Israele è alle prese con quella che assomiglia, sempre di più, ad una seconda ondata epidemica di Covid-19. Nelle ultime 24 ore sono stati segnalati 532 nuovi casi della malattia, il numero più alto degli ultimi mesi e sono emersi nuovi focolai ad Ashdod, Gerusalemme, Tel Aviv ed Elad (che è tornata in lockdown). L’aumento dei casi ha avuto luogo a partire dalla fine di maggio: un arco temporale non casuale dato che, proprio in quei giorni, è stato allentato il lockdown e gli israeliani hanno iniziato ad affollare le spiagge in occasione di una festività. I dati sono allarmanti: dall’inizio della settimana sono stati segnalati ben 1392 contagi, più di quelli dell’intero mese di maggio e nei prossimi giorni ci si aspetta che emergano circa mille nuovi casi giornalieri. L’esecutivo di coalizione del premier Netanyahu ha così deciso di correre ai ripari.
Una scelta audace
Il governo si è riunito nella giornata di mercoledì ed ha convenuto sulla necessità di ripristinare il tracciamento digitale dei malati di Covid-19 e delle persone con cui questi ultimi sono entrati in contatto. Ad occuparsi del tracciamento sarà lo Shin Bet, che dovrà monitorare i cellulari di chi potrebbe aver contratto il virus: uno scenario, quest’ultimo, che ha suscitato le forti critiche dei gruppi che si occupano della tutela dei diritti umani. Queste organizzazioni ritengono che l’impiego del monitoraggio, già utilizzato nell’ambito dell’antiterrorismo, porterà ad un totale annientamento della privacy. Il piano di tracciamento dovrà ricevere luce verde da parte della Knesset, che lo ha già approvato in prima lettura con 45 voti a favore e 32 contrari e potrà essere attivato unicamente con il consenso congiunto del premier Netanyahu e del Ministro della Difesa Binyamin Gantz e nei casi di stretta necessità. Il sistema di monitoraggio era già stato attivato tra marzo e maggio: in quell’occasione chiunque avesse incrociato un portatore di coronavirus riceveva l’invito di auto-isolarsi in casa.
Netanyahu è di fronte ad un bivio
La Corte Suprema aveva interrotto le attività di tracciamento alla fine di Aprile ed aveva dichiarato che sarebbe stata necessaria una legge ordinaria per consentire questo genere di attività. Il governo israeliano si trova, ora, di fronte ad un dilemma: l’alternativa è quella tra il ritorno al lockdown, con i gravi danni economici che ciò comporterebbe e l’istituzione del controverso monitoraggio dei cellulari da parte dello Shin Bet. Benjamin Netanyahu ha già annunciato che “il processo di riapertura dell’economia è completato” e che “non ci saranno nuove aperture o chiusure per il momento” ma le incertezze permangono. Qui, come altrove, si deve scegliere se far ripartire il motore produttivo dello Stato ed avere a che fare con una recrudescenza del morbo oppure se tenere la situazione sotto controllo ma provocare il collasso dell’economia interna. Sullo sfondo, poi, ci sono le incertezze e la precarietà in cui versa questa zona del globo, da sempre attraversata da profonde tensioni e soggetta all’instabilità. Netanyahu sa che vincere la battaglia contro il Covid gli consentirebbe di guadagnare un credito politico immenso ma il nemico è insidioso e pronto ad agire con ben poco preavviso. La carriera politica del premier è dunque legata all’evoluzione della situazione epidemiologica israeliana ed al successo del sistema di tracciamento.