L’Africa è il continente dove i cittadini appartenenti alla comunità Lgbtq sono maggiormente perseguitati e discriminati al mondo. Le relazioni gay sono legali soltanto in 21 paesi su 54 e la sola nazione che consente i matrimoni tra persone dello stesso sesso è il Sudafrica, grazie anche all’impegno del compianto arcivescovo Desmond Tutu che negli anni si è strenuamente battuto contro la violenza e la discriminazione di genere. In tutti gli altri Paesi invece le leggi nei confronti dei gay sono estremamente repressive e persecutorie e in alcuni casi, come in Somalia, Sudan e Mauritania è addirittura prevista la pena di morte per gli omosessuali.

In alcune nazioni si sta assistendo a un miglioramento dei diritti civili delle persone Lgbtq, come in Botswana dove, a novembre, la Corte d’Appello ha decriminalizzato l’omosessualità ma in altri Paesi la condizione dei cittadini gay e transgender sta ulteriormente aggravandosi e oggi a preoccupare è il Senegal dove politici, organizzazioni islamiche, membri del clero e parte dell’opinione pubblica chiedono un inasprimento delle pene per combattere, stando a quanto hanno dichiarato ai media, “ogni forma di perversione”.

Già a maggio le strade della capitale del Senegal, Dakar, erano state travolte da manifestazioni organizzate dal collettivo And Samm Jikko Yi, creato dall’ONG islamica Jamra, durante le quali, centinaia di dimostranti, comprese autorità religiose e civili, chiedevano la legittimazione dell’omofobia e l’introduzione del reato di omosessualità. Attualmente infatti, nel Paese dell’Africa occidentale, non è reato dichiararsi gay ma sono proibite, secondo l’articolo 319 del codice penale, le condotte omosessuali e la pena per chi viene scoperto avere un rapporto con un partner dello stesso sesso va sino ai 5 anni di reclusione in carcere. Durante i cortei di maggio la folla aveva ripetutamente scandito slogan estremamente violenti e feroci contro i cittadini omosessuali e oggi l’odio nei confronti della comunità LGBT, dalla piazza è sbarcato all’Assemblea Nazionale e il rischio concreto è che il Senegal possa diventare un Paese dove l’omosessualità è vietata dalla legge.

Il 22 dicembre un gruppo di tredici deputati dell’opposizione facenti parte collettivo And Samm Jikko Yi, ha presentato un ddl il cui obiettivo è inasprire le pene per l’omosessualità in Senegal. L’iniziativa, pur riscuotendo il favore dell’opinione pubblica, preoccupa la comunità Lgbtq, dal momento che lo scopo del nuovo disegno di legge, stando a quanto si apprende dalle colonne del quotidiano francese Le Monde, è: “combattere ogni perversione nello spazio pubblico”. E la bozza del testo recita: !chiunque sia riconosciuto colpevole di lesbianismo, omosessualità, bisessualità, transessualità, intersessualità, zoofilia, necrofilia e altre pratiche simili sia punito con una pena detentiva da cinque a dieci anni e con una sanzione da 1 a 5 milioni di franchi CFA (da 1.524 a 7.622 euro)”.

Il testo equipara l’omosessualità a necrofilia e zoofilia, e questo già rivela quanto sia persecutoria e violenta la proposta, inoltre, ad essere colpiti da questo provvedimento, qualora venisse approvato, non sarebbero solo i cittadini omosessuali ma anche tutti coloro che supportano le comunità Lgbtq poiché la bozza prevede pene dai 3 ai 5 anni di reclusione e una multa dai 500 ai 5’000’000 di franchi per tutti coloro che si impegnano in qualsiasi forma di attivismo a supporto della comunità gay. La volontà quindi dei deputati senegalesi, forti anche del supporto di larga parte dell’opinione pubblica, in special modo quella maggiormente conservatrice e religiosa, è quello di introdurre il reato di omosessualità e fare terra bruciata intorno ai cittadini omosessuali.

Mame Moctar Gueye, uno dei redattori del disegno di legge ha spiegato: “Questo testo non è definitivo, potrebbe essere rimodellato e riscritto da specialisti, ma lo spirito generale rimarrà” e sebbene l’iter parlamentare possa richiedere molto tempo, le preoccupazioni all’interno della comunità gay senegalese sono già altissime. Souleymane Diouf, cittadino senegalese omosessuale esiliato in Francia, rappresentante del collettivo Free Senegal, che difende i diritti degli omosessuali, sulle colonne del quotidiano transalpino ha commentato in questo modo la notizia: “Temiamo che questa legge possa condannare anche i media o le Ong che lavorano nella lotta contro l’Hiv, un’epidemia con un’alta prevalenza nella comunità omosessuale” e poi, spiegando come questa bozza sia l’ennesimo attacco al sistema democratico del Paese africano, Diouf ha aggiunto: “L’omofobia è in crescita da diversi anni, la situazione sta diventando drammatica”.

L’esecutivo di Dakar, in merito alla proposta, non si è ancora espresso ma a preoccupare sono le note posizioni sulla questione di alcuni membri del governo, a partire dal ministro degli Esteri Aissata Tall Sall che il 21 dicembre, davanti ai deputati dell’Assemblea nazionale, si è così pronunciato: “Il Senegal non accetterà mai l’omosessualità. Nessuno può imporcelo”. Affini e risapute sono anche le idee del primo ministro senegalese Macky Sall che, soltanto un anno fa, durante la sua visita in Canada, in risposta alle pressioni internazionali per la decriminalizzazione dell’omosessualità nel suo Paese, aveva così replicato: “Non possiamo chiedere al Senegal di legalizzare l’omosessualità e organizzare il Gay Pride domani. Non è possibile. La nostra società non lo accetta. È il nostro modo di vivere e di essere. Non ha nulla a che fare con l’omofobia”.





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