A prima vista dà l’impressione di essere un Paese ricco, all’avanguardia e già proiettato nel futuro. In parte è vero, ma dietro all’apparente benessere della Corea del Sud si nasconde una realtà molto più complessa di quanto non si possa immaginare. Basta una statistica per rompere le certezze occidentali: il 75% dei giovani sudcoreani di età compresa tra i 19 e i 34 anni vorrebbe fuggire dal proprio Paese. La ricerca, riportata dal quotidiano Hankyoreh lo scorso 29 dicembre e proposta da Asia Times, è stata rivelata durante il 119esimo Forum sulla politica per l’uguaglianza di genere del Korea Women’s Development Institute. Il sondaggio ha preso in considerazione un campione formato da 5mila persone, ma è ben emblematico del diffuso malessere che serpeggia in seno alla società sudcoreana. Com’è possibile?
Hell Joseon
La Corea del Sud è uno dei Paesi migliori dell’Asia e i suoi cittadini vivono in un sistema tutto sommato democratico. Seul può contare su brand e marchi aziendali conosciuti in tutto il mondo (da Lg a Hyundai), infrastrutture futuristiche, la rete internet più veloce al mondo (la velocità media di download supera i 50Mbps). E ancora, può vantare lo scintillante universo del K-pop, fenomeno amato in tutto l’oriente e non solo, un’invidiabile qualità della vita e uno stile di vita apprezzato nel continente asiatico così come all’estero. D’altronde stiamo pur sempre parlando dell’undicesima nazione più ricca al mondo. Eppure c’è qualcosa che non va se il 79,1% delle giovani donne e il 72,1% degli uomini vuole lasciare la Corea del Sud, se l’83,1% delle ragazze e il 78,4% dei ragazzi considera il proprio Paese “un inferno” e se il 29,8% delle ragazze e il 34,1% dei ragazzi pensa di appartenere alla schiera dei “perdenti”. Quello che emerge, in sintesi, è una profonda insoddisfazione per la vita locale.
Le cause principali del malessere
Negli ultimi tra i giovani sudcoreani era molto diffuso lo slogan “Hell Joseon” (“Inferno Corea”) anche se adesso c’è un nuovo termine che va molto di moda tra i ragazzi. Si tratta di “Tal-Jo”, la fusione di due parole che può essere tradotta con “Escape Hell” (cioè “Fuggire dall’inferno”). Certo, la crisi della classe media ha colpito tutti gli Stati del mondo, ma sembra che i ragazzi sudcoreani la sentano di più. Ricordiamo che la Corea del Sud è passata nel giro di pochi decenni dalla povertà più assoluta degli anni ’50-’60 alla più recente prosperità, e che l’ascesa della borghesia locale è stata rapidissima. Si calcola che in appena trent’anni la Corea sia passata da essere un arretrato Paese agricolo a essere una potenza industriale di caratura globale. Il problema è che dagli anni ’60 agli anni ’90 gli standard di vita sono cresciuti a vista d’occhio; oggi non è più così. L’economia sudcoreana è maturata e la crescita ha subito un brusco rallentamento. In parte anche perché i grandi conglomerati nazionali che prima fungevano da locomotive (i cosiddetti “Chaebol”) oggi sono diventati globali e puntano più a sfondare nel mercato internazionale che non in quello locale. Il risultato di tutto questo è che i giovani sudcoreani sono letteralmente sfiduciati e non riescono più a ritagliarsi il loro spazio all’interno della società che ha cresciuto i loro padri.