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Sfruttare al meglio la propria identità nazionale, frutto di una storia millenaria, per governare al meglio la globalizzazione e tessere rapporti internazionali con gli altri Paesi: è questo il modus operandi adottato dalla Cina per farsi spazio nel mondo del XXI secolo. Un mondo in continua trasformazione, interconnesso e sempre più carico di tensioni. Anche perché, nel frattempo, le relazioni tra la Repubblica Popolare Cinese e l’Occidente si sono fatte sempre più tese e complesse, tra fraintendimenti, percezioni di minacce reciproche ed un enorme gap culturale ad aggravare le distanze.

In tutto questo vale la pena analizzare con attenzione la strategia della Cina per mitigare il più possibile le divergenze. Il Dragone ha scelto di trasformare la sua cultura nella chiave con la quale scardinare le diffidenze e allacciare, o meglio rafforzare, i contatti con le altre civiltà. E così, quello che per Samuel Huntington era The Clash of Civilizations (Lo Scontro di Civiltà), per il governo cinese diventa l’incontro di civiltà.

Detto altrimenti, e come ricostruisce il libro “La Cina tra identità nazionale e globalizzazione” (Eurilink editore), scritto dalla professoressa Daniela Caruso, nell’ottica di Pechino la cultura viene concepita come strumento per eccellenza di reciprocità, dialogo e diplomazia. D’altronde, già nel 2007 l’allora presidente cinese Hu Jintao spiegava quanto e come la cultura di un Paese dovesse essere fonte crescente di coesione sociale e creatività, nonché un fattore di estrema importanza nel rafforzamento del potere nazionale a livello globale.

L’importanza della cultura

Il risultato è che in Cina la necessità di promuovere all’esterno un’immagine di identità nazionale forte e coesa – ha scritto Caruso nell’introduzione al volume citato – ha spinto il Paese, dopo un passato turbolento, ad implementare discipline quali l’archeologia e il restauro.

Basta citare un esempio: la continua ed incessante apertura di musei. Nel gennaio 2020 c’erano circa 5.788 musei, con un numero di visite annuo quasi raddoppiato e passato dai 700 milioni del 2016 agli attuali 1,2 miliardi.

Dal punto di vista di Pechino, l’inclusione strategica della promozione culturale quale pilastro delle relazioni internazionali e della crescita del Paese è evidentemente prioritaria ormai da diversi anni.

La stessa Via della Seta (Belt and Road Initiative), oltre ad essere descritta in termini tecnici e geopolitici come un progetto infrastrutturale volto a collegare le economie asiatiche, europee ed africane, può essere concepita come un grande hub culturale dialogante, all’interno del quale ciascun Paese coinvolto può ritagliarsi uno spazio d’azione grazie alla propria identità.

Verso un soft power culturale

È quanto mai fondamentale, insomma, aprire una discussione sulle sfide della politica culturale ed esplorare, per quanto possibile, i contesti nazionali e internazionali che ne influenzano la costruzione. La diplomazia, l’economia, l’identità nazionale, la rielaborazione di un nuovo sé e la proiezione della propria immagine nel mondo provano a diventare lenti diverse e complementari attraverso cui leggere storia e obiettivi di un Paese che, nonostante sia diventato la seconda potenza mondiale, conosciamo ancora troppo poco.

Se il soft power, come è noto, è un termine usato in ambito geopolitico per indicare la capacità di uno Stato di esercitare una certa influenza grazie all’uso di strumenti immateriali, quali la cultura, l’intrattenimento e lo sport, allora la Cina sta cercando di fare un passo in avanti puntando su un soft power prettamente culturale.

In altre parole, più che affidarsi ad un immaginario fittizio, creato a tavolino attraverso film, fumetti e cartoni animati, la Repubblica Popolare Cinese si sta affidando alla sua cultura, tanto materiale quanto immateriale (dalle arti ai templi passando per intere città e costruzioni), per comunicare con le altre culture. A differenza di molte altre nazioni, la Cina – come del resto l’Italia – è custode di una civiltà antichissima. E intende sfruttarla al meglio anche in ambito geopolitico.

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