanzialmente irrilevante. Tuttavia, a seguito dei tagli portati avanti in modo generalizzato in Europa sui sistemi sanitari in simultanea con l’invecchiamento della popolazione, il comportamento portato avanti dalla politica europea ha generato già da tempo una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere da un momento all’altro. E con la pandemia, ciò è quello che è accaduto. Adesso, però, bisogna soltanto sperare che tutte le vite portate via dal Covid-19 siano di esempio per una condotta più accorta nei confronti della sanità pubblica: in caso contrario, nonostante le promesse non saremo migliorati neppure di una virgola.
Il cortocircuito ai tempi del Covid
Era stato sostenuto dai medici sin dal principio – e probabilmente troppe volte è accaduto – il concetto secondo il quale, in caso di saturazione dei reparti “il vecchio avrebbe salvato la vita al giovane”. L’equazione è molto semplice – benché inumana – in quanto risponde ad un puro e semplice calcolo statistico riguardo a chi si sarebbe salvato più facilmente. E dell’ormai antico detto che voleva che la strada fosse aperta per prima agli anziani non ne è più rimasta nemmeno l’ombra. Emergenza a parte, il dato rimane però davvero drammatico. L’Europa – o quasi tutta – non possiede un sistema sanitario in grado di far fronte alla domanda in un periodo di stress particolarmente elevato e soprattutto in Italia questo però lo conoscevamo già da molto tempo. E ciò accade per un motivo semplice: benché apprezziamo poter vedere in vita i nostri genitori per il più lungo tempo possibile, noi – e la politica – non abbiamo fatto abbastanza in termini di adattamento strutturale alla necessità. Tutto questo – volenti o nolenti – prima o poi avrebbe generato un cortocircuito, come accaduto in questi primi drammatici mesi del 2020.
Se l’Europa non si adatta, si rischia il collasso
Sono anni che si parla anche di un’altra questione, relativa però all’apparato economico europeo: il peso delle pensioni. E questo fattore, unito alle difficoltà del sistema sanitario, è il secondo aspetto che induce molti a vedere in cattiva luce la popolazione anziana, sebbene nella quasi totalità dei casi quei soldi non sono nient’altro che prestiti fatti precedentemente allo Stato (perché tutti quanti, chi prima e chi dopo, siamo stati giovani).
Tuttavia, con il mantenimento sostanzialmente invariato dei modelli previdenziali sino a pochi anni fa sono stati creati molti danni alle capacità erariali di sorreggere il sistema pensionistico e di ciò gli esempi sono infiniti e non si limitano alla sola Italia. E senza un lavoro un riequilibrio, purtroppo, prima o poi il sistema previdenziale sarà destinato a crollare, se non drasticamente modificato; in modo sostanzialmente identico a quanto affermato per il sistema sanitario.
Concludendo, l’Europa si trova di fronte ad una svolta epocale – ammesso che già il giro di boa non sia stato effettuato – che necessita però anche di grandi adattamenti innovativi. Senza l’introduzione infatti di invasive modificazioni il rischio è che l’invecchiamento della popolazione diventi una bomba sociale, potenzialmente in grado di far collassare interi Paesi aderenti all’Unione europea. E in molti casi, purtroppo, il rischio si trova davvero dietro l’angolo, con gli ultimi accadimenti internazionali che non sono stati forse che un semplice avvertimento dei drammi che saremo destinati a vivere in futuro se non ci riveleremo in grado di adattarci.