I giocattoli senza genere rappresentano l’ultima ossessione del politicamente corretto e della woke supremacy. Come riporta il Wall Street Journal, il governatore della California Gavin Newsom ha firmato un disegno di legge all’inizio di questo mese che richiede ai rivenditori di avere “sezioni neutre” rispetto ai giocattoli per bambini, indipendentemente dal fatto che i prodotti siano “stati tradizionalmente commercializzati per un genere specifico”. La legge, che si applica ai rivenditori della California con almeno 500 dipendenti, inizierà ad essere applicata dal 2024. La verità è che le aziende si stanno già muovendo da tempo in questa direzione.
La Lego ha pubblicato questo mese una ricerca del Geena Davis Institute on Gender in Media che metterebbe in luce come bambini e bambine credano che alcune attività siano pensate “solo per un genere specifico”. La ricerca, commissionata da Lego, ha preso in esame quasi 7.000 genitori e bambini in sette Paesi diversi. È emerso che il 74% dei ragazzi pensa che alcune attività siano pensate solo per ragazzi o ragazze, mentre solo il 62% delle ragazze lo crede. Una notizia intollerabile per i sostenitori della teoria del gender, secondo cui il “genere” rappresenta un costrutto sociale, indipendentemente dal sesso biologico.
La nuova frontiera del politically correct: i giocattoli “gender neutral”
Ideologia che non è più confinata in circoli intellettuali ristretti e salotti chic ma ora trova piena approvazione fra tutte le grandi multinazionali, nonostante schiere di “negazionisti” tentino di affermare – invano – che non esista; tant’è che la Lego ha annunciato che collaborerà con l’istituto e l’Unicef per “assicurarsi che il suo marketing e i suoi giocattoli” non “abbiano pregiudizi di genere o stereotipi dannosi”. Dal canto suo la Hasbro si è premurata di cambiare il nome a “Mr. Potato”, togliendo per l’appunto il “mister”, mentre la Mattel Inc. ha messo in commercio una bambola inclusiva di genere che viene fornita con diverse opzioni di stile e acconciatura. Non si può certo dire, dunque, che i supporter dei “giocattoli senza genere” non siano stati accontentati dalle aziende che li producono.
Eliminare ogni peculiarità e diversità serve davvero a combattere pregiudizi e stereotipi? Oppure è solo un riflesso di un’ideologia ossessionata dall’identità, che parcellizza la società in tante minoranze tutte in competizione fra loro? Cosa accadrà poi ai classici “soldatini” giocattolo, ad esempio? Verranno tolti dal mercato perché non abbastanza gender neutral? E ai vari supereroi? Solamente ipotizzare che maschi e femmine abbiano gusti diversi rappresenta un’eresia per i sacerdoti della correttezza politica. Questo non significa sostenere che le femmine debbano per forza giocare con le Barbie e i maschi a pallone; ma perché è davvero necessario annullare le differenze e lanciare inutili crociate se non per un vezzo ideologico?
L’ultima follia Usa: la woke supremacy
I giocattoli “gender neutral” sono l’ultimo riflesso della woke supremacy. Di cosa si tratta? Come abbiamo già spiegato su InsideOver, Merriam-Webster ha aggiunto la parola al suo dizionario nel 2017, definendo la persona “woke” come “consapevole e attivamente attenta a fatti e questioni importanti (in particolare questioni di giustizia razziale e sociale)”. Il dizionario di Oxford l’ha adottata lo stesso anno, definendo “woke” come “originariamente, ben informato, aggiornato. Ora principalmente, attento alla discriminazione e all’ingiustizia razziale o sociale”. “La parola woke si è intrecciata con il movimento Black Lives Matter; invece di essere solo una parola che segnalava la consapevolezza dell’ingiustizia o della tensione razziale, è diventata una parola d’azione”, secondo Merriam-Webster. Di fatto, “woke” è diventata la nuova parola d’ordine della sinistra progressista internazionale, la stessa sinistra liberal che negli Stati Uniti ha abbracciato, negli ultimi decenni, la politica dell’identità.
Essere “woke” diventa dunque un imperativo morale e un dogma anche per le multinazionali – non solo del giocattolo – per le società Big Tech e i social media, per il mondo dell’intrattenimento, dello spettacolo, della cultura. Chi non si dimostra “attento” e “consapevole” viene messo all’angolo, censurato, etichettato con i peggiori epiteti.