Pur nel fiume di gente che si riversa ogni sera tra i vicoli pedonali di Kabukichō, il quartiere della vita notturna di Tokyo, gli aitanti ragazzi nigeriani sanno benissimo chi provare ad adescare. Dagli incroci di ogni strada seguono con lo sguardo il gaijin, lo straniero, che più degli altri si lascia impressionare dalle migliaia di insegne colorate che illuminano a giorno questa enclave della capitale giapponese vietata ai minori.

Molti di loro lavorano come “buttadentro” per connazionali che, dopo la grande retata dei primi anni 2000, con la chiusura da parte delle autorità nipponiche di parecchi club di Kabukichō, si sono messi in proprio. Erano arrivati come operai negli anni ’80, sono stati reclutati dai clan di Yakuza nel giro della vita notturna, sono finiti col fare il grande salto. E con le facilitazioni introdotte dal governo giapponese nel 2017 per gli immigrati con titoli di studio, centinaia di nigeriani formati all’estero e con due, tre lingue in portafogli sono stati assunti nel regno della movida. La comunità nigeriana, è un dato di fatto, non gode di grande considerazione da parte del giapponesi, specie per via degli episodi di truffa, aggressione e crimini violenti tipici proprio dei locali di Kabukichō (altri, invece, lavorano nel distretto delle discoteche, Roppongi). Sono i maestri del bottakuri, la prassi con cui promettono servizi mirabolanti a tariffe vantaggiose per clienti con le tasche imbottite e poi, al momento del conto, chiedono cifre dieci volte superiori. Del resto, si contano sulle dita di una mano in generale i giapponesi “bene” che inviterebbero un ospite a farsi un giro.

Il quartiere a luci rosse più famoso del mondo

Il più grande distretto asiatico di intrattenimento per adulti sorge alle spalle della stazione di Shinjuku, il nodo ferroviario più trafficato al mondo, e come detto è la miniera d’oro della Yakuza. Le attività più remunerative sono il gioco d’azzardo (il pachinko, un misto tra un flipper e una slot machine, è una malattia per centinaia di migliaia di giapponesi) e la prostituzione. Fino a qualche tempo fa agli stranieri non era consentito godere delle attenzioni delle giovani in attesa nei seminterrati dei night o dei centri massaggi. Tuttavia, i nigeriani hanno aperto un nuovo filone. E così si è consolidata la prassi. Eppure, non è sempre stato così. Un tempo su questi 360mila metri quadrati sorgeva una zona residenziale conosciuta come Tsunohazu Kita 1-chome, rasa al suolo dai B-29 americani nel maggio 1945. Dopo la guerra, le istituzioni vollero provare a trasformarlo in un paradiso di cultura popolare. Anche se non riuscirono a persuadere il teatro Kabuki-za di Ginza a costruire un ramo a Shinjuku, alla fine attirarono cinema come il Milano-za e il Teatro Koma, famoso per le sue performance dal vivo matinée di artisti enka, i canzonieri d’amore.

Con l’arrivo della tv e delle videocassette i teatri sono caduti in rovina e la conversione delle attività in servizi di intrattenimento per adulti è diventata quasi una necessità. La Yakuza ha ipotecato il quartiere, abbinando alla percezione di un grande bordello quella di un luogo estremamente pericoloso in una città il cui livello di criminalità è di norma incredibilmente basso.
Al giorno d’oggi Kabukichō non sarà un posto rispettabile, ma di certo sta cambiando radicalmente faccia. Le immagini diffuse dai tabloid anglosassoni con persone ubriache svenute nei vicoli, risse, rapine e interventi continui da parte della polizia avevano già di per sé ingigantito di molto il reale tasso di pericolo che si corre a Kabukichō. Gli avvisi alla prudenza rilasciati da vari ministeri degli Esteri (tra cui la Farnesina) hanno fatto il resto. Certo, resta tutt’ora un quartiere di eccessi. E come in tutti i quartieri di eccessi del mondo, quando si esagera con l’alcol, succedono cose che non dovrebbero succedere.

Ma pur dovendosi impegnare per zigzagare tra i ragazzi nigeriani, che pure si impegnano per non essere troppo insistenti, pur avendo la netta sensazione di non essere circondati da gentiluomini, e pur restando attratti dalle insegne che promettono faville (non solo agli uomini ma anche alle donne), Kabukichō ora ha anche un volto cool.

Il nuovo volto di Kabukichō

I turisti stranieri si avventurano ogni sera per escursioni a piedi e, in risposta, sempre più ristoranti hanno apposto segnaletica inglese e cinese. Le famiglie passeggiano tranquille. Le ragazze, anche sole, non hanno paura a fare due passi.

Un fattore che ha stimolato il cambiamento è stato il piano, avviato nel 2005, di riqualificare un’area di circa 5.500 metri quadrati sul sito del vecchio edificio del Koma Stadium. Il progetto è stato ritardato a causa della crisi economica del 2008, ma da quando è stato portato a termine ha scatenato una vera tempesta di calcestruzzo. Sono sorti hotel, cinema, altri grattacieli, capaci di accrescere di migliaia di posti letto l’anno la capacità alberghiera di Kabukichō. Non solo i capsule hotel, gli alloggi a forma di loculo per viaggiatori squattrinati o ubriachi incapaci di ritrovare la via di casa, ma anche alloggi di lusso. Su iniziativa degli stessi clienti si è formata persino una Kabukichō Concierge Association, una sorta di TripAdvisor per professionisti con cui i membri scambiano informazioni con l’associazione di commercianti locali, apponendo dei sigilli di approvazione sulle attività che giudicano sicure.

Ma a partecipare alla costruzione di un’immagine “ripulita” di Kabukichō è il processo di lento cambiamento della Yakuza in generale. Sebbene le attività della mafia giapponese siano illegali (truffa, estorsione, sfruttamento della prostituzione e del gioco d’azzardo etc.), l’esistenza dei clan (che sono tracciati) e l’affiliazione agli stessi non costituisce reato. La Yakuza vive da sempre in un universo di connivenza con lo Stato per certi versi sconvolgente per gli stranieri, ma a giudicare dai numeri è il governo giapponese ad avere ragione. Le organizzazioni criminali nipponiche stanno attualmente operando ai livelli più bassi dall’inizio delle registrazioni nel 1958. Oggi ci sono circa 39mila membri attivi nelle bande di tutto il Giappone (all’apice del fenomeno erano circa 180mila), con livelli di appartenenza in costante diminuzione da quando il governo giapponese ha introdotto leggi più stringenti nel 2011. Molti di loro, che già da tempo mostrano i tatuaggi alla luce del sole e girano con biglietti da visita, stanno investendo in attività legali (si stima che raccolgano almeno il 5% di tutti i nuovi appalti sulle costruzioni immobiliari) e hanno rapporti molto stretti con la politica. Ora vogliono che anche a Kabukichō, il loro santuario, si inizi a rigare dritto. Anche perché il turismo è sinonimo di fatturato, e l’aura eccentrica del quartiere l’ha reso una tappa obbligata per chiunque capiti anche per poche ore a Tokyo. Per le strade del Golden Gai, un insieme di vicoletti con pub minuscoli molto in voga tra gli stranieri, ci sono diversi cartelli che invitano in modo esplicito i visitatori a comportarti in modo impeccabile, senza bere in strada, senza schiamazzare, senza azzuffarsi. Impensabile fino a qualche anno fa. Kabukichō è un paese dei balocchi, ma nel quartiere degli eccessi, da oggi, conta anche la forma.





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