Il 2022 è stato un anno storico per la Cina: le morti registrate nell’ex Impero di Mezzo hanno superato le nascite per la prima volta in sei decenni. Numeri alla mano, la popolazione nazionale ha iniziato a ridursi, scendendo a 1,412 miliardi di unità rispetto alle 1,413 miliardi rilevate nel 2021, secondo i dati diffusi dal National Bureau of Statistics. Si tratta di un’inversione di tendenza rilevante, la prima avvenuta dall’inizio degli anni ’60, quando il Paese fu devastato da una terribile carestia in seguito al Grande balzo in avanti lanciato da Mao Zedong.

Nel corso dell’ultimo anno il numero di nascite in Cina è infatti sceso da 10,62 a 9,56 milioni di unità. Il tasso di natalità cinese, ovvero il numero di nascite per mille persone, nello stesso periodo è invece passato da 7,52 a 6,77. Ma se il 2022 rischia di passare alla storia come un anno di svolta per la demografia cinese, il 2023 potrebbe addirittura cambiare il volto dell’Asia e del mondo intero.

Stando alle previsioni delle Nazioni Unite, la Cina supererà di poco le 10 milioni di nascite a fronte dei 23 milioni di bambini che nasceranno in India. Detto altrimenti, quest’anno l’Elefante dovrebbe superare il Dragone e soffiargli la corona di Paese più popoloso del globo. Per essere più precisi, la popolazione indiana dovrebbe superare quella cinese il 14 aprile. Il giorno successivo Nuova Delhi dovrebbe ritrovarsi a governare su 1.425.775.850 di abitanti.

Se l’Elefante supera il Dragone

Il fatto di sfoggiare la corona di Paese più popoloso al mondo ha di per sé poco valore. Assume tuttavia un senso enorme se colleghiamo le dinamiche demografiche alle vicende geopolitiche ed economiche.

Innanzitutto l’India, al contrario della Cina, al momento non occupa un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: sarà però difficile continuare a negarglielo una volta che la sua popolazione, in termini numerici, dominerà il pianeta.

Dal punto di vista economico, Pechino vanta un’economia circa sei volte più grande rispetto a quella di Nuova Delhi, ma la crescente popolazione indiana dovrebbe aiutare l’Elefante a recuperare il ritardo sul Dragone. Si prevede infatti che, da qui al 2050, l’India fornirà più di un sesto dell’aumento della popolazione mondiale in età lavorativa, compresa cioè tra i 15 e i 64 anni.



Oltre la Muraglia, al contrario, la popolazione cinese andrà sempre più incontro ad un declino: entro il 2050, l’età media del Dragone sarà di 51 anni, 12 anni in più rispetto ad oggi. In termini tecnici, una Cina più vecchia sarà chiamata a lavorare di più per mantenere il proprio peso politico ed economico. Considerando, poi, la storica rivalità che separa i due giganti asiatici, non è detto che simili stravolgimenti demografici possano avvenire senza provocare attriti e scintille.

Entro il 2050 l’età media in cina sarà di 51 anni, 12 in più rispetto al 2023 (Foto: EPA/ALEX PLAVEVSKI)

Il declino demografico della Cina

Negli ultimi quattro decenni la Cina è passata da essere un Paese del Terzo Mondo a “fabbrica del mondo”, per poi diventare la seconda economia più grande del pianeta. La trasformazione che ha cambiato il volto di Pechino ha portato ad un aumento dell’aspettativa di vita, che a sua volta ha tuttavia contribuito all’attuale declino della popolazione. Il giorno in cui la Repubblica Popolare Cinese non avrà abbastanza persone in età lavorativa per alimentare la crescita ad alta velocità che l’ha resa il motore dell’economia globale, il Dragone dovrà fare i conti con un incubo a occhi aperti.

Entro il 2035, si prevede che 400 milioni di persone avranno più di 60 anni, pari a quasi un terzo della sua popolazione. La carenza di manodopera che accompagnerà il rapido invecchiamento della popolazione cinese ridurrà le entrate fiscali e i contributi a un sistema pensionistico che è già sotto enorme pressione. In un progetto pubblicato nel 2017, Pechino aveva riconosciuto le sfide demografiche da affrontare, ma riteneva che la popolazione avrebbe continuato a crescere fino al 2030. Nel 2021, i funzionari hanno provato ad aggiustare il tiro, prevedendo che la popolazione avrebbe iniziato a diminuire entro il 2025 o prima.

Alla radice del declino demografico cinese troviamo molti fattori, in primis la riluttanza di molti giovani cinesi ad avere figli. Le nascite hanno registrato un breve aumento nel 2016, dopo l’abolizione della “politica del figlio unico”, ma da allora sono diminuite ogni anno. E, soprattutto, sono diminuite ulteriormente durante la pandemia di Covid-19. Le restrizioni, in vigore per la maggior parte del 2022, hanno gravemente compromesso l’attività economica cinese, alimentando l’esitazione dei giovani a sposarsi o ad avere figli.

I governi locali hanno provato di tutto per invertire la tendenza, dall’offrire premi in denaro a congedi di maternità più lunghi. Per facilitare i matrimoni, i funzionari hanno perfino organizzato eventi di matchmaking e cercato di limitare i pagamenti della dote. Ebbene, questi sforzi non sono bastati.

L’India è pronta a soprassare la Cina nel corso del 2023 (Foto: EPA/PIYAL ADHIKARY)

Le conseguenze economiche

Il probabile calo delle nascite in Cina, accompagnato dalla crescita demografica indiana, potrebbe avere importanti conseguenze economiche. Banalmente, una popolazione in calo andrà ad indebolire la domanda di proprietà e immobili, uno dei pilastri della crescita economica di Pechino, che a quel punto dovrà ricalibrare i suoi piani.

L’India, beneficiando di una forza lavoro più giovane – e in generale di una popolazione più giovane – potrebbe riuscire ad attrarre migliori investimenti e a costruire un mercato dei consumatori più solido. Dalle case ai gadget elettronici, dalle auto ai vestiti, sono infatti i giovani e le famiglie a trainare i consumi.

Attenzione però, perché, a differenza di quanto si possa pensare, contare su una popolazione giovane e in aumento non è automaticamente una benedizione. Il motivo è semplice: per qualsiasi Stato, fornire istruzione e opportunità di lavoro ai suoi cittadini è sempre una sfida. E più persone ci sono, e più i vari governi dovranno essere pronti all’evenienza. Da questo punto di vista, l’India deve ancora limare diversi spigoli.

In ogni caso, con un’età media di 28 anni e una popolazione in età lavorativa in crescita, Nuova Delhi ha ora la possibilità di raccogliere il proprio dividendo demografico. La sua economia ha recentemente sostituito quella britannica come quinta più grande del mondo e, a detta della State Bank of India, si classificherà al terzo posto entro il 2029. Ma la prosperità dell’India dipende dalla produttività dei suoi giovani, che non è così alta come in Cina. I cinesi di età pari o superiore a 25 anni, ad esempio, hanno in media 1,5 anni di scolarizzazione in più rispetto agli indiani della stessa età. Le previsioni demografiche sono utili ma, da sole, non bastano per garantire ai Paesi miracoli economici e crescite vertiginose.

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